“La Fiat in Puglia nega la rappresentanza alla Fiom“. E’ la denuncia dei vertici baresi del sindacato di Landini. Alla Magneti Marelli di Bari, fabbrica di componenti automobilistiche controllata dal gruppo torinese, sono giorni di alta tensione. Dal primo di gennaio è stato applicato quanto disposto dal contratto nazionale Fiat, sottoscritto a dicembre dagli altri sindacati. Il documento, avendo come punto di partenza l’accordo di Pomigliano, ha trasformato le rappresentanze sindacali unitarie (rsu) in rappresentanze sindacali aziendali (rsa). Da queste ultime, sono stati esclusi i tre membri Cgil-Fiom, in quanto – si ricorderà – il sindacato, fortemente contrariato dalle prescrizioni contenute nel testo, non firmò l’accordo.

“Ricorreremo al giudice – anticipa Antonio Pepe, segretario Fiom di Bari – perché hanno esteso alla nostra fabbrica il modello Pomigliano nonostante i lavoratori dello stabilimento lo abbiano bocciato. Dall’inizio del 2012, inoltre, ci negano la trattenuta sindacale”. La decisione è stata presa poche ore fa e domani dovrebbe essere ufficializzata tramite una conferenza stampa nazionale. La nuova normativa contenuta nel contratto Fiat – che regola, tra le altre cose, il lavoro straordinario senza trattativa, il contenimento dell’assenteismo, l’organizzazione dei turni di lavoro, e la riduzione delle pause – è quindi in vigore anche nel capoluogo pugliese. Nelle scorse settimane, inoltre, è stata chiusa la saletta sindacale ed è stata rimossa la bacheca. “Dal 13 febbraio – prosegue Pepe – ci hanno anche vietato di affiggere i giornali su una bacheca, cosa che facevamo non solo per noi della Fiom ma per tutti i lavoratori dello stabilimento”.

Lo scorso venerdì, poi, un altro episodio che ha acuito lo scontro. Durante una assemblea, al segretario Fiom di Bari non viene autorizzato l’ingresso. “Ho chiamato i carabinieri – racconta Pepe – che sono intervenuti e hanno verbalizzato il tutto”. Nella stessa assemblea, i lavoratori dello stabilimento hanno contestato e di fatto bocciato l’accordo. Non è però dello stesso avviso Franco Busto, segretario Uil-Uilm di Bari, che dà la sua versione dei fatti. “Nelle assemblee – spiega al telefono – sono state organizzate delle claque che hanno impedito che le cose venissero spiegate in termini precisi. Le cose che hanno detto i membri Fiom sono campate in aria. Se al lavoratore dici che gli togli i soldi e i diritti è logico che dice no. Sono convinto che tra qualche mese i lavoratori apprezzeranno quel contratto nazionale”.

La frattura tra le sigle sindacali si registra anche in merito all’opportunità di indire un referendum. La Fiom lo richiede espressamente, impegnandosi a vincolarsi all’esito della consultazione. La Uilm, invece, sempre tramite il suo segretario provinciale, ricorda che, subito dopo il contratto nazionale Fiat, la maggioranza delle rsu dei 48 stabilimenti italiani del gruppo ha accettato quell’accordo. “Le regole non prevedono il referendum nelle singole aziende”, aggiunge Busto, il quale sottolinea che “dove i referendum son stati fatti, la Fiom non li ha accettati”.

Proprio le rsu della Magneti Marelli di Bari (sostituite dalle rsa dal 1 gennaio e che fino ad allora erano così suddivise: quattro Uil-Uilm, tre Cgil-Fiom, tre Cisl-Fim e due Fimsic) avevano però registrato una maggioranza di voti contrari all’accordo, nella ratifica dello scorso 23 dicembre. Ben sei su dodici si dichiararono sfavorevoli, contro due contrari e i restanti astenuti. Ovviamente l’esito all’interno dello stabilimento pugliese si rivelò irrilevante, in quanto in tutto il territorio nazionale il documento incassò la maggioranza assoluta delle rsu con 513 favorevoli. Le situazioni di criticità in Puglia non si esauriscono con il caso Magneti Marelli. Anche altre due controllate Fiat sono state al centro di dure prese di posizioni dei delegati Fiom: si tratta della Cnh di Lecce e della Sofim-Iveco di Foggia, stabilimenti finiti sulle cronache locali per le tensioni scoppiate tra i vertici aziendali e i sindacalisti.

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