Le minacce di Monti? Non sono una novità. E’ la risposta di Susanna Camusso, segretario nazionale della Cgil di Modena rispondendo alle dichiarazioni del presidente del Consiglio Mario Monti. Il professor Monti, infatti, è stato chiaro riguardo la riforma del mercato del lavoro: “La riforma si farà, con o senza l’accordo delle parti sociali!, ha detto ieri a Piazza Affari.
Parole che hanno la chiara melodia della minaccia per la numero uno di Cgil, la quale, presente a Modena in occasione dell’incontro con gli studenti e ricercatori dell’Università di Modena, ha affermato: “Io penso che minacciare non serve mai, dopodiché noto che non è neanche una particolare novità. Il presidente del Consiglio questa cosa l’ha detta molte volte, noi continuiamo a insistere sul fatto che su una materia così complessa com’è l’ingresso al lavoro e come sono gli ammortizzatori è bene fare un accordo con le parti sociali”.
Entrando nel merito della trattativa con il Governo, dunque, la Camusso, reduce dall’incontro di ieri, sembra essere tassativa: “Non si può fare una riforma degna di questo nome se non ci sono le risorse”. Secondo la Camusso la discussione sulla riforma deve essere incentrata su due cardini: “La riduzione delle forme di ingresso nel mercato del lavoro e il maggior costo del lavoro cosiddetto flessibile. Inutile dire che su questo tema il mondo delle imprese ha sollevato il tema dell’aumento del costo del lavoro, dimenticando però di dire che hanno falsato i conti con l’utilizzo del lavoro precario”.
Nel prossimo incontro al ministero del Lavoro, dunque, “ci aspettiamo – ha proseguito la Camusso – un taglio diverso da quello che abbiamo visto ieri, e cioè un’idea che si investano delle risorse per rendere gli ammortizzatori universali. Quando si dice un ammortizzatore universale bisogna anche indicare quanto vale, quanto dura, come lo si matura. Ma soprattutto se l’idea che ha espresso il Governo è quella di una riduzione della spesa è chiaro che lo strumento non è universale e la risposta non è sufficiente. Perché se si distribuiscono le stesse risorse su una platea più ampia è normale che si abbassino le tutele”.
Ora “il lavoro che stiamo facendo anche in questa trattativa con il Governo è che si riduca la precarietà e che si determinino gli elementi di tutela – aggiunge la leader della Cgil senza sottrarsi al mea culpa di aver cominciato, con la sua organizzazione sindacale, a discutere troppo tardi delle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro – poi probabilmente ragioneremo anche di come in una stagione di crisi come questa i giovani hanno pagato il prezzo più alto spesso appunto anche senza coperture degli ammortizzatori e come si individua lo strumento universale”.
Un cenno, doveroso, anche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, “una norma deterrente – ha detto la Camusso – che tutela tutto il sistema di lavoro, non il singolo, con un efficacia che va oltre la norma stessa, nata per evitare che un lavoratore venda anche il cervello insieme alla forza lavoro”.
A chi tra il pubblico della facoltà di giurisprudenza di Modena, invece, le “rimproverava” la divisione con le altre sigle sindacali e la canalizzazione in circoscritte aree ideologiche-politiche, la Camusso è perentoria: “Io rivendico il diritto di avere delle idee diverse dal Presidente del Consiglio e dei suoi ministri che ci hanno governato fino a qualche mese fa. Oggi sembra essersi affermata un’unica ideologia liberista, facendo scomparire le altre, la quale però ci ha portato a sbattere contro il muro”.
Sulle frasi della Marcegaglia che ha accusato il sindacato di difendere i fannulloni, Camusso a nome della Cgil è altrettanto dura: “”Come fa Marcegaglia a dire di volere un sindacato che non protegge assenteisti cronici, ladri e chi non fa il proprio lavoro è davvero troppo”. Sono “affermazioni non vere che offendono il ruolo del sindacato confederale. Sarebbe meglio che tornasse subito indietro e smentisse”.