Il primo cittadino del capoluogo campano indagato per abuso d'ufficio: fece preparare e approvare una una variante urbanistica ad hoc per vincolare ad uso commerciale ed artigianale il suolo di Cupa Siglia dove dovrebbe sorgere l'impianto
Era favorevole alla realizzazione del termovalorizzatore di Salerno quando ne era commissario straordinario. Spogliato di quei poteri, trasferiti per legge al presidente della Provincia, iniziò a osteggiare il progetto. Fino a preparare e far approvare una variante urbanistica ad hoc per vincolare ad uso commerciale ed artigianale il suolo di Cupa Siglia dove dovrebbe sorgere l’impianto. Per questa ragione il sindaco Pd di Salerno Vincenzo De Luca ha collezionato l’ennesima iscrizione nel registro degli indagati. Il sostituto procuratore Rocco Alfano gli ha notificato un avviso di proroga d’inchiesta per abuso d’ufficio. Il provvedimento, concesso dal Gip Franco Attilio Orio, riguarda anche i dieci membri della giunta De Luca in carica a fine 2010, tra novembre e dicembre, quando vennero approvate le due delibere finite nel mirino della magistratura: la relazione sulla proposta di variante e la successiva variante vera e propria per trasformare la destinazione d’uso dell’area di Cupa Siglia da industriale a commerciale-artigianale. Una variante che dopo l’ok dell’esecutivo fu portata in consiglio comunale e definitivamente approvata il 29 dicembre 2010.
L’inchiesta è nata da un’iniziativa del presidente Pdl della Provincia di Salerno Edmondo Cirielli. Ai ferri corti con De Luca per il tira e molla sull’inceneritore, Cirielli reagì alle delibere stoppa-impianto con un ricorso al Tar per farle annullare e con un esposto in Procura. La proroga del Gip scadrà a fine settembre. Non è l’unica indagine sul termovalorizzatore che coinvolge De Luca. Ne esiste un’altra già sfociata in un rinvio a giudizio. Il 1 marzo inizierà il processo che vede il sindaco imputato con l’accusa di peculato, per la nomina del suo fedelissimo Alberto Di Lorenzo, capo staff in Municipio, a project manager dell’impianto, un incarico ormai decaduto.
Nel frattempo i tempi di costruzione dell’inceneritore salernitano, un appaltone da 300 milioni di euro, restano un mistero. E’ tutto fermo. La gara è stata aggiudicata a un Ati composta dalla ditta capofila Rcm dei fratelli Rainone, di Sarno, dalla Acmar e dalla Daneco. Nel giugno scorso il gruppo Pd in consiglio regionale ha rivelato in un’interrogazione che uno degli imprenditori assegnatari dell’appalto, Elio Rainone, è il cognato di Alberico Gambino, ex sindaco di Pagani e plurinquisito consigliere regionale Pdl, tuttora in carcere per associazione per delinquere con l’aggravante di aver favorito i clan dell’agro-nocerino-sarnese, dopo essere stato per anni tra i più stretti collaboratori di Cirielli che lo volle prima in giunta e poi nello staff con un ruolo di consulente esterno. Il documento firmato dai consiglieri democratici Antonio Marciano e Corrado Gabriele chiedeva chiarezza al governatore Pdl Stefano Caldoro: “Sarebbe davvero molto grave – si legge nell’interrogazione – se la realizzazione del termovalorizzatore di Salerno dipendesse unicamente dall’imbarazzante legame familiare tra alcuni protagonisti della politica locale e l’Ati che si è aggiudicata l’appalto”. Cirielli ha sempre rigettato al mittente ogni insinuazione, mettendo al lavoro i suoi avvocati. In ogni caso i lavori non partono perché dalla Prefettura di Milano non arriva il certificato antimafia della Daneco.