Il progetto si chiama Sociable e fa usare ai pazienti applicazioni tecnologiche al posto di carta e penna. Il 90% degli anziani che ha accettato con entusiasmo di sottoporsi a questa curiosa forma di lotta al morbo degenerativo si dichiarano soddisfatti
«I giochi sono stati ideati e realizzati per stimolare le diverse facoltà compromesse dalla patologia – spiega il dottor Giulio Cirillo, direttore del Centro Esperto per la Memoria dell’U.O. di Geriatria dell’Ausl di Forlì – ci sono quindi attività specifiche per il linguaggio, il ragionamento, la memoria, e l’attenzione”. Lo scopo: utilizzare la tecnologia per migliorare la capacità cognitiva e dunque, la qualità della vita delle persone colpite dalla malattia, con il contributo delle piattaforme informatiche e giochi telematici innovative. “Il progetto – prosegue Cirillo – non mira a sovvertire le terapie già esistenti contro l’Alzheimer, ma offre un’ulteriore strategia da integrare a quelle farmacologiche. Non è la soluzione per una malattia che purtroppo è ad ora incurabile, ma la riabilitazione cognitiva della perdita della memoria che prima avveniva con carta e penna, ora viene integrata da strumenti tecnologici che danno risultati incoraggianti”.
E a testimoniarlo sono per primi gli anziani pazienti che hanno accettato con entusiasmo di sottoporsi a questa curiosa forma di lotta al morbo degenerativo: oltre il 90 per cento di loro, si ritiene soddisfatto o addirittura molto soddisfatto dei risultati raggiunti. Soprattutto, i medici hanno riscontrato progressi clinici, dato non indifferente per la prima malattia degenerativa italiana in quanto a gravità e numero di persone colpite. Ogni anno “l’epidemia del nuovo secolo”, come la definisce il dottor Giulio Cirillo, registra circa 450 nuovi casi, per un totale di 1.000-1.200 persone in cura, e questo solo a Forlì. Mentre stando alle rilevazioni europee, l’incidenza nel vecchio continente è di 2,5 casi ogni 1.000 persone per la fascia di età tra i 65 ed i 69 anni; sale a 9 casi su 1.000 persone tra i 75 ed i 79 anni, ed a 40,2 casi su 1.000 persone tra gli 85 e gli 89 anni. In Italia sono oltre un milione gli anziani che perdono lentamente le loro capacità cognitive, mentre in Emila Romagna, nell’ultra ottantenne arriva fino al 25 per cento.
Ma come funziona esattamente? “La sperimentazione prevede un training di tre mesi, due volte a settimana. La fase iniziale ha visto la costruzione dei giochi e attività di stimolazione messa a punto da noi medici, uno per ciascun paese, tutte create assieme agli informatici – spiega la dottoressa Chiara Zaccarelli, neuropsicologa responsabile del progetto in Italia – Gli esercizi consistono in giochi di memoria, attenzione e ragionamento, tutte le sezioni cognitive quindi colpite dal deterioramento. Per ora – continua la neuropsicologa – stiamo seguendo pazienti con diagnosi MCI (mild cognitive impairment, ovvero deterioramento cognitivo lieve), ma la popolazione di riferimento comprende anche la diagnosi Mild Alzheimer Disease, ovvero quelli colpiti da un gradino superiore di deterioramento, nonché la popolazione sana con attività di prevenzione”.
La modernità tecnologica entra così a far parte della vita degli anziani, migliorandola. Un avvicinamento generazionale importante, che dimostra in questo caso, il potenziale benefico del progresso tecnologico. Tutti gli esercizi vengono eseguiti sotto la supervisione dell’equipe medica. Ma “impatto iniziale è molto particolare – racconta Zaccarelli – per persone che non hanno conoscenze informatiche di nessun tipo. Imparano velocemente ad utilizzare lo strumento”.
La terapia è ancora più importante perché per il morbo di Alzheimer non sono attualmente disponibili terapie risolutive, e la gestione delle drammatiche caratteristiche della degenerazione progressiva, è nelle mani dei parenti (caregiver). Proprio per questo la piattaforma touch-screen, in particolare, è stata pensata per favorire l’interazione fra più persone, elemento imprescindibile per ritardare il declino cognitivo. Tra le varie applicazioni – racconta la responsabile italiana – ne abbiamo ideata una specifica per la stimolazione della socializzazione. I pazienti creano una specie di album della vita che ciascuno di loro crea raccontando episodi della propria vita attraverso testi, fotografie e immagini messi sulla piattaforma in maniera da realizzare un vero e proprio album virtuale che viene poi interscambiato con altre persone. La solitudine è uno dei drammi del morbo che costringe alla non autosufficienza, “quindi l’aiuto a stimolare l’autonomia funzionale attraverso strumenti che da casa ti mettono in connessione con eventi e persone è fondamentale”. E dai parenti, infatti, arriva un riscontro positivo a livello di umore delle persone.
La sperimentazione, partita a maggio dell’anno scorso, rientra all’interno di un progetto quinquennale europeo ed è infatti cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito dell’obiettivo 1.4 “ICT per invecchiare bene” del Programma di supporto alle politiche ICT (Information & Communication Technology). Ideato proprio dalla Comunità europea a maggio del 2009, e coinvolge diversi paesi (Grecia, Norvegia, Spagna e Italia) affiancati da quattro partners tecnologici (Cedaf, Singular Logic di Atene, Lab Human di Valencia, Aiju di Alicante), oltre agli istituti socio-assistenziali. Giunto ora ai tre quarti della suo sviluppo, l’equipe internazionale tirerà le somme definitive a luglio del 2013