I numeri non fanno impressione: freddi e lontani dalle abitudini di chi viene minacciato, eppure la speranza non si arrende. Nel 2010 un italiano su quattro era a rischio povertà. Un anno dopo la povertà è arrivata. E la disperazione esaspera le diversità che dividono l’Italia dei Suv dall’Italia dalle mani vuote. Professori precari in fila alla Caritas vestiti con la dignità che l’insegnamento pretende. Non stracci che frugano le pattumiere delle villas miserias o mosche sulle labbra come bambini africani. Raccolgono la minestra nel piatto di plastica con lo smarrimento di chi è precipitato nel girone degli espulsi mentre il mondo appena perduto continua con le sue farfalle.

Noi che raccontiamo le storie degli altri abbiamo raccontato la stessa angoscia in posti lontani: il cartello appeso al collo della ragazza dagli occhi vuoti nelle favelas di San Paolo, Brasile (“Offro un rene”), o i sospetti sussurrati da un missionario attorno a Dakka, Bangladesh (“portano via i bambini per venderne gli organi). Le leggi lo proibiscono, ma le polizie chiudono gli occhi e i medici dalle cliniche discrete rinsanguano vecchi benestanti rubando un po’ di vita ai donatori affamati.

India, Zimbabwe o Kosovo non appartengono all’Europa dalla civiltà cristiana. A Roma o in Brianza mai e poi mai. Invece, la sorpresa. Ignazio Marino, senatore Pd, aveva proposto una legge sepolta chissà dove: sottolineava la differenza tra espianti da donatori e trapianti sollecitati da chi paga. Nelle mani del chirurgo arrivano organi di provenienza misteriosa da qualche tempo offerti anche nell’Italia senza lavoro, appelli nascosti dalle censure e dal buon cuore di chi apre il portafoglio non sopportando l’orrore. Storie superate: il bazar della disperazione ormai non si nasconde.

La rete ne è il mercato bene illuminato. Siti frequentatissimi come Annunci Urgenti (www. soloinaffitto.it) raccomandano: “Non vergognarti, scrivi. Ricordati di inserire il recapito mail: se non lo metti nessuno ti potrà aiutare”.
Chi scrive cerca soldi. Chi scrive è disposto a tante cose. “Nico, offre rene, parti di fegato, midollo, sangue. Mi rivolgo a questo sito come ultima speranza. Non ho ancora trovato un lavoro decente. Ho bisogno di soldi per continuare a vivere, soldi da dare alla famiglia. Posso mandare gli esami dell’ospedale: ottima salute, 15 mila euro”.

Intanto la crisi continua: l’anno venturo cosa venderà? Gerardo (“42 anni, disperato”) ne chiede 20 mila. Dopo la firma, indirizzo mail. Quindi non proletariato senza parole, ma uomini e donne col computer sul tavolo, libri alle spalle, borghesia minuta che si aggrappa all’ultima illusione. Un signore si convince di quanto sia insensata questo tipo di esistenza e vorrebbe lasciare qualche soldo alla famiglia con l’allucinazione di un annuncio che avvilisce ogni ragione: “Vendo al miglior offerente la possibilità di riprendere in diretta il mio suicidio. Trattativa seria e professionale”.

Prima di tagliare le casse integrazioni, la signora Fornero dovrebbe dare un’occhiata per capire come è ridotta la gente umiliata da un “risanamento” che rallegra gli gnomi della finanza anche se il prezzo è questo. È normale che appelli estremi possano rincuorare vecchi commendatori alla ricerca di pezzi di ricambio? Robuste raccomandazioni hanno chiuso il sito Vajont: “offendeva” l’onorevole Paniz, avvocato salva Berlusconi, e lo Scilipoti dai variopinti ingegni. Ma non è tollerabile che negli spazi della disperazione si offrano traffici morbosamente fuori legge. E nessuno si indigna davvero. Cancellarli e basta non serve se i professori al governo non ascoltano la folla che si allarga, si allarga, ormai disposta a tutto.

Il Fatto Quotidiano, 21 febbraio 2012

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