Spesso la pubblicità ci trasmette stereotipi sulle differenze fra uomini e donne e fra ruoli professionali che sono tanto più sottili e infide quanto più sembrano normali e rassicuranti.
Prendi ad esempio l’ultima campagna stampa di Vodafone. Nell’immagine «Ti meriti molto più di un normale Call Center», lui è il manager, l’uomo d’azienda, lei lavora al call center. Proviamo a immaginare se Vodafone avesse fatto il contrario, mettendo un ragazzo carino in cuffia e una donna adulta nel ruolo di chi beneficia dei servizi del call center: in tempi di crisi e precariato giovanile, sarebbe stato come mettere un dito sulla piaga e forse l’immagine avrebbe sollevato un polverone. Messa così, nessuno si stupisce né si lamenta: è considerato normale che le donne stiano in ruoli precari e sottoposti, anche se di fatto nei call center lavorano pure molti ragazzi, non solo ragazze.
Nell’immagine «Ti meriti molto più di un’innovazione qualunque», al giovane uomo spetta l’innovazione, rappresentata dal tablet, al più anziano il comando, espresso dal gesto illustratore e dalla postura dominante, alla giovane donna, che è facile immaginare come segretaria o comunque sottoposta, spetta l’ascolto compiacente, perché sorride e guarda dal basso verso l’alto.
I ruoli sono meno rigidamente tradizionali nell’annuncio «Ti meriti molto più di un semplice venditore»: qui è la donna a vendere i prodotti Vodafone, il che implica che spettino a lei la maggiore competenza (almeno sull’offerta Vodafone) e il ruolo di conduzione nella trattativa, esattamente come potrebbero spettare a un venditore uomo.
Che vuol dire tutto ciò? Nel mondo reale i ruoli che vediamo in questa campagna possono (per fortuna) essere anche diversi, almeno nei paesi più evoluti: donne che comandano, leader non necessariamente avanti negli anni, anziani che ben si destreggiano con le tecnologie e l’innovazione. Ma gli stereotipi che la pubblicità e i media ci rimandano tutti i giorni – in questo come in mille altri esempi – stanno sempre un passo indietro rispetto alla realtà. E sommati gli uni agli altri, ripetuti ogni giorno, moltiplicati per strada, sui giornali e in televisione, contribuiscono a rinforzare un immaginario e una cultura arretrati, conservatori e a volte pure reazionari.
Per questo, in una realtà come quella italiana in cui statisticamente le donne lavorano meno degli uomini, quando lavorano guadagnano meno e stanno spesso in ruoli sottoposti, in un paese come il nostro che certo non si distingue per innovazione tecnologica né per ruoli di comando affidati ai giovani, è fondamentale che i cittadini – i «consumatori», come si dice – siano il più possibile consapevoli di quanto siano retrogradi gli stereotipi che circolano nella comunicazione di massa: serve a prenderne le distanze, a difendersene e guardare oltre. Ma sarebbe pure importante, per le imprese e le agenzie pubblicitarie, produrre immagini meno ingessate e tornare a essere più originali. Più creative, una buona volta.