Lo sbarco sulla luna, l’ascesa al potere di  Mu’ammar Gheddafi, la morte di Eisenhower, il festival di Woodstock. Il 1969 non fu solo un anno caldo, ricco di eventi che avrebbero cambiato interamente la storia futura, ma fu una fine. Una chiusura forte e netta raccontata attraverso più di100 scatti esposti alla Ono Gallery di Bologna, nella mostra intitolata 1969 L’anno in cui tutto è cambiato. Un percorso attraverso un’intensa sequela di chiaroscuri politici, musicali, sociologici, economici e cinematografici che determinarono di fatto la fine di un’epoca di serenità, di boom economico, di psichedelia e d’amore. Un passaggio dalla luce all’ombra che culminò negli anni 70’, gli anni di piombo.

Dalle foto esposte, scattate tra gli altri da Baron Wolman, Robert Altman e Lisa Law si ripercorrono gli ultimi sussulti di un tramonto ormai inesorabile. L’ultimo concerto dei Beatles, a Candlestick Park in California, prima del matrimonio tra John Lennon e Yoko Ono, l’ultimo festival della musica creato su presupposti esclusivamente positivi, Woodstock, l’ultimo successo di Elvis, Suspicious mind. Ma fu anche l’anno dello sbarco sulla luna di Neil Armstrong e Buzz Aldrin, raccontato da alcuni scatti provenienti direttamente dalla Nasa, e del Satyricon di Federico Fellini, fotografato sul set.

E in quel periodo di mezzo, lungo dodici mesi, si gettarono le basi per la nuova politica, per i cambiamenti imposti nell’assetto sociale e nell’immaginario collettivo, che mutarono radicalmente. Il 1969 chiuse non solo gli anni 60’, ma quell’epoca di fortuna postbellica più o meno diffusa iniziata già negli anni 50’, gli anni del consumismo sfrenato e delle nascite, del rock’n roll, dell’amore libero e di una mentalità giovane – centrica, incentrata sul futuro e sui sogni delle nuove generazioni. Tutto finì nella violenza, tutto venne anticipato nel mondo così come in Italia.

E negli scatti esposti alla Ono questo fitto intreccio di eventi è narrato parallelamente al panorama musicale, alla fine di Elvis, dei quattro di Liverpool, alla morte di Brian Jones e al concerto all’Altamont in California dei Rolling Stones. La data in cui uno degli Hell’s Angels, il servizio d’ordine pagato in casse di birra, uccise a sangue freddo un ragazzo. Nella musica come nel cinema si profilò il riflesso di un’epoca che si stava velocemente tingendo di nero, dove quegli idoli nati tra due decenni precedenti tramontarono, uno dopo l’altro. Le foto ritraggono quello stesso cambiamento che avvenne nei giovani, nella musica e nel resto del mondo.

Il 1969 fu quindi il primo volo del Concorde e la morte di Jan Palach, che si diede fuoco per protestare contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Fu la rivolta di Stonewell a New York, la manifestazione fulcro del movimento gay e lesbico internazionale, e la strage di Cielo Drive, per mano di Charles Manson. In Italia fu il drammatico preludio al decennio stragista, che proprio in quell’anno prese il via con la nascita del Collettivo politico metropolitano, tra le cui fila militavano i futuri fondatori delle Brigate rosse, con le bombe sui treni dell’8 e 9 agosto 1969 e poi, con la strage di Piazza Fontana.

Anni drammatici che in quelle foto d’autore esposte nella mostra, e provenienti proprio da coloro che furono testimoni del cambiamento di un’epoca, si leggono sui volti di chi vi è ritratto. Sull’espressione di Mick Jagger nel video di sessanta minuti proiettato in galleria, che invita il pubblico a sedersi e a riprendere la calma, nel’istante in cui Meredith Hunter fu assassinato. Nei volti di John e Yoko, che tentarono un ultimo appello prima del tracollo violento degli anni 70’, Give peace a chance.

Cento scatti di grande valore storico e artistico, insomma, cento attimi che racchiudono il significato di un tassello fondamentale della storia internazionale. Un anno da ricordare come monito e momento, con la consapevolezza che di fatto ebbe un peso significativo persino per l’epoca attuale, in cui viviamo.

“Il 1969 l’ho fotografato con molta passione” ha raccontato Altman, quando ha consegnato le sue foto per la mostra “perché in molti, già allora, avevano capito che sarebbe stato un anno di passaggio”.

La foto è di Andrew Maclear, John and Yoko leave Court, 1968, @Andrew Maclear

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