Giancarlo Caselli è un uomo giusto e coraggioso. Anche per questo, durante la sua carriera, in molti avrebbero voluto fargli la pelle: i terroristi, i mafiosi e, in modo figurato ma assai pericoloso, un pezzo importante della politica e dei media. Le minacce che oggi arrivano da una parte dell’area antagonista, insomma, non gli fanno e non gli devono fare paura.
Chi ha invece da temere è il grande, e in maggioranza pacifico, movimento No Tav. I blitz anti-Caselli durante i dibatti pubblici, le contestazioni pianificate a tavolino che costringono gli organizzatori ad annullare gli incontri nelle librerie, le scritte sui muri del tipo “Caselli infame” o “Caselli brucerai”, non c’entrano col diritto di critica e sono anzi destinate ad avere un’unica conseguenza. Spingeranno l’opinione pubblica a voltare le spalle alle (buone) ragioni di chi manifestando si oppone non solo un’opera nata vecchia, inutile e costosa, ma anche alla scandalosa militarizzazione della Val di Susa. Di questo il movimento deve tenere conto: senza consenso, qualsiasi lotta è destinata a fallire.
Il movimento deve poi ricordare che agli arrestati per la guerriglia della scorsa estate non sono stati contestati reati associativi, ma solo specifici episodi di violenza. Un evidente segnale di come la procura di Torino non punti a criminalizzare il dissenso. Non capirlo non è solo sbagliato. È stupido. E gli stupidi, come i violenti, di strada ne fanno poca. Anche, e soprattutto, tra le montagne della Val di Susa.
Il Fatto Quotidiano, 21 febbraio 2012