Anche visti da lontano facciamo la nostra preziosa figura. Da un’ora sto cercando di spiegare a un gruppo di gauchos della Patagonia, che bevono Quilmes in un bar di Rio Majo, provincia di Santa Cruz, 13 mila chilometri da casa, come mai il loro quotidiano Patagonia abbia oggi in prima pagina un titolo che dice più o meno: “Italia: alla fine anche la Chiesa pagherà le tasse”.

Fanno fatica a credere che la Chiesa dei poveri, dei martiri e dei santi che loro onorano in minuscole cappelle ai bordi della immense strade di polvere che corrono verso Ushuaia e la Fin del Mundo, viva imbracciando il privilegio dei ricchi che coincide (quasi sempre) con la prepotenza di pretendere regole proprie, e poi anche deroghe alle regole proprie.

Mi hanno chiesto se il Papa era il colpevole di questa ingiustizia. Per non deluderli gli ho detto che no, lui l’ingiustizia l’ha trovata bella e fatta, come i vestiti d’oro, le scarpine porpora e i conti cifrati Ior. Ma certi vescovi sapevano. E con loro sapevano i nostri politici, celebri in Europa perché con una mano rubano mentre con l’altra si fanno il segno della croce. E si aspettano un buon posto in Paradiso tramite mutuo raccomandato e rateizzabile.

Il Fatto Quotidiano, 19 Febbraio 2012

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