E’ arrivato questa mattina a New Delhi il sottosegretario agli esteri Staffan De Mistura, partito ieri dall’Italia con l’incarico di mediare per una rapida soluzione della vicenda dei due fucilieri di Marina del battaglione San Marco Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, in stato di custodia giudiziaria fino al 4 marzo perché sospettati dalle autorità indiane di aver ucciso due pescatori.
Con grande enfasi il Times of India ha riportato le parole di De Mistura a margine del colloquio con la viceministra degli esteri indiana Preneet Kaur, che si occupa dei rapporti con l’Occidente: «Riconosciamo che due pescatori indiani sono morti, non c’è alcun dubbio su questo ed è motivo di grande tristezza. Prendiamo questo evento con grande serietà – ha detto ancora De Mistura – ma l’incidente è avvenuto in acque internazionali e le indagini dovranno accertare l’esatta posizione della nave italiana».
«Prendiamo atto delle parole del sottosegretario De Mistura – ha commentato Kaur ai media indiani – Ma per quanto riguarda le questioni di legge, gli italiani hanno la loro interpretazione, noi la nostra». Su un punto i due diplomatici si sono trovati però d’accordo: l’incidente è avvenuto in acque internazionali, anche se ciò non sposta di molto la controversia di diritto.
Il primo aspetto legale che l’India vuole fare valere, infatti – secondo l’analisi del quotidiano The Hindu – è che nel suo codice penale qualsiasi reato commesso contro una nave indiana «ovunque si trovi» deve essere trattato da un tribunale indiano. Secondo, l’Italia sta cercando di far passare la tesi che – stando all’articolo 97 della Convenzione Onu sulla legge del mare (Unclos) – in caso di incidenti le indagini sono attribuite alla nazione la cui bandiera era issata sulla nave e/o alla nazione di appartenenza dei presunti autori di un reato. In entrambi i casi, per la vicenda della Enrica Lexie, sarebbe l’Italia. L’India, però, sostiene che questo articolo si applica solo agli incidenti veri e propri e non a quello che per le autorità del Kerala rimane un atto deliberato. Infine, l’Italia rivendica la possibilità, in base agli accordi per la lotta alla pirateria, di compiere azioni contro i pirati. L’India, invece, sostiene che questo diritto esiste ma solo in capo alle navi militari e non vale per nuclei militari a bordi di navi mercantili.
Le divergenze, dunque, sono profonde e sono complicate dal fatto che non ci sono precedenti bilaterali a cui fare riferimento. E’ un caso “perfetto” del ginepraio normativo in cui si trovano immersi gli stati quando si tratta di lotta alla pirateria e di regolare controversie legate alla navigazione in alto mare: ogni stato ha le sue leggi, che si estendono al “territorio” galleggiante (le navi battenti bandiera nazionale), con pochissime norme di carattere internazionale condivise.
Oltre alle trattative diplomatiche, prosegue anche la battaglia legale per ottenere la liberazione dei due marò. Il collegio difensivo dei due soldati ha presentato un ricorso all’Alta Corte dello stato del Kerala per annullare il provvedimento di custodia giudiziaria emanato lunedì dal giudice K. P. Roy di Kollam. Il ricorso si è reso necessario perché domani è prevista una nuova udienza, che potrebbe decidere di trasformare il fermo giudiziario in arresto. La tesi è che la polizia del Kerala non ha giurisdizione su un incidente avvenuto fuori dalle acque territoriali indiane.
Ieri sera, intanto, la International Chamber of Commerce ha confermato di aver ricevuto dalla nave greca Olympic Flare la segnalazione di un attacco di pirati nello specchio di mare vicino a quello dove transitava la Enrica Lexie. La notizia di questa segnalazione era stata smentita ieri pomeriggio dalle autorità marittime elleniche. La conferma dell’ICC – che ha un registro apposito per questo tipo di segnalazioni – è un sostegno a quanto sostenuto dai due marò, cioè che i colpi sparati non erano diretti contro il peschereccio St. Anthony ma contro un’altra imbarcazione, che ha tentato un abbordaggio e poi si è allontanata dalla Enrica Lexie senza danni o feriti a bordo.
di Joseph Zarlingo