Isole pedonali, autobus notturni, pannelli solari, giardini pensili, wireless gratuito in tutta la città. E poi: orti urbani, taxi agevolati per donne , centri aggregativi per i giovani, centri aggregativi per gli anziani, centri aggregativi per i giovani, per gli anziani e per gli uomini di mezza età. E ancora: partite di calcetto, convention da quattro o cinque ore, passeggiate chilometriche a piedi e in autobus, “comparsate” in radio, in tv, allo stadio e perfino in discoteca.

Dopo due rinvii, qualche veleno e parecchie polemiche, è iniziata la campagna elettorale per le primarie del centro sinistra a Palermo. Un avvio chiassoso: dopo dieci anni di (mala) amministrazione targata Pdl, tutti o quasi a sinistra sono convinti di poter vincere. E non potrebbe essere diversamente. L’ex primo cittadino Diego Cammarata è “fuggito” a gennaio proprio il giorno in cui Il Sole 24 Ore lo premiava come sindaco meno amato d’Italia. Durante i suoi due mandati elettorali il cronista politico più efficace è stato forse il vignettista di Repubblica Gianni Allegra: per lui Cammarata è semplicemente una racchetta da tennis e un bicchiere di Martini che si agitano e parlano sospesi nel vuoto, senza nessuno che li sorregga.

Logico quindi che nel centro sinistra qualcuno si sia convinto che la corsa al palazzo di città potesse essere tutta in discesa per il candidato indicato dalle primarie. Ma nel Pd l’eccessiva possibilità di successo deve ormai sembrare quanto meno sospetta. Soprattutto in Sicilia, dove negli ultimi dieci anni di macerie pidielline il centrosinistra ha sviluppato una sorta di dipendenza dalla batosta, lenita solo recentemente dal maxi inciucio regionale con Raffaele Lombardo. In un’ isola in cui la sinistra non è mai stata di governo, le primarie diventano quindi strumento naturale di lotta. Ma tra attacchi sibillini, mire personali e interessi dei soliti clan, il rischio concreto è quello di polverizzare in quattro e quattr’otto le naturali possibilità di successo, accumulate tra l’altro soltanto sull’inettitudine altrui.

Al pronti via, Davide Faraone, 35enne rottamatore democratico, è andato subito all’attacco dell’altra candidata del Pd, Rita Borsellino: “E’ incoerente, dice di essere la candidata della società civile, ma in realtà è indicata da tutti i segretari di partito, da Bersani a Sel, passando per Idv. Il Pd poi– continua Faraone – ha pagato i manifesti elettorali della Borsellino, ho le prove”. Faraone ha lanciato la sua campagna elettorale con una convention gemella della Leopolda renziana, seguita da partitella di calcetto proprio con Matteo Renzi e Giorgio Gori (sbarcati a Palermo per fare réclame elettorale).

Dal canto suo Rita Borsellino sorride pacifica “Non mi faccio trascinare nella rissa, le primarie dovrebbero essere un confronto tra gente che ha identici valori e obiettivi”. Al fianco della Borsellino,  ancora di salvezza per la residua (?) credibilità di Bersani, si è schierato compatto l’Idv di Leoluca Orlando. Che presa Rita sottobraccio si è concesso lunghe passeggiate per la città. “Io sono l’ex sindacodice Orlando ai passanti lei è il futuro sindaco, io la sostengo”.

Ma se alle primarie genovesi il Pd aveva imputato la sconfitta alla doppia candidatura democratica, a Palermo c’è chi sta riuscendo a fare di peggio. Peppe Lumia e Antonello Cracolici, ovvero i registi dell’inciucio con Lombardo all’Ars, non appoggeranno nessuno dei candidati del Pd. Cracolici e Lumia hanno invece deciso di puntare tutto sul giovane Fabrizio Ferrandelli, ex Idv appena messo alla porta da Orlando, pure lui censore della Borsellino: “Palermo non può avere un sindaco come la Borsellino, qui il lavoro da fare sarà durissimo, troppo per una persona di 67 anni”.

A chiudere il cerchio c’è poi Antonella Monastra, ginecologa già consigliera comunale, che è espressione della società civile. Come lo è la Borsellino del resto. Ma come anche Faraone. E ovviamente pure lo stesso Ferrandelli. Oltre alla medesima “estrazione civile” i quattro candidati alle primarie condividono poi anche il colore sociale della compagna elettorale: tutti hanno infatti puntato sull’arancione che tanto bene portò a Pisapia e De Magistris.

E con il medesimo auspicio tutti sgomitano in vista del 4 marzo, data in cui sarà assegnato l’alloro della nomination democratica. In palio c’è la possibilità di amministrare Palermo, comune con 22 mila dipendenti, un grosso problema con la spazzatura, le aziende municipalizzate sul lastrico, e debiti fuori bilancio per quasi 280 milioni di euro.

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