Non è stata una rapina ma solo un modo per difendersi dalla rapina vera. Del resto, non è stato Bertolt Brecht a dire che i veri rapinatori sono quelli che le banche le fondano? E così in una cinquantina si sono presentati davanti alla nuova filiale di Che Banca a Castro Pretorio (Roma), per un flash-mob che si è spostato poi verso la stazione Termini, al grido di “Sbanchiamo la banca”, lanciando così una nuova campagna semplice e complicata allo stesso tempo. L’obiettivo, infatti, è quello di ritirare i risparmi dalle aziende di credito italiane per rivendicare la pubblicizzazione del sistema bancario, il controllo di lavoratori e cittadini sui propri risparmi e, in particolare, il non pagamento del debito pubblico con la realizzazione di un vero e proprio Audit. E’ la campagna lanciata da Rivolta il Debito, network e sito internet particolarmente competente e preparato sui temi della crisi globale e della necessità di un’auditoria sul debito.
Dietro a uno striscione con su scritto “La crisi la paghi chi l’ha creata”, i giovani manifestanti hanno omaggiato anche Gianni Morandi nei giorni di Sanremo, cantando “fatti mandare dalla mamma a chiudere il conto”.
Il dito puntato contro le banche è inflessibile: “Durante la crisi hanno usufruito di aiuti pubblici mastodontici in tutto il mondo e adesso continuano a essere aiutate con denaro pubblico in vario modo”. Un esempio? La Bce presta denaro con un tasso di interesse dell’1% ed è reinvestito dalle banche nel debito pubblico, nella concessione dei mutui o di prestiti a tassi da strozzini. “Tutto ciò non fa che aumentare la crisi” dicono quelli di RiD.
La proposta probabilmente farà discutere – e viene spiegata con un video altamente professionale: “Vogliamo iniziare a boicottarle chiudendo i nostri conti correnti e rivendicando la pubblicizzazione del sistema bancario e finanziario”. Ritirare i risparmi dunque, magari non tutti, per poi collocarli o sotto il buon vecchio materasso oppure utilizzando forme alternative: “Banca Etica può essere una di quelle perché è più trasparente, ma poi ci sono le Poste che, pur essendo privatizzate, sono ancora in mano pubblica e sono obbligate a investire su titoli pubblici”.
I giovani di RiD citano anche una campagna parallela che è stata lanciata dall’associazione Attac Italia e che propone la totale pubblicizzazione della Cassa Depositi e Prestiti e l’impiego delle sue enormi risorse per progetti a forte valenza pubblica e sociale.