Il Consiglio d’Europa ci bistratta per rigurgiti di razzismo. La Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo ci condanna per i respingimenti di profughi verso la Libia: l’Italia ne violò i diritti, mettendone a rischio la sopravvivenza, sentenziano i giudici di Strasburgo. Ce n’è di che interrogarsi a fondo sul trattamento riservato, nel nostro Paese, alle minoranze, da parte delle autorità, ma anche da parte dei media.

Vengono, tempestivamente, a fornire risposte i risultati di una ricerca sulla rappresentazione delle minoranze sui mezzi di informazione italiani. Ne escono più elementi di preoccupazione che di conforto, anche se vi sono segnali di miglioramento: attenzione solo nell’emergenza, abbondanza di stereotipi, “soggetti deboli che escono più deboli dal trattamento mediatico”, rileva il professor Mario Morcellini, direttore del Coris.

Minorities Stereotypes on Media è un progetto nato dalla collaborazione tra il Centro d’Ascolto dell’Informazione radiotelevisiva e il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza, col supporto di Open Society Foundations. Ora, c’è l’idea di dargli dimensione europea, perché i problemi dell’emarginazione, dell’esclusione, dell’ignoranza e della paura che sfociano nella xenofobia e nel razzismo non sono solo piaghe italiane, nell’Unione dove l’impatto della crisi alimenta pregiudizi e induce ad alzare barriere.

Per mesi, in due periodi diversi, sono stati scandagliati 24 ore su 24 tutti i notiziari e le trasmissioni di approfondimento radio e tv, dai talk show ai programmi di attualità, sui canali nazionali: 7.153 i segmenti analizzati, con una media di 26 passaggi al giorno di notizie sulle minoranze prese in considerazione nell’indagine, che includono quelle nazionali, culturali, religiose, i gruppi con diversi orientamenti sessuali e alcune delle figure tipicamente considerate devianti (detenuti, tossicodipendenti, etc.), spesso oggetto di discriminazione sociale.

La categoria ‘immigrati e rifugiati’ è la più trattata, specie dalla televisione, che quasi ignora le altre, mentre la radio mostra una maggiore attenzione alle minoranze etno-culturali e religiose. Pietro Marcenaro, presidente della commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, rileva che il problema non è solo di quantità dell’informazione, ma di qualità. Emma Bonino, vicepresidente del Senato, nota che “il quadro di civiltà di una democrazia si misura anche dall’atteggiamento verso le minoranze” e depreca le equivalenze ‘immigrato = delinquente’, ‘transessuale = prostituta’ e via dicendo. Roberto Natale, presidente della Fnsi, ricorda l’attenzione al rispetto della Carta di Roma che i giornalisti italiani si sono dati (ma molto –ammette- resta da fare).

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