Parla Giancarlo Manti consigliere regionale del Pd. Fu lui a sollevare dubbi su alcune candidature per le regionali. Dubbi rimasti inascoltati dal presidente Burlando. "Non fu una decisione felice - dice -. Doveva esserci maggiore attenzione sul controllo dei candidati"
‘Ndrangheta e politica. Boss e sostegno elettorale. Capita in Liguria. Lo raccontano le ultime inchieste della magistratura e le denunce dell’associazione Casa della legalità. Dal Comune alla Regione, pacchetti di voti spostati e decisioni prese ai tavolini dei ristoranti in Riviera. Eppure ancora manca qualcosa. Manca la politica, al di là della mafia. Che cosa sapeva la politica, ad esempio, prima delle regionali del 2010? Già molto, anche se le indagini erano ancora coperte dal segreto. E questo perché nomi e vicende per chi vive sul territorio sono notizie note al di là delle carte giudiziarie. Ma ora in Liguria è successo qualcos’altro: il ministero dell’Interno ha sciolto due comuni per infiltrazioni mafiose: prima Bordighera, poi Ventimiglia. Nel settentrione non era mai successo. L’ultima volta capitò a Bardonecchia ma era il 1995 e parlare di mafia al nord era un tabù. Oggi, dunque, i riflettori sono tornati ad accendersi. Con loro anche l’attenzione sul fenomeno. Se ne occupano i giornali. Ma anche la politica che adesso svela un particolare ancora rimasto inedito.
Eccolo: prima delle regionali del 2010 ombre e sospetti su alcuni candidati furono portati all’attenzione dell’entourage del presidente Claudio Burlando. “E nulla accadde”, racconta il consigliere regionale Giancarlo Manti, all’epoca dei fatti segretario provinciale del Pd. “Se ne parlò più volte – prosegue – e la questione certamente arrivò a livello regionale”. Sul piatto la vicenda politica di Fortunata Moio, figlia di Vincenzo Moio, ex vicesindaco di Ventimiglia coinvolto nell’ultima indagine su ‘ndrangheta e politica in Liguria. Per lei si spende il numero due della ‘ndrina di Genova, quel Domenico Belcastro, arrestato nell’operazione Crimine del luglio 2010, le cui parole vengono intercettate nel negozio di ortofrutta del boss Mimmo Gangemi a Genova ma anche nella lavanderia dei Commisso a Siderno.
Nel frangente si parla di appoggi elettorali. E quello alla Moio, promesso da Belcastro al padre Vincenzo Moio, crea non poca tensione all’interno dell’organizzazione, visto che il capo, dopo un summit a 15, ha già deciso che il candidato delle cosche non sarà Fortunata Moio. Cosa avviene dopo? Leggiamo le parole dei magistrati: “L’appoggio elettorale sul collegio di Genova si realizzava su due fronti: da una parte vi era Domenico Gangemi che appoggiava il candidato Aldo Praticò mentre, dall’altra, Domenico Belcastro sosteneva la candidata Fortunata Moio”. La ragazza si presenterà in appoggio a Burlando nella lista Federazione Pensionati Alleanza Democratica. C’è di più e lo racconta lo stesso Gangemi riferendo che Vincenzo Moio “si sarebbe recato in Calabria per informare qualcuno della candidatura della figlia ed ottenerne l’appoggio incondizionato”. Belcastro ne parla con Rocco Lumbaca. “L’ambasciata – riferisce Lumbaca a Gangemi – è arrivata da una femmina, ce l’hanno portata qua a Genova”.
Insomma, le operazioni della ‘ndrangheta tra gli ultimi mesi del 2009 e le prime settimane del 2010 sono in pieno svolgimento. “E noi come segreteria provinciale – dice Manti – abbiamo fatto presente che c’era un possibile problema legato a Moio, già vicesindaco del Pdl a Ventimiglia e che la persona era chiacchierata”. Il messaggio, dunque, arriva. Ma non succede nulla. E la candidatura di Fortunata Moio, che non è indagata, “non fu una decisione felice”. Responsabilità di Burlando? Manti non lo dice esplicitamente ma “certo doveva esserci una maggiore attenzione nel controllare chi c’era in lista”.
E del resto la vicenda Moio non è l’unica a sollevare dubbi sulla gestione delle elezioni regionali da parte del presidente Burlando. In quel 2010 con la sua lista Marco Bertaina (poi non eletto) appoggia il centrosinistra. La sua storia politica, nata nel Pd, a un certo punto si scontra con lo stesso Partito democratico. “Il problema era politico”, dice Manti. E il problema sta nella scelta di Bertaina di creare una lista civica per le comunali di Camporosso, lista che incontra il favore e l’appoggio dello stesso Moio e di altri politici del Pdl locale. Ma c’è dell’altro e l’indicazione arriva direttamente da Manti (“Scorra i nomi di quella lista”): Bertaina alle provinciali si candida con una formazione propria che tiene dentro non solo Vincenzo Moio ma anche il geometra Ettore Castellana (vicino al presunto boss del ponente ligure Giuseppe Marcianò) recentemente condannato in primo grado assieme ad Annunziato Roldi per l’attentato all’imprenditore ligure Piergiorgio Parodi. Dalle intercettazioni emerge che anche Roldi era impegnato in politica, e appoggiava il candidato del Pdl Alessio Saso.
Il nome di Parodi è legato alla costruzione del porto di Ventimiglia, un grosso affare citato come esempio di infiltrazioni mafiose nella lettera di tre pagine con cui il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri illustra al presidente della Repubblica i motivi dello scioglimento del comune di Ventimiglia. E dove si legge: “Sussitono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi”.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LE PRECISAZIONI DEL CONSIGLIERE MANTI
1) il titolo e l’articolo sono totalmente fuorvianti rispetto all’intervista da me rilasciata telefonicamente, in quanto non ho parlato di n’drangheta nelle liste regionali, né del fatto che non si fece nulla al riguardo
2) dall’intervista sono state estrapolate frasi inserite in un contesto diverso e molto più complesso che alla fine mi fanno affermare cose diverse da quelle da me sostenute
3) ho dichiarato che, a livello locale, alcuni esponenti ed iscritti del Pd avevano manifestato malumore per l’appoggio politico che alcune persone provenienti dal centrodestra avevano palesato con dichiarazioni pubbliche alla coalizione di centrosinistra (tra cui l’ex vicesindaco di Ventimiglia Moio
4) tale malumore è rimasto confinato al “pour-parler”, è sempre stato tutto politico e mai è emerso in riunioni ufficiali e comunque io personalmente non ne ho mai parlato col Presidente Burlando o con altri dirigenti regionali del PD
5) nell’articolo viene citato l’ex sindaco di Camporosso Marco Bertaina come candidato non eletto nella lista regionale “Noi con Burlando”; ciò non corrisponde a verità (basta consultare le liste presentate sul sito del Ministero dell’Interno). Vero è invece che Bertaina presentò una lista autonoma, distinta dal centrosinistra, alle concomitanti elezioni provinciali di Imperia della quale lui era il candidato presidente
6) i fatti in questione si riferiscono al periodo della campagna elettorale per le Regionali 2010 che si svolsero a fine Marzo, quindi ben prima che fossero rese note le indagini della magistratura e delle forze dell’ordine, per cui è palese che né io, né altri avremmo potuto informare i vertici regionali su eventuali infiltrazioni della n’drangheta nel Ponente ligure.
In definitiva, l’articolo pubblicato nel Vs. giornale, mescolando problematiche esclusivamente politiche a fatti o persone posti successivamente sotto indagine della magistratura, distorce la verità di quanto da me dichiarato, producendo una sintesi, esposta nel titolo dell’articolo, assolutamente infondata.
RISPOSTA DELL’AUTORE
Le parole del consigliere trascritte nell’articolo non sono state certamente manipolate. Il punto dell’intervista riguardava le elezioni e le ombre su alcuni candidati, al di là dei rapporti con le ‘ndrine. Tanto più che, come scritto, le indagini all’epoca delle elezioni erano ancora coperte dal segreto. L’unico errore, corretto con segnalazione di aggiornamento del pezzo, è la presenza di Bertaina nella lista di Burlando. Peraltro non viene mai detto che dubbi e ombre sui candidati furono portati all’attenzione del presidente Burlando, bensì a “livello regionale”.
Articolo aggiornato il 23 febbraio 2012 alle ore 15,16