Spero che non ci sarà qualcuno che mi venga a dire che getto il sasso e nascondo la mano. Perciò dico subito che parlo di Siria. Parlo di manifestazioni popolari che volevano, in Siria, un anno fa, le stesse cose che volevano a Tunisi, al Cairo, a Sanaa, a Manama, a Bengasi (e probabilmente a Rhiyadh, a Doha, a Madinat, se solo avessero avuto il tempo di farlo sapere prima di essere massacrati).

Poi vennero le guerre civili, bene armate e fomentate dall’esterno, vuoi dalla Nato, vuoi   dall’Arabia Saudita e dal Qatar, con l’aiuto della Turchia.

E quindi oggi parlo del generale Petraeus, capo della Cia, che invia centinaia di agenti nelle confinanti regioni dell’Iraq, per assoldare combattenti che vadano a rinforzare le fila dei ribelli “siriani” armati contro il “dittatore sanguinario” di turno. Parlo dei 2000 combattenti, guidati dai tagliagole di Bengasi che dalle nostre parti definiamo di Al Qaeda, che partono dalle basi in Turchia per andare a sparare contro Bashar Assad.

Parlo dei mercenari, pagati con i denari dell’Arabia Saudita, che partono dalla frontiera libanese, per fare altrettanto.

Questo è il vero, secondo il mio modesto parere.

Poi, dopo avere letto i giornali italiani e visto le tv dell’Occidente, e quelle in arabo dei dittatori amici dell’Occidente, mi viene in mente Guy Debord, quando, poverino, quarant’anni fa, diceva che il falso non basta, perché, prima o dopo, lo si scopre. E invitava a stare in guardia contro l’arte più raffinata: quella di “usare il vero come un momento del falso”. Debord un pò s’illudeva, perché intanto non è vero che il falso lo si scopre prima o poi. Certe volte non lo si scopre più. Certe altre lo si scopre troppo tardi. Quindi raccontare il falso a qualche cosa serve.

Ma aveva ragione Debord, nella sostanza, perché quando il vero diventa un momento del falso, un tassello del falso, un pezzo del falso, allora è proprio impossibile raccapezzarsi.

E’ in questa melassa insulsa e indigesta che milioni di italiani sono immersi tutti i giorni. Perfino Sanremo, che è stato per decenni straordinariamente, integralmente, fantasticamente falso (e come tale è stato il ritratto fedele dell’Italia dominante, travestita da nazional-popolare) si è adeguato alla mescolanza, allo spurio, all’inciucio psico-politico-culturale.

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