Due storiche sentenze dei Tar di Puglia e Lazio obbligano il ministero della Salute a chiudere, entro novanta giorni, le transazioni per i risarcimenti alle vittime dello “scandalo del sangue infetto”. Ma i soldi sarebbero stati destinati al decreto “svuota carceri”
La loro è stata definita una autentica “strage di Stato” e sulle 80mila vittime del sangue infetto le nubi si diradano e si addensano allo stesso tempo. Da una parte, ci sono due storiche sentenze dei Tar Puglia (sede di Lecce) e Lazio, che inchiodano il ministero della Salute alle sue responsabilità e ai risarcimenti. Dall’altra, ci sono le verità emerse dopo l’incontro del 2 febbraio scorso tra le associazioni degli emodanneggiati e il ministro per la Salute Renato Balduzzi. Di mezzo, c’è un meccanismo giurisdizionale a dir poco contorto. Certo, le ultime decisioni dei tribunali amministrativi sono importanti passi in avanti. Il possibile grimaldello attraverso il quale i 7mila cittadini, che attendono un indennizzo da anni, potranno portare avanti la loro battaglia.
A Lecce, su ricorso di ventisette talassemici salentini che hanno contratto l’epatite HCV a seguito di trasfusioni di sangue infetto, i giudici del Tar Puglia hanno stabilito che entro novanta giorni il ministero della Salute dovrà dare riscontro alle domande di transazione, presentate nel mese di gennaio 2010 proprio per ottenere il risarcimento. Di più. Vista l’inerzia finora, per dare esecuzione alla sentenza è stato nominato un commissario apposito, Massimo Pensato, consigliere della presidenza del Consiglio dei ministri ed attualmente direttore generale del Consiglio Nazionale del Notariato. Qualche ora più tardi, anche il Tar del Lazio si è pronunciato nella stessa direzione, concedendo al ministero, anche stavolta, un tempo massimo di novanta giorni per portare a compimento le procedure transattive, avviate da ottantatre infettati ed eredi di vittime, gli stessi che hanno supportato il ricorso presentato, in questo caso, da quattro associazioni.
“Le sentenze rappresentano un pungolo nei confronti dello Stato, a cui bisogna continuamente far presente che queste persone non possono essere prese in giro in tal modo” dichiara Mario Melillo, uno dei legali del collegio difensivo dei pazienti. La vicenda giudiziaria si trascina da tempo, legata allo scandalo Poggiolini, l’ex direttore generale del servizio farmaceutico nazionale, indagato prima dalla Procura di Trento per il reato di epidemia colposa, poi rinviato a giudizio da quella di Napoli per omicidio colposo plurimo. Agli inizi degli anni ’90, infatti, trasfusioni di sacche di plasma non adeguatamente controllate comportarono la diffusione di infezioni Hiv ed Epatite C. In più pronunce, la Corte di Cassazione ha ritenuto colpevole anche il ministero della Salute per omessa attività normativa e carenza di vigilanza.
È del 1992 la prima legge che prevede gli indennizzi. Ma, fino a questo momento, sono solo 700 le persone che hanno ricevuto un risarcimento. Molte altre, probabilmente, non lo vedranno mai, visto che lo Stato, per via di una sentenza della Cassazione del 2008, vuole far prevalere la prescrizione. E’ per questo che le attuali sentenze del Tar Puglia (sede di Lecce) e del Lazio, del 16 e 17 febbraio, sono considerate di rilevanza assoluta, perché almeno per una parte degli emodanneggiati accelerano i tempi. E perché, soprattutto, costringono il ministero a prendere provvedimenti, nonostante la rotta intrapresa vada in tutt’altra direzione. È del 2 febbraio scorso l’incontro tra il Comitato Vittime Sangue Infetto e il ministro Balduzzi. “A oltre quattro anni dalla legge che prevedeva il pagamento delle persone che avevano subito dei danni a causa delle trasfusioni ed emoderivati infetti – scrivono le Onlus in una nota – il ministro della Salute ha firmato un decreto, che presto sarà sottoscritto anche dal ministro dell’Economia, con cui si prevede una prescrizione quinquennale che esclude la maggior parte dei 7mila contagiati. Così facendo, riuscirà ad essere ammesso a questa transazione solo il 15-20%”.
In più, il decreto prevede una riduzione drastica delle spettanze, nonostante lo stanziamento, a partire dal 2008, di 180milioni di euro l’anno. “Apprendiamo in questi giorni – denunciano le associazioni – che per dare la copertura finanziaria al ‘decreto svuota carceri’ viene autorizzato il prelievo dai fondi destinato al pagamento delle vittime da sangue infetto. È inaccettabile”. Del caso è stato investito anche il Parlamento europeo e il 28 febbraio se ne discuterà durante il primo convegno nazionale organizzato alla Camera dei Deputati.