Nel settembre del 2011 gli immigrati sfruttati nella raccolta di pomodori nel Salento si sono ribellati. E' appena uscito il libro che racconta l'esperienza di uno dei leader del movimento di rivolta, Yvan Sagnet
Un cassone contiene quattro quintali di pomodori e vale 3, 50 euro. In sedici ore di lavoro si possono raccogliere al massimo sette cassoni. Vuol dire che lavorando dalle quattro del mattino alle sei di sera i braccianti che raccolgono i pomodori guadagnano, nella migliore delle possibilià, 27 euro e 50. Una miseria a cui si uniscono le condizioni di lavoro: ovviamente nessun contratto; caporali provenienti dalle stesse terre che esercitano in maniera violenta e eccessiva il loro potere; sfruttamento.
L’estate scorsa qualcosa è cambiato. A Nardò, in Puglia, qualcuno ha avuto il coraggio di ribellarsi. Lo scrittore Alessandro Leogrande racconta sulle pagine di Saturno dinamiche e ragioni di quella rivolta contro un sistema che sembrava incontrastabile. Nelle stesse pagine pubblicheremo un estratto del libro a più mani Sulla pelle viva. Il primo sciopero auto-organizzato dei braccianti immigrati in Italia (DeriveApprodi, 2012). Le parole del camerunense Yvan Sagnet, studente di ingegneria a Torino durante l’inverno e bracciante d’estate, evocheranno nella memoria dei lettori quei momenti: i picchetti, i modi con cui sono stati evitati episodi di violenza, la Babele di lingue attraverso cui si sono dovuti muovere gli scioperanti, ivoriani, ghanesi, nigeriani, beinesi, togolesi…
Come ogni settimana, vi aspettano recensioni di libri ed eventi culturali, le pagine multimediali di Saturno 2.0 e le rubriche di Antonio Armano, Gianni Canova, Alessandro Bergonzoni, Giovanni Pacchiano, Marco Filoni e Camilla Tagliabue.
Infine, chi pungerà la vespa di Riccardo Chiaberge?