A Napoli è stato introdotto da poco, Milano lo vuole istituire entro la fine dell'anno. Ma dove già esiste è stato un fallimento. Le associazioni: "Ha un valore puramente simbolico, il problema è l'assenza di una legge"
“A Gubbio, in Umbria” ha aggiunto il settimanale della Cei “addirittura è stato di recente abolito per evidente inutilità, dopo che per 10 anni soltanto una coppia risultava essersi iscritta”.
Il riconoscimento della parità di diritti, quindi, sotto le due torri e in buona parte della penisola non sembrerebbe in grado di suscitare sufficiente interesse se non quello dei politicanti, che “drammatizzano” un problema non sentito dalla popolazione, un “falso problema” per Feltri, millantando belle parole che non trovano riscontro nella realtà.
Ma secondo i consiglieri bolognesi del centro sinistra le cose non stanno esattamente come sono state dipinte. Anzi, il motivo alla base di un così basso numero di iscrizioni è dovuto all’esclusiva rappresentatività dell’atto, definito da Famiglia Cristiana “tutta ideologia e poca pratica” che, ad oggi, non porterebbe riscontri concreti. Quei benefici promessi appunto dal sindaco di Napoli il giorno dell’approvazione in consiglio comunale del registro, per incentivare alla registrazione, fondati sulla “volontà di colmare il vuoto legislativo in materia”.
“Il certificato ad oggi ha un valore principalmente politico” ha chiarito Sergio Lo Giudice, capogruppo del Partito Democratico in Comune “e il numero limitato di adesioni era già previsto proprio perché l’iscrizione ha una connotazione simbolica che, in assenza di una legge nazionale che stabilisca parità di benefici tra famiglie di fatto e famiglie sposate, non vi sono riscontri concreti. Quello di Bologna – ha aggiunto Lo Giudice – è stato un segnale dato ai cittadini dall’amministrazione, che ha deciso di compiere questo gesto nella speranza che poi vi fosse un riscontro nazionale”.
Un simbolo che, tuttavia, nel tempo è stato suffragato da alcune iniziative regionali che, mano a mano, sono state promosse a sostegno delle unioni non matrimoniali. Infatti a partire dallo stesso anno, 1999, il Comune ha aperto alle coppie di fatto la possibilità di partecipare alle graduatorie per l’assegnazione di alloggi Acer, con lo stesso punteggio di una coppia sposata. Dal 2006, poi, Bologna ha concesso i cosiddetti “prestiti sull’onore”, approvati dalla Regione con la legge regionale n.2 del 12/03/2003, anche “alle coppie gay e lesbiche che convivano o che decidano di dare inizio a una convivenza”. Sempre la Regione, con l’art. 42 della finanziaria approvata nel 2010, ha sottolineato l’esistenza di unioni e convivenze non matrimoniali, riconoscendo ai conviventi, etero o omosessuali, gli stessi diritti di accesso a servizi come casa, scuola, sanità e ogni altro “servizio pubblico o privato sul territorio emiliano romagnolo”. E qualche giorno fa, il Tribunale di Reggio Emilia ha concesso lo stato “famigliare” a una coppia omosessuale sposatasi in Spagna, con tanto di permesso di soggiorno per il coniuge uruguayano.
“Se si considerano tutte le iniziative che le amministrazioni locali, Comune e Regione, hanno approvato diventa inutile guardare al numero di iscritti al registro” ha aggiunto Cathy La Torre, consigliere comunale di Sinistra e Libertà. “Il fatto stesso che tale certificato esista simboleggia la volontà di questa città di promuovere decisioni che non discriminino nessuno, né per l’etnia, né per il genere o le sue scelte di vita”.
Il flop, quindi, per il centro sinistra bolognese è trascurabile e non mette in discussione la posizione della città su questioni sensibili, largamente sostenute dalle precedenti amministrazioni comunali. “In questi anni il Comune ha fatto il possibile per promuovere un’uguaglianza di diritti tra le coppie sposate e le coppie di fatto, siano esse omosessuali o eterosessuali” ha commentato Benedetto Zacchiroli, consigliere del Pd. “Poi è chiaro che compiere la scelta di iscriversi o meno al registro riguarda la singola persona perché l’atto non comporta ancora un plus di diritti. Spetterà allo Stato decidere se agire in questa direzione, noi come altre città abbiamo voluto inviare un segnale chiaro”.