Più che un amarcord o un album nostalgia, il tentativo di sistematizzare cento anni di avvenimenti, fatti, spunti di cronaca, di storia, di eventi sociali, economici, culturali e sportivi: da Carducci a Guazzaloca, passando per Zanardi e Arpinati, Kenzo Tange e Renzo Imbeni. Praticamente un enciclopedia che si snoda anno per anno, mese dopo mese, foto dopo foto, per un totale di oltre 500 pagine, compresa una ricca bibliografia tematica e dettagliati indici di nomi e luoghi.
“Abbiamo cercato di costruire un importante ragionamento di storia cronologica e filosofica”, spiega Ferri, “per dirla coi francesi, una sorta di histoire evenementelle, quindi un tentativo di adottare un taglio aderente ai fatti, che permette di evitare ogni interpretazione arbitraria della realtà del passato, filtrata dalla mentalità di oggi”.
Una bussola che potrà servire soprattutto alle nuove confuse generazioni: “una guida per informare i giovani di cosa hanno vissuto nel bene e nel male i loro padri. Un collage essenziale che speriamo possa servire a capire meglio il presente. Infatti ciò che promana il libro è lo spirito del tempo, lo stesso che esala dalle pagine dei giornali di ogni giorno dell’anno per oltre venti lustri analizzati”.
Già un novecento che vede nel capoluogo regionale gli stimoli e gli spunti per un modello politico e sociale che verrà esteso al resto dell’Emilia Romagna e perfino di buona parte d’Italia. Con una rinascita economica del dopoguerra e il traino del Partito Comunista Italiano, Bologna diventa idealtipo di un possibile sviluppo urbanistico e sociale armonioso ed egualitario, fino alla crisi evidente che ne coglie le fondamenta sul finire del secolo: “Ho lavorato al fianco di Guido Fanti in regione”, racconta commosso Ferri, “e lui anche recentemente ci ha ricordato: noi comunisti avevamo l’obbligo di aprirci a chi voleva un buon futuro per la città. Fanti era un comunista vero che ci ha lasciato un testamento politico che Jenner Meletti ha raccolto in un’intervista pubblicata in fondo al volume, assieme a quella di Romano Prodi, a monsignor Vecchi e a Fabio Roversi Monaco”.
Nessuno dei tre è mai stato comunista, anzi. Ecco allora la fase di trapasso, quella rosa più che rossa degli ultimi vent’anni di secolo bolognese: “Io però sono ottimista. Il sindaco Merola è nato nel Pci e riuscirà a dare un senso al futuro di questa città, viene da quella idea politica di rigore che si rifà ai tempi di Fanti”. Un futuro di città che passa anche attraverso le grandi e contestate opere di trasporto pubblico come Civis e People Mover: “Il Civis non si farà più e il People Mover non credo. Comunque la progettualità non passa solo da questo e si incanalerà su altri strade”.
Infine un inciso per Bolognamondo, l’associazione che sta per diventare fondazione (“speriamo che l’assessore Ronchi butti un occhio ai nostri progetti”) e che vuole aprire un museo permanente sulla storia dell’Africa a Bologna: “Si chiamerà African Culture Project e sarà più simile alla sezione africana del British Museum piuttosto che ai musei francesi sull’argomento. Un’impostazione storica più che estetica. Vogliamo capire la civiltà di quei popoli di cui non sappiamo niente, se non qualche scampolo di storia colonialista”.