Il comitato referendario restituisce una parte dei soldi della campagna finanziata con le donazioni dei cittadini. Carsetti, Forum: “Con quello che resta finanziamo le campagne per l’attuazione dell’esito, ancora disatteso, dei referendum”
Il rimborso elettorale? Torna nelle tasche dei cittadini. Parola del Comitato Referendario “2 Sì per l’Acqua Bene Comune”. Dopo aver stravinto il referendum per l’acqua pubblica a giugno dello scorso anno, il Comitato comincerà da domani a restituire i soldi ricevuti per la raccolta fondi. “Tra campagna raccolta firme e campagna elettorale abbiamo raccolto in totale circa 450mila euro”, spiega Paolo Carsetti del Forum Italiano dei movimenti per l’acqua. “E ora li restituiamo a chi ha creduto in questa battaglia”. Perché la loro, spiega, è stata una “campagna di autofinanziamento partecipativo in cui abbiamo chiesto ai cittadini un prestito”. Se da un lato il Movimento 5 Stelle i rimborsi elettorali non li accetta proprio (o finanzia progetti con gli emolumenti degli eletti), il Comitato qui aveva chiesto di finanziare una battaglia, scommettendo sulla vittoria: “E in caso di vittoria avremmo restituito quanto avevano versato”.
Vittoria raggiunta, rimborso incassato e scommessa vinta. Ed ecco che da domani prenderanno il via le restituzioni, attraverso la Banca Etica dove il Comitato ha il suo conto. Una promessa, un contratto con i sottoscrittori: questo è stato il finanziamento della campagna per i referendum sull’acqua che, insieme a quello sul nucleare, a giugno hanno visto il voto di 26 milioni di italiani. Quella del Forum, spiegano, è “la prima totalmente sostenuta dai cittadini e dalla società civile”. E senza bandiere di partito. “Ci sono arrivate moltissime sottoscrizioni attraverso il sito”, raccontano i referendari. “Chi voleva sostenere la campagna referendaria con almeno 50 euro sottoscriveva un contratto che impegnava il comitato a restituire i soldi in caso di vittoria”.
Il tempo di rispettare quell’impegno è arrivato: il rimborso elettorale dello Stato ammonta a più di un milione di euro. La legge, infatti, prevede che venga restituito un euro a firma raccolta fino ad un massimo di 500mila (firme, ovvero il quorum, ed euro). Il comitato allora aveva raccolto 1 milione e 400mila firma per tre quesiti, due dei quali alla fine ammessi alla consultazione referendaria. Restituiti i soldi ai “finanziatori” (100mila euro raccolti con le sottoscrizioni dei cittadini e 350mila delle realtà del comitato promotore: una miriade di associazioni, dai sindacati ai piccoli gruppi di acquisto), restano quindi nelle casse del Forum più di 550mila euro. Anche qui la promessa è di massima trasparenza. Il bilancio consuntivo al 31 dicembre 2011 della Campagna referendaria Acqua bene comune è pubblico e consultabile on line.
E il resto dei fondi servirà per le prossime campagne del comitato. Come quella, già partita, di “Obbedienza civile”: pagare le bollette, relative ai periodi successivi al 21 luglio 2011, applicando una riduzione pari alla componente della “remunerazione del capitale investito. Tradotto: se l’esito del referendum non viene applicato dalle istituzioni e dalle aziende, ci pensano i cittadini a pagare a norma di legge. “Dobbiamo portare avanti tutte le iniziative e le campagne per l’attuazione degli esiti referendari ad oggi disattesi”, spiega ancora Carsetti, “anche con l’ultimo decreto sulle liberalizzazioni e i suoi emendamenti”. La campagna Obbedienza civile, ad esempio. Per arrivare “a una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico con il finanziamento di manifestazioni, mobilitazioni territoriali o nazionali, convegni, materiali vari di promozione”. Non solo: “Ahinoi – conclude Carsetti – saremo anche costretti a fare azioni legali di fronte ai Tar viste le delibere degli Ato in cui viene inserita ancora la remunerazione del capitale investito abolita col referendum”.
di Angela Gennaro