Pudore e combattività sotto le due torri: Fiorella Mannoia presenta Sud, il suo ultimo disco dedicato come da titolo, al mediterraneo del mondo. Ad accoglierla nel cortile della libreria Feltrinelli di Bologna, un pubblico quasi da tribuna politica. Un concept album, sulla scia di album come Anime Salve di De André e ispirato al libro di Pino Aprile, Terroni: “una volta superato lo choc della scoperta di un sud che non era quello che ci raccontavano, un sud che è stato ricco – racconta la cantante dialogando con Aurelio Pasini, redattore del Mucchio Selvaggio – , lo choc di un’Italia rovesciata, ho trovato il tema che cercavo da un po’: la visione di un unico sud del mondo, depredato e volutamente tenuto lontano dal progresso”, in un sistema “di globalizzazione finanziaria, in cui si sta giocando a Monopoli con i nostri soldi”, si infiamma l’autrice.

Migrazioni e ingiustizia, viaggi e riscosse: questo il leitmotiv del primo album della Mannoia che contiene due canzoni scritte per la prima volta di suo pugno: Se solo mi guardassi, racconta il punto di vista dei migranti a cui “non facciamo mai domande. Sono come invisibili che vivono in mezzo a noi”. A sciogliere un testo che è come un nodo alla gola, la musica del suo amico Ivano Fossati, che per lei, musica per la prima volta un testo già scritto. E In viaggio, l’ottica delle famiglie che vedono migrare i propri figli. “La raccomandazione che avrei fatto a un figlio se ne avessi avuto uno”.  Genitori che per lei sono oggi i “nuovi resistenti: devono lottare contro gli attacchi dei media e della tv per tirare su i figli con una moralità e senza stipendio”.

Un debutto che la intimidisce non poco, quello di autrice: “a tenermi a freno finora, era stato una sorta di pudore. L’idea che i miei testi si sarebbero confrontati con autori come Fossati o De Gregori – a molti capolavori dei quali, Fiorella ha spesso prestato la voce – mi intimidiva”.

Il disco è dedicato a Thomas Sankarà, il presidente africano “che in tre anni ha rivoluzionato il Burkina Faso, e che per primo si rifiutò di pagare il debito. Secondo lui, una classe dirigente ricca, non poteva guidare un popolo povero”. E la musica si fa politica, quella vera: “i suoi discorsi mi hanno risvegliato la voglia di politica, quella con la p maiuscola”, motivo per cui il presidente assassinato a 38 anni, diventa il protagonista della narrazione musicale della neoautrice romana. E sempre dal sud, dall’America Latina e dall’Africa, le sonorità. È un disco acustico, “e non poteva essere diversamente, perché il sud è terra carnalità, pelli di tamburo: servivano strumenti autentici”. Il risultato è una vera e propria integrazione: “melodia italiana vestita con suoni africani e latini”. Tra le altre integrazioni, quella con il rapper Frankie hi nrg, che le è valsa gli insulti dei puristi del rap, racconta divertita la Mannoia: “che se mette pure a reppà pure lei?”. No, “è più che altro una recitazione sul tempo”

Fra i testi, spicca la firma di una famiglia che il sud italiano l’ha portato sulla scena forse in maniera più verace e autentica di chiunque altro: De Filippo. “Avere un testo di Titina De Filippo, che la famiglia si era rifiutata di concedere ad altri, è il vero vanto del disco, soprattutto perché il progetto è partito da Napoli”.

Oltre a un disco narrazione infatti, il disco accompagna anche un progetto:  quello dell’avvocato ed educatore fiorentino Cesare De Florio La Rocca, che da 40 anni si occupa del recupero dei ragazzi di strada brasiliani attraverso l’“arteducazione”. Il Projeto Axè, di cui Fiorella Mannoia è testimonial italiana, da 20 anni persegue quella che il suo fondatore chiama la pedagogia del desiderio , e ora mira a mettere in contatto tutti i ragazzi di strada del mondo, dalle favelas brasiliane, ai rioni napoletani. “Penso per esempio a Don Luigi Merola, che vive sotto scorta: è un metodo che possiamo importare”. Alcuni di questi ragazzi, parteciperanno a svariate date del tour.

Dalla speranza, si passa all’amarezza quando si parla dell’Italia “ogni tanto mi viene lo sconforto, perché questo è ormai un paese marcio, in cui le madri devono augurarsi che i figli partano per avere un futuro”. Il nostro non è un paese in crisi: è un paese corrotto. La corruzione ci costa 70 miliardi l’anno e ce ne siamo accorti ora?” . Quello che chiede dalla sua tribuna, è un rinnovamento generale, perché  “quale padre può chiedere a un figlio di non rubare, quando lui fa il ladro?”. Parole forti per la voce di Quello che le donne non dicono, al fine d’invocare una nuova classe politica. In particolar modo si rivolge alla sua: “quando la gente è esasperata, significa che la politica ha fallito. Soprattutto ha fallito la politica di sinistra. Ha tradito il patto: stare dalla parte dei più deboli”. Parla al Pd che fu Ds, la cantante sempre schieratasi a sinistra con convinzione: “sono anni che non sanno neanche più quali sono, i bisogni della gente”. Lo stato ha perso il suo compito, e torna al sud, la cantante che venne nominata Ufficiale dal presidente dell’allora Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: “non è colpa di chi chiede alla mafia, o alla camorra, lavoro. Perché se un cittadino è costretto a questo patto, significa che lì, lo Stato, ha fallito”.

Ma ora lo stato si chiama Monti: “Non sarà questo governo a cambiare la nostra situazione. Con Berlusconi ci siamo liberati da un incubo che spero di non rivivere più. Siamo stati abituati male. un po’ di normalità ci sembra eccezionale, ma sono solo più educati, più presentabili. Se non avessero voluto ridurre l’Italia come sta ora, con le fabbriche che chiudono e le famiglie per strada,  avrebbero potuto fare come noi donne: i conti della spesa. Dove posso tagliare e dove no? Non l’hanno fatto, un motivo ci sarà. Bisogna riconoscergli l’Ici alla Chiesa, ma finché non ci vedo non ci credo”.

A conclusione dell’incontro, inevitabili le domande dal pubblico su Sanremo, ma non commenta la performance di Adriano Celentano (con la cui canzone esordì nel ’68 proprio al Festival di Castrocaro), se non ammettendo che: “forse è stato troppo: 50 minuti in una gara canora, sono stati irrispettosi verso chi su quel palco si sta giocando la carriera”. Chi vincerà? “Noemi, ma sono di parte”, scherza.

La sua band composta da 11 elementi , il 23 marzo farà tappa al Paladozza di Bologna, poi il tour proseguirà per Reggio Emilia il 19 aprile al Valli, il 30 al Carisport di Cesena; a ospitarla a maggio, il Comunale di Ferrara (il 17) e al Regio di Parma il giorno successivo.

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