A distanza di otto mesi si chiude il primo provvedimento a carico di uno degli 11 arrestati nell’inchiesta Green Money 2, che lo scorso giugno ha travolto il Comune di Parma per uno scandalo di corruzione e tangenti nella giunta guidata da Pietro Vignali in cui erano coinvolti dirigenti comunali, imprenditori locali e perfino il comandante della polizia municipale. Norberto Mangiarotti, imprenditore parmigiano del verde finito in manette con l’accusa di corruzione, ha patteggiato due anni di reclusione davanti al gup Alessandro Conti, dopo l’accordo con il pm Paola Dal Monte.
Secondo l’accusa Mangiarotti avrebbe costituito insieme a un altro imprenditore, Gianluca Facini (anch’egli finito in manette), la società Rossini Green allo scopo di ottenere appalti “pilotati”dal Comune. Con un accordo illecito stretto con il dirigente del settore Ambiente Emanuele Moruzzi e con il direttore di Engioi Ernesto Balisciano, la società avrebbe ottenuto per la manutenzione del verde e delle scuole pubbliche un appalto da 220mila euro. Cifra gonfiata appositamente, in modo che 80mila euro finissero direttamente nelle tasche di Moruzzi. Accordi illeciti sarebbero stati stretti anche per lavori sulla manutenzione delle fontane, delle rotatorie e dei piani di disinfestazione. Alla base, sempre lo stesso metodo collaudato: le gare pubbliche sarebbero state truccate con offerte fittizie più alte presentate da ditte compiacenti, in modo che a vincerle fosse sempre l’impresa amica del dirigente comunale.
Mangiarotti, arrestato a giugno, dopo una ventina di giorni in carcere era stato il primo ad ottenere gli arresti domiciliari e quindi la libertà grazie al suo atteggiamento collaborativo e alle ammissioni sulla sua colpevolezza. “Il mio assistito – chiarisce l’avvocato Sandro Milani – non ha collaborato con gli inquirenti e non ha dato nuovi elementi, come è stato più volte ipotizzato. Ha semplicemente ammesso subito le sue responsabilità e questo ci ha portato a chiudere la vicenda velocemente”.
Mangiarotti, che con il patteggiamento ha ottenuto lo sconto di un terzo della pena, probabilmente non tornerà in carcere. Siccome l’imprenditore è incensurato e la pena è inferiore ai tre anni, potrebbe richiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali.
di Silvia Bia