“Alla luce dell’analisi di questasentenza prenderemo decisioni per quanto riguarda il futuro”, il premier Mario Monti ha commentato così la sentenza con cui oggi la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per i respingimenti verso la Libia. “Questa sentenza sarà esaminata con la massima attenzione. Si riferisce a casi del passato”, ma anche “alla luce dell’analisi di questa sentenza prenderemo decisioni per quanto riguarda il futuro. Osservo inoltre che – ha concluso il premier – in occasione della mia recente visita a Tripoli questi temi sono stati oggetto di particolare attenzione”.

Nel cosiddetto caso Hirsi, che riguardava 24 persone nel 2009, non è stato in particolare rispettato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, quello sui trattamenti degradanti e la tortura. La Corte ha inoltre stabilito che l’Italia ha violato il divieto alle espulsioni collettive, oltre al diritto effettivo per le vittime di fare ricorso presso i tribunali italiani. L’Italia è stata condannata a versare un risarcimento di 15mila euro più le spese a 22 delle 24 vittime, in quanto due ricorsi non sono stati giudicati ammissibili. Secondo la Corte, l’Italia ha violato anche l’articolo 4 del Protocollo n.4 della Convenzione, che proibisce i respingimenti collettivi. “Il trattamento riservato a migrantie profughi messi in salvo è stato sempre conforme agli obblighi internazionali ed informato ai fondamentali principi di salvaguardia dei diritti umani”. Questo il commento della Farnesina che ha aggiunto: “Rispettiamo la sentenza di Strasburgo ma ne analizzeremo il verdetto”.

Il caso Hirsi risale a tre anni fa. Era “il 6 maggio 2009 a 35 miglia a sud di Lampedusa, in acque internazionali, le autorità italiane hanno intercettato una nave con a bordo circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea (tra cui bambini e donne in stato di gravidanza) – è scritto sul sito del Cir, il Centro italiano per i rifugiati – I migranti sono stati trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati a Tripoli contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione. I migranti non hanno avuto alcuna possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale in Italia. Di questi 200 migranti, 24 persone (11 somali e 13 eritrei) sono state rintracciate e assistite in Libia dal Consiglio Italiano per i Rifugiati e hanno incaricato gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani di presentare ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo”.

Oggi la Corte si è espressa ed ha condannato l’Italia. Si tratta di una decisione molto attesa, come confermavano le parole di Christopher Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati: “Sarà una sentenza storica, il verdetto sulla prima operazione di respingimento fatta dall’Italia – ha scritto Hein sul sito del Cir – Potrebbe vietare in modo definitivo e inderogabile le operazioni di respingimento di migranti intercettati o soccorsi anche in acque internazionali. La pronuncia della Corte marcherà un principio fondamentale di cui anche l’attuale governo non potrà non tenere conto nel rinegoziare gli accordi di cooperazione con il Governo di Transizione Libico”.

Dopo il respingimento, le condizioni di vita in Libia dei migranti respinti sono state definite “drammatiche”. “La maggior parte di essi è stata reclusa per molti mesi nei centri di detenzione libici ove ha subito violenze e abusi di ogni genere – ha scritto il Cir – Due ricorrenti sono deceduti nel tentativo di raggiungere nuovamente l’Italia a bordo di un’imbarcazione di fortuna. Altri sono riusciti a ottenere protezione in Europa, un ricorrente proprio in Italia. Prima respinti e poi protetti, a dimostrazione della contraddittorietà e insensatezza della politica dei respingimenti”.

“Oltre al giudizio che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo esprimerà sulle violazioni del diritto internazionale, dobbiamo comunque sottolineare che l’Italia ha una responsabilità morale diretta sulle conseguenze dei respingimenti – ha detto al Cir l’avvocato Anton Giulio Lana, legale dei ricorrenti insieme ad Andrea Saccucci – Le storie di violenza che i ricorrenti ci hanno raccontato, sono drammatiche. E’ evidente che i respingimenti sono stati la causa diretta per cui centinaia di rifugiati sono stati detenuti in Libia e per cui molti hanno perso poi la vita nel tentativo di raggiungere, di nuovo, l’Europa”. Secondo le stime dell’UNHCR (l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, ndr), nel 2011 sono stati circa 1.500 i migranti hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia via mare.

La Farnesina ha immediatamente sottolineato che “l’Italia è sempre stata fortemente impegnata in attività di ‘search and rescue’ in mare, che hanno permesso alle unità della Marina militare, della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza di salvare numerosissime vite umane. Nel frattempo, gli eventi nell’area mediterranea hanno portato a un significativo cambiamento del contesto politico complessivo e nel quadro dei rinnovati rapporti con i Paesi della Primavera araba, il tema delle migrazioni trova un posto centrale con eguale ed equilibrata attenzione sia all’accoglienza dei migranti legali sia al contrasto dei flussi e delle organizzazioni criminali che sfruttano tale traffico. In questo contesto, non può non avere una riconfermata centralità anche il pieno rispetto dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo, in un quadro di collaborazione con le organizzazioni internazionali operanti nel settore, in particolare – ha concluso la Farnesina – con l’Oim e l’Unhcr”.

Non si sono fatte attendere le reazioni della politica. Il primo a parlare è stato il senatore del Partito democratico, nonché segretario della Commissione Affari Europei, Roberto Di Giovan Paolo, secondo cui “quello della Corte europea dei diritti umani sui respingimenti fatti dall’Italia verso la Libia era un pronunciamento che ci aspettavamo e che getta un macigno sulle politiche immigratorie del governo Berlusconi, che ha ceduto alle pulsioni anti immigrati della Lega”. Sulla stessa linea d’onda il commento del deputato democratico e vicepresidente della Commissione Affari europei Enrico Farinone. “Il governo Berlusconi si è contraddistinto come l’esecutivo più antieuropeo della storia della Repubblica e la condanna di oggi della Corte di Strasburgo lo dimostra” ha detto l’onorevole, il quale è convinto del fatto che “Berlusconi e la Lega hanno agito contro il diritto europeo. L’Italia fa una pessima figura con le autorità europee. Per fortuna, invece, che il nuovo governo Monti ha sempre confidato nelle autorità europee”. Particolarmente duro il commento di Antonio Di Pietro, per cui “l’errore è criminalizzare l’immigrazione” poiché “il pericolo non è costituito dai disperati che cercano un futuro nel nostro Paese”, bensì “la criminalità, che è dentro anche alle lobby, alle istituzioni e alle coorporazioni”.

Non mancano le voci anche all’interno del centrodestra, con l’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa che ci ha tenuto a difendere l’operato del governo Berlusconi: “Devo leggere ancora bene le motivazioni della decisione della Corte europea – ha detto La Russa – ma posso affermare con certezza che l’Italia si è sempre comportata correttamente e nel pieno rispetto dei diritti umani”. Particolarmente contrariato il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri, secondo cui “la sentenza della Corte è senza dubbio da approfondire. L’impressione è che a Strasburgo si ragioni su principi astratti”. Per Gasparri “la sicurezza delle frontiere non è un problema che riguarda solo l’Italia, ma tutta l’Unione europea. Il governo Berlusconi aveva attuato la politica dei respingimenti sulla base di precisi accordi con la Libia e comunque in linea con il diritto internazionale – ha detto l’esponente del Pdl – L’Unione, finora inerme, ci dia piuttosto una mano perché non possiamo più permettere che le nostre coste siano invase da nuove ondate di immigrati. Né che trafficanti di schiavi continuino nella loro turpe attività sotto il silenzio colpevole della comunità internazionale. Le sentenze che prescindono dalla realtà possono essere pericolose“. Nel 2009, quando si verificò il cosiddetto caso Hirsi, il ministro dell’Interno era Roberto Maroni, che oggi ha commentato la decisione della Corte: “Io sono assolutamente convinto che tutto sia stato fatto nel rispetto delle norme europee – ha detto l’esponente leghista – Quei provvedimenti hanno salvato moltissime vite che sarebbero state messe a rischio dai viaggi sui barconi. Sicuramente lo rifarei”.

Sulla questione si è espresso anche il presidente della Consulta, Alfonso Quaranta. “C’è una linea di tendenza giurisprudenziale della Corte che va nel senso di dare pieno riconoscimento ai diritti fondamentali dello straniero, in particolare del clandestino” ha detto Quaranta a chi gli chiedeva di commentare la sentenza. “Non posso esprimere un giudizio su questo – ha detto il presidente della Consulta – perché la Corte si pronuncia in forma collegiale, ma posso dire che c’è una tendenza della giurisprudenza per il più ampio riconoscimento possibile dei diritti fondamentali dello straniero. Il nocciolo duro è la salvaguardia del soggetto come persona umana, che va salvaguardata in ogni circostanza”.

E dopo la sentenza della Corte di Strasburgo, proprio al governo Monti è diretto il messaggio di Christopher Hein. ”Nel ricontrattare gli accordi di cooperazione con il Governo di Transizione Libico – ha detto il direttore del Cir – i diritti dei rifugiati non possono essere negoziati; su questo tema ci aspettiamo dal nuovo esecutivo posizioni chiare e più forti di quelle che abbiamo rilevato in queste settimane”. Chiaro il riferimento al futuro atteggiamento dell’esecutivo italiano, visto che la sentenza della Corte di Strasburgo, come ha sottolineato Hein, “prova che nelle operazioni di respingimento sono stati sistematicamente violati i diritti dei rifugiati. L’Italia ha infatti negato la possibilità di chiedere protezione e ha così respinto in Libia più di mille persone che avevano il diritto di essere accolte in Italia”.

Da sottolineare anche la presa di posizione del ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi, secondo cui “stiamo molto attenti alle dimensioni europee. Valuteremo con grande attenzione questa sentenza che ci farà pensare e ripensare alle nostre politiche sulle migrazioni. Vogliamo fare una politica chiara,trasparente e corretta sull’immigrazione, senza niente da nascondere”. Sull’ipotesi di un ricorso contro la sentenza della Corte, Riccardi è stato chiaro: “Io ho le mie idee personali, ma siamo abituati a prendere decisioni collegiali, quindi il governo deciderà se ricorrere – ha detto – Prima la vogliamo vedere: è una notizia che mi è solo arrivata ma che accetto con rispetto. La sentenza ha valore sia reale che simbolico”.

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