Dopo essere stata espulsa da tutto il gruppo Fiat per non avere firmato gli accordi separati in vigore da questo gennaio, la Fiom tenta la rivincita, e lo fa a partire dalla Magneti Marelli di Bologna, azienda del gruppo dove da sempre il sindacato delle tute blu Cgil ottiene percentuali bulgare con punte dell’80 % tra gli operai.

Solo poche settimane fa i delegati Fiom della Marelli erano usciti in lacrime dai cancelli dello stabilimento bolognese, portandosi dietro bandiere e scatoloni con tutto il materiale sindacale accumulato in decenni di attività.  Oggi il tentativo di rientrare in fabbrica nel più breve tempo possibile, con un ricorso per attività antisindacale presentato con procedura d’urgenza al tribunale di Bologna.

“È evidente l’assurdità di cacciare il sindacato più votato dai lavoratori – spiega Bruno Papignani, segretario delle tute blu Cgil a Bologna – È vero che la Fiom non ha firmato il nuovo accordo con Fiat, ma quello, e lo abbiamo ripetuto più volte, per noi era un contratto capestro che privava i lavoratori di diritti inalienabili. Detto questo – conclude Papignani – la Fiat non può cacciare i rappresentanti che gli stessi lavoratori hanno scelto. È una questione di democrazia e di rispetto della Costituzione”. Da qui il ricorso del sindacato bolognese, ricorso che poi sarà seguito da altri analoghi in tutte le fabbriche del gruppo automobilistico torinese, incluse Ferrari e Maserati.

A rappresentare la Fiom in tribunale l’avvocato Franco Focareta, che assieme ad altri colleghi due giorni fa ha depositato le carte del ricorso con procedura d’urgenza. “La Fiat – spiega l’avvocato – sostiene che la Fiom non abbia più i diritti sindacali previsti dallo statuto dei lavoratori in quanto non è firmataria del nuovo contratto. Se Marchionne decidesse di non firmare più nessun accordo cosa succederebbe? Dal gruppo Fiat verranno banditi per sempre i sindacati?” Per questo nel ricorso si parla esplicitamente di incostituzionalità della decisione del gruppo torinese.

Poi ci sono altri aspetti più tecnici. Come per esempio l’esistenza di fondi sanitari e pensionistici che la Fiat ha accettato anche col nuovo contratto considerandoli pienamente operativi. Un caso quello del fondo integrativo Cometa. “Quel fondo – spiega Focareta – è stato istituito con un accordo collettivo tra azienda e sindacati, Fiom compresa. Per questo è tecnicamente sbagliato dire che in vigore non ci sono più accordi firmati anche dalla Fiom”. Poi c’è la questione della rappresentatività di un sindacato, ed è il caso della Fiom, che è quasi ovunque il più votato dai lavoratori quando ci sono le elezioni interne di fabbrica. “La Fiat sostiene che solo chi ha firmato il nuovo accordo può restare in azienda, noi pensiamo che la loro sia una lettura formalistica di un articolo dello statuto dei lavoratori che, nel caso, sarebbe a tutti gli effetti incostituzionale”. Per capire come finirà non resta che aspettare la decisione del giudice. “Non ci vorrà molto, con la procedura d’urgenza queste cause si risolvono in poco più di un mese”.

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