Ogni anno l’Europa perde 1.2 milioni di tonnellate di grano all’anno (e l’Italia importa oltre il 50% del grano, avendo abbandonato 685.000ha di coltivazioni negli ultimi dieci anni) a causa dell’inquinamento atmosferico da ozono del Nord America. Un dato fino ad oggi ignoto, che rappresenta il più grande impatto relativo all’ozono fra i continenti su un qualunque tipo di raccolto. È uno dei risultati della ricerca, pubblicata su Biogeoscienze, condotta dall’Università di Leeds e dall’Università di York in Inghilterra: la prima ricerca che dimostra l’inefficienza delle politiche ambientali locali, regionali o nazionali che siano. In quanto l’inquinamento da ozono di un continente ha influsso sugli altri continenti.
L’eccesso di ozono delle aree più industrializzate, quale Europa e Nord America e Sud-est Asiatico, danneggia sei dei più importanti raccolti: grano, mais, soia, cotone, patate e riso. E non solo a livello locale, ma anche globale, viaggiando per migliaia di chilometri lungo il flusso dei venti. In pratica l’ozono danneggia le cellule delle piante, impedendo la crescita delle piante stesse.
Il maggior impatto sui raccolti mondiali proviene dall’inquinamento asiatico, che determina il 50-60% di perdita del grano e ben il 90% di perdita del riso nel mondo. Poi viene l’inquinamento da ozono del Nord America che provoca il 60-70% di perdite del mais e il 75-85% di perdite della soia.
L’impatto dell’inquinamento da ozono europeo sugli altri continenti è minore, ed è perlopiù “locale”: a causa dei livelli minori di bassa pressione e dei fronti climatici, entrambi responsabili del trasporto dell’inquinamento negli altri continenti. Sicché, oltre alla perdita di 1.2 milioni di tonnellate di grano a causa delle emissioni di ozono del Nord America, l’Europa perde altri 3.5 milioni di tonnellate all’anno di grano, a causa del “proprio” inquinamento atmosferico da ozono.
Peraltro non dimentichiamoci che in Italia (specie nel Nord), secondo i rapporti dell’Agenzia Europa per l’Ambiente (AEA), sono più volte stati rilevati i valori di maggior inquinamento atmosferico europeo da ozono. Così, nel periodo che va dal 1996 al 2008, una percentuale variabile fra il 30 e il 60% dei raccolti è e stata esposta a concentrazioni di ozono nocive per la vegetazione. Parimenti, nel periodo che va dal 1997 al 2009, una percentuale variabile da 13% al 61% della popolazione dell’Unione Europea è stata esposta a concentrazioni di ozono nocive per la salute umana.
L’inquinamento da ozono è dovuto alla concentrazione dei precursori e dall’intensità dell’irradiazione solare: i precursori sono emessi nell’atmosfera naturalmente (vedi i composti aromatici di origine vegetale); ma specie per la combustione civile ed industriale (da traffico, riscaldamento, produzione di energia) e infine per l’uso di sostanze chimiche volatili (solventi, carburanti).
Nonostante le emissioni di precursori siano significativamente diminuite in Europa nel periodo che va dal 1999 al 2009, il tasso di esposizione pericolosa all’ozono non è diminuito affatto dacché è stato misurato (anno 1997). Ciò sembra confermare i risultati della ricerca da poco pubblicata su Biogeoscienze. Sarà forse questo uno dei motivi per cui in Italia si ha uno dei più alti tassi di tumori infantili nel mondo? Più alto che negli Stati Uniti e nel resto d’Europa… e continua ad aumentare.
Il dr.Steve Arnold, che ha guidato il gruppo della ricerca sull’inquinamento da ozono fra continenti, commenta: “i risultati della nostra ricerca suggeriscono che l’attesa riduzione delle emissioni di precursori dell’ozono, da parte di Nord America ed Europa, può essere vanificata dall’altrettanto atteso aumento delle emissioni da parte dell’Asia. Dunque è necessaria una strategia congiunta e globale di riduzione delle emissioni e dell’inquinamento atmosferico”.
Per gli ambientalisti, però, l’accordo internazionale raggiunto nell’ultima conferenza dell’ONU sul clima (a Durban un mese fa) è solo un flatus voci.