Il premio Nobel Renato Dulbecco

E’ morto Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina. Dulbecco, ha spiegato Paolo Vezzoni,uno dei suoi più stretti collaboratori al Cnr di Milano, è deceduto in California, dove viveva con sua moglie. Fino a qualche mese fa le sue condizioni di salute erano buone, ma nell’ultimo periodo aveva accusato alcuni problemi circolatori.

Dulbecco, medico, biologo e genetista, era nato a Catanzaro nel 1914 e avrebbe compiuto 98 anni il 22 febbraio. Furono le sue ricerche nel campo dei tumori, condotte negli Stati Uniti, a portarlo a vincere il Nobel nel 1975. Dulbecco, in particolare, fu un pioniere dello studio genetico del cancro e grazie al suo lavoro in pochi decenni la lotta ai tumori ha imboccato una svolta determinante.

Nonostante avesse la cittadinanza americana dal 1953, Dulbecco ha sempre mantenuto un forte legame con l’Italia, tanto da essere considerato il padre delle ricerche italiane sulla mappa del Dna, condotte presso l’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Milano. Solo l’età avanzata e le condizioni di salute precarie hanno interrotto la spola tra Milano e La Jolla, in California, dove viveva e lavorava presso l’istituto Salk.

Nel 1999 accettò di condurre un’edizione del Festival di Sanremo insieme a Fabio Fazio, devolvendo il compenso a favore del rientro in Italia di cervelli fuggiti all’estero. Un’iniziativa simbolica che ancora oggi prosegue nel Progetto Carriere Dulbecco promosso da Telethon.

A 16 anni Renato Dulbecco si iscrive alla facoltà di Medicina dell’università di Torino e segue i corsi dell’anatomista Giuseppe Levi insieme a Rita Levi Montalcini e Salvador Luria. Si laurea con lode nel 1934. Durante la seconda guerra mondiale è ufficiale medico sul fronte francese e poi su quello russo dove, nel 1942, rischia di morire. Caduta la dittatura fascista, Dulbecco entra a far parte delle Resistenza e poi del Cln della città di Torino, diventando anche membro della giunta popolare guidata dal sindaco Giovanni Roveda.

Nel 1947 la grande decisione di trasferirsi negli Stati Uniti per raggiungere Luria, che lavorava lì già dal 1940. Un viaggio che cominciò con una sorpresa: “senza saperlo, ci ritrovammo sulla stessa nave”, raccontava mezzo secolo più tardi ancora divertito, ripensando all’incontro inatteso con Rita Levi Montalcini. “Facevamo lunghe passeggiate sul ponte parlando del futuro, delle cose che volevamo fare: lei alle sue idee sullo sviluppo embrionale e io alle cellule in vitro per fare un mucchio di cose in fisiologia e medicina”.

Sono le strade che entrambi seguono negli Usa e che portano Dulbecco nel California Institute of Technology (CalTech), dove ha una cattedra e comincia ad occuparsi di tumori. Nel 1960 fa la scoperta che nel 1975 lo porterà al Nobel: osserva che i tumori sono indotti da una famiglia di virus che in seguito chiamerà “oncogeni”. Nel 1972 lascia gli Usa per Londra, come vicedirettore dell’ Imperial Cancer Research Fund. Dopo il Nobel, condiviso con David Baltimore e Howard Temin, ritorna all’Istituto Salk per studiare i meccanismi genetici responsabili di alcuni tumori, in primo luogo quello del seno. Il suo rientro in Italia, nel 1987, coincide con l’avvio del Progetto internazionale Genoma Umano, del quale Dulbecco diventa coordinatore del ramo italiano. Un’esperienza che si arena nel 1995 per mancanza di fondi e che lo riporta negli Stati Uniti.

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