Il blog dei giornalisti precari romani 'Errori di stampa' ha chiesto di cancellare la norma al direttore generale di Viale Mazzini Lorenza Lei. Che ribatte: "Non c'è mai stata alcuna discriminazione o rivendicazione in merito". Ma incarica anche gli uffici competenti di "valutare interventi"
Una donna che collabora con la Rai a partita Iva e rimane incinta rischia il licenziamento se la produttività viene compromessa dalla gravidanza. E’ scritto nell’articolo 10 del contratto offerto da Viale Mazzini che ‘Errori di Stampa’, il blog dei giornalisti precari romani ha deciso di pubblicare online accompagnato da una lettera aperta al direttore generale Lorenza Lei. A cui chiedono di “porre fine al proliferare di contratti “ultraleggeri” e di stralciare dal testo la “penosa” clausola. “In Rai non c’è mai stata alcuna discriminazione o rivendicazione in merito – ha detto in serata il direttore generale – né certamente sono mai emersi, fin qui, dubbi di legittimità”.
La norma però dice altro. In caso di gravidanza infatti, equiparata a “malattia, infortunio, causa di forza maggiore o altre cause di impedimento”, la norma prevede la risoluzione del rapporto di lavoro “di diritto, senza alcun compenso o indennizzo” nel caso in cui la “situazione” impedisca il “regolare e continuativo adempimento delle obbligazioni”.
“Sull’interpretazione di quel punto non ci sono dubbi – scrive ‘Errori di stampa’ sul blog -. Se una donna rimane incinta la Rai potrà valutare l’incidenza della gravidanza sulla produttività della lavoratrice e, se questa ne risultasse compromessa, si riserva sostanzialmente di risolvere il contratto”. Nel post i cronisti precari romani si rivolgono poi al direttore Lei: “In Rai, quindi, l’azienda editoriale che lei dirige, non solo i giornalisti sono ‘consulenti’, pagati a cottimo e costretti a versare Inps o Enpals al posto dell’Inpgi. Ma hanno anche l’umiliazione di sapere che scegliere un figlio potrebbe implicare la rinuncia coatta al lavoro”. Una clausola “retrograda e illegale” che costituisce una “palese violazione dell’articolo 3 della Costituzione”.
Secondo Eleonora Voltolina, direttore de La Repubblica degli Stagisti, “finalmente emerge la vergogna delle contrattualizzazioni fasulle nell’azienda del servizio pubblico” con l’aggiunta di una disposizione umiliante.”L’augurio – conclude Voltolina – è che da parte di una donna direttore generale vi sia più attenzione a questo aspetto. Anche se personalmente dubito, visto che è un inquadramento che riguarda centinaia di giornaliste e collaboratrici”. E pur negando l’utilizzo di tale norma, il dg Lei ha comunque dato agli uffici competenti “l’incarico di valutare interventi sulla clausola” in questione.
Sul caso è intervenuto anche il segretario della Cgil Susanna Camusso che ha parlato di “contratto assolutamente illegittimo” che non è “solo in contrasto con la legislazione vigente, ma non riserva il rispetto dovuto alle lavoratrici e ai lavoratori”. Una prova, ha proseguito il leader del sindacato, che “conferma come la Rai, insieme purtroppo a tante altre imprese italiane, faccia abuso di contratti atipici e di finti lavoratori autonomi”. Per questo “oltre a rivendicare la necessità che l’azienda metta immediatamente fine a questa pratica – ha concluso la Camusso – ne approfittiamo per rammentare l’urgenza del ripristino della legge contro le dimissioni in bianco. Fatti come questi sono la palese dimostrazione di come non andrebbero mai cancellate le norme che tutelano i lavoratori contro le discriminazioni”. Duro anche il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: ”La maternità è un diritto tutelato dalla Costituzione italiana e non si tocca. L’unica clausola che dovrebbe essere inserita nel contratto dei dipendenti Rai è un tetto ai compensi milionari di alcuni conduttori televisivi che usano la tv di stato a proprio piacimento”.
E Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro dell’Università Bocconi, conferma che dal punto di vista giuridico la norma è fuorilegge. “Sia in caso di rapporto di lavoro subordinato che di consulenza – ha spiegato al Fatto.it – viola un principio costituzionalmente protetto, oltre a tutti gli articoli relativi alle norme in materia di tutela della famiglia e della gravidanza”. Quindi una lavoratrice licenziata in base a alla “clausola gravidanza” può chiederne l’annullamento, “pur mantenendo valido il contratto nel suo complesso”.