Morti controverse di calciatori, Luciano Re Cecconi e Donato Bergamini. Mezz’ala di Lazio e Nazionale azzurra il primo, ucciso nel 1977 con una pistolettata a Roma per un banale scherzo in gioielleria. Centrocampista del Cosenza conteso da Parma e Fiorentina il secondo, suicida nel 1989 a Roseto Capo Spulico sotto le ruote di un camion, sull’asfalto della statale jonica. Così le versioni ufficiali, sentenze sconfessate dai famigliari.
“Non scherzo” (Edizioni Libreria Sportiva) e “Il calciatore suicidato” (Edizioni Kaos) riscrivono le storie di Cecco e Denis. Sollevano dubbi, portando il lettore su scenari inediti, riavvolgendo il nastro di scene incriminate, giungendo a conclusioni in contrasto con la vulgata. Sono libri di inchiesta, il primo fresco di stampa. L’ho scritto sull’onda del ritrovamento di una fiction Rai anni ’80 (Il Caso Re Cecconi – L’Appello), censurata perché scomoda e mai trasmessa sulle reti pubbliche. L’altro è un volume uscito nel 2001, ma ancora fresco e discusso. E’ di Carlo Petrini, centravanti ‘pentito’ di Genoa, Milan e Roma, autore di rumorose pagine su doping e scandali del calcio. Può un libro riaprire un’inchiesta sepolta e archiviata?
Stando alle indiscrezioni della Gazzetta dello Sport sugli ultimi accertamenti dei Carabinieri di Messina, sembra proprio di si. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari (Cosenza) starebbe acquisendo la relazione del Reparto di Investigazioni Scientifiche su alcuni indumenti indossati da Bergamini 23 anni fa, nel giorno di morte. E’ nato tutto dalle denunce nel libro e dalla tenacia della famiglia del giocatore. Le analisi con l’uso di nuove tecnologie su abiti e oggetti dell’ex rossoblù, smonterebbero la tesi del suicidio, per cui gli inquirenti hanno già ascoltato Michele Padovano, ex centrattacco cosentino ai tempi di Bergamini, poi alla Juventus ma pure in carcere per droga. E allora? Non fu suicidio ma delitto passionale? Si trattò di una ritorsione omicida per riparare uno sgarro nel giro del calcio scommesse? Oppure Denis fu vittima del traffico di sostanze stupefacenti?
Invece le confidenze di Luigi Martini, amico intimo e compagno di Re Cecconi nella Lazio di Maestrelli, a distanza di 35 anni spazzano via la pista dello scherzo. Non fu il movente del colpo esploso dall’orafo-gioielliere Bruno Tabocchini, assolto per legittima difesa putativa negli anni di piombo. “Rispetto a quanto emerse dal processo, le cose andarono tutte in modo diverso. A tutt’oggi la cosa che mi fa più male è quando si dice che Luciano Re Cecconi è morto per uno scherzo. A volte la verità è difficile da far venire a galla.” Martini è depositario della verità nascosta, raccolta da Pietro Ghedin, teste oculare del delitto e testimone chiave nel processo per direttissima, dove cambiò versione per poi tacere, senza mai più riaffrontare pubblicamente la questione, oggi però tornata d’attualità. Vedova e figli Re Cecconi non intendono riaprire la ferita in un’aula di tribunale. Dagli studi di SkySport24 ho però ribadito un concetto: indipendentemente dai ricorsi giudiziari, la verità non può cadere in prescrizione. Né per Re Cecconi, né per Bergamini.