Ci sono voluti tre mesi di annunci a vuoto e mezze verità, alla fine però Mario Monti ce l’ha fatta. Ha mantenuto la promessa. Redditi, patrimoni, incarichi professionali e societari di ministri, viceministri e sottosegretari sono online, pubblicati sui siti Internet del governo e dei ministeri. Non è una novità di poco conto. Tanto più in un Paese come l’Italia in cui la classe politica non ha mai brillato per trasparenza di atti e comportamenti. Di tutto questo va dato atto al presidente del Consiglio.
Governo da dieci e lode, allora? No, perché l’operazione promossa da Monti è riuscita soltanto a metà. Il primo buco, clamoroso, riguarda lo stesso Monti la cui dichiarazione è stata pubblicata alle 23. Un ritardo che appare difficile da giustificare. In molti casi, poi, le schede pubblicate ieri non risultano chiare e neppure esaustive. Alcune sono dettagliate, altre omettono dati importanti. Primo tra tutti il reddito percepito prima di approdare al governo. Troppo facile segnalare solo il compenso da ministro, come ha fatto, per esempio, Vittorio Grilli, vice di Monti all’Economia. Come lui anche la responsabile degli Interni, Maria Cancellieri. Nessuna trasparenza sul passato anche per il titolare dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi. Stesso discorso per Michel Martone, viceministro del Lavoro, quello dell’infelice battuta sui laureati ventottenni “sfigati”.
Non è solo una questione di redditi. Il ministro della Giustizia, Paola Severino, ci informa che oltre ai suoi guadagni (7 milioni) da principe del foro vanta anche crediti per onorari maturati fino al 16 novembre 2011. Trasparenza vorrebbe che Severino svelasse l’ammontare di questi crediti e l’identità dei suoi debitori, visto che la lista dei suoi (ex) clienti comprende banchieri e imprenditori di primo piano. Anche il sottosegretario alla Giustizia Andrea Zoppini, pure lui avvocato, reddito 2010 di quasi 1,5 milioni, vanta crediti professionali. A quanto ammontano? No si sa. Zoppini, si legge nella sua scheda, “ha dato incarico a una società di revisione di certificare l’inerenza di tali crediti all’attività svolta prima dell’assunzione della carica di governo”. Calcoli complessi, a quanto pare.
Per evitare equivoci sarebbe bastato fornire agli interessati un formulario uguale per tutti. Invece solo alcuni ministri hanno presentato schede omogenee. Altri se la sono cavata con una dichiarazione “fai da te”, del tipo di quelle presentate da Grilli, dal ministro del Lavoro Elsa Fornero e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Peluffo. D’altra parte non manca neppure chi, con encomiabile sforzo di trasparenza, ha messo online per intero anche la propria dichiarazione dei redditi (Unico o 740). È il caso dei ministri Fabrizio Barca (Coesione territoriale), Piero Gnudi (Affari regionali, Turismo, Sport) e Andrea Riccardi (Cooperazione internazionale). Per altri, invece, l’operazione trasparenza è fallita del tutto. Non sarà colpa sua, ma ieri a tarda sera il link che avrebbe dovuto aprirsi sulla situazione patrimoniale del sottosegretario alle Infrastrutture Guido Improta portava a una scheda vuota.
Tutta da spiegare è anche la dicitura “Non di interesse” che compare a fianco di alcune voci della scheda presentata da sottosegretari come Filippo Milone (Infrastrutture) e Roberto Cecchi (Beni culturali). Che vuol dire “non di interesse”? Forse i dati in questione sono di valore trascurabile? E allora nel dubbio non era meglio specificare? Milone per esempio aveva incarichi in società del gruppo Ligresti. Dalla sua scheda non si capisce se abbia dato le dimissioni oppure no.
Il Fatto Quotidiano, 22 febbraio 2012