“La situazione che si è venuta a creare è una situazione complessa. Presenta aspetti di natura giuridica, di diritto internazionale e di diritto interno è complessa anche perché nello stato del Kerala sono in corso elezioni politiche e amministrative che rischiano di influenzare l’emozione dei cittadini e sulle decisioni delle autorità giudiziare”. Così il ministro degli esteri Giulio Terzi riassume la crisi diplomatica tra India e Italia scoppiata dopo l’arresto dei due soldati del battaglione San Marco, accusati dalle autorità indiane di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati che tentavano di abbordare la petroliera italiana Enrica Lexie. «Confido che non sarà così – ha aggiunto Terzi – confido che ci sarà un’indagine scrupolosa e rispettosa delle norme dello stato di diritto, di cui questa grande democrazia indiana è un esempio».
Il primo atto dell’inchiesta, dopo l’arresto di Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, avvenuto ieri nel porto di Kochi, nel Kerala, sarà l’audizione davanti al magistrato. I militari erano fino a oggi in stato di fermo nel circolo ufficiali di Kochi e, visto che oggi in India è festa e anche il tribunale è fermo, potrebbero essere trasferiti nella residenza del magistrato che dovrà ascoltare la loro versione dei fatti. I due sono ancora in stato di fermo giudiziario, e non in arresto. Il fermo dovrebbe durare tre giorni, nei quali si cercherà di trovare una soluzione condivisa che possa magari evitare un processo in India evitando di dare l’impressione di un “cedimento” alle richieste italiane.
A Kollam, davanti alla casa del magistrato che dovrà occuparsi del caso, un centinaio di persone ha tenuto una manifestazione di protesta contro i due fucilieri della Marina. La preoccupazione nel governo italiano è palpabile. Il ministro della giustizia Paola Severino ha detto che la situazione viene seguita «con la massima attenzione», perché «delicatissima». «La zona dove si sono svolti i fatti rende difficile un’accurata ricostruzione – ha aggiunto il ministro – e siamo ancora lontani dall’avere una ricostruzione oggettiva».
Le divergenze tra Italia e India, infatti, rimangono: per gli indiani, i due fucilieri avrebbero aperto il fuoco, in acque indiane, contro il peschereccio St. Anthony, uccidendo due persone. Per le autorità italiane, invece – stando alla ricostruzione acquisita dal Ros dei Carabinieri – l’incidente sarebbe accaduto in acque internazionali, a 30 miglia dalla costa del Kerala, e i fucilieri avrebbero sparato contro un’imbarcazione diversa dal St. Anthony. Imbarcazione che si sarebbe poi allontanata dalle immediate vicinanze della petroliera Enrica Lexie, senza che nessuno a bordo fosse rimasto ferito.
L’agenzia Ansa aggiunge alla ricostruzione quanto riportato da fonti investigative italiane: la Enrica Lexie avrebbe poi deciso di entrare nel porto di Kochi, nonostante il parere contrario della Marina militare, perché le autorità indiane avevano detto che in porto c’era una nave sospetta, forse pirata, e che serviva l’equipaggio della Lexie per effettuare un riconoscimento.
L’agenzia di stampa cattolica Fides, intanto, ha raccolto la testimonianza del segretario della diocesi di Kollam, John Jerry Isaacs, che assieme al vescovo di Kollam Stanley Roman, è andato a far visita alle famiglie delle vittime, entrambe appartenenti alla numerosa comunità cristiana del Kerala (circa il 20 per cento della popolazione): «Le famiglie vogliono la verità sull’accaduto – ha detto padre Isaacs – purtroppo non è la prima volta che pescatori locali rimangono vittime di incidenti con grandi navi. La pirateria non è molto diffusa su queste coste – ha spiegato padre Isaacs – e anche per questo la reazione dei cittadini e di rabbia e desiderio di protesta. C’è il rischio però che questo desiderio venga strumentalizzato in vista delle prossime elezioni e questa è una ragione in più per arrivare rapidamente alla verità».
Se i due marò fossero formalmente imputati di omicidio, il codice penale indiano prevede l’ergastolo o anche la condanna a morte, anche se la pena capitale viene generalmente riservata agli atti di terrorismo. Il rischio principale è che un eventuale processo possa trascinarsi per le lunghe, con possibili ripercussioni negative per le relazioni tra India e Italia, paesi di solito in buoni rapporti diplomatici. Il ministro Terzi aveva in agenda una visita in India nel suo giro asiatico di fine marzo ma dalla Farnesina sperano che la vicenda dei due fucilieri del San Marco possa essere risolta molto prima. Anche perché i servizi di scorta alle nave italiane che transitano nella acque a rischio pirateria non possono essere interrotti. L’Italia ha iniziato a settembre a imbarcare, a spese degli armatori, dei Nuclei militari di protezione (Nmp) su quelle navi che attraversano il golfo di Aden e la zona occidentale dell’Oceano indiano: 60 soldati del San Marco sono di base a Gibuti appunto per questo scopo. Ma, come allora venne sottolineato da alcuni esperti del settore, i problemi dell’impiego dei militari erano sostanzialmente due: chiarezza sulle regole d’ingaggio e chiarezza sui rapporti gerarchici tra il comandante del Nmp e il capitano della nave. Problemi che, allo stato della conoscenza dei fatti, pare si siano verificati puntualmente davanti le coste del Kerala.
di Joseph Zarlingo