Settimana prossima verrà depositato in Consiglio comunale il testo della delibera su cui si aprirà il confronto in Aula. L'annuncio dell’iniziativa però divide la giunta arancione. E non mancano neppure i mal di pancia nella componente cattolica del Pd
A delibera approvata, Palazzo Marino riconoscerà l’accesso a una serie di servizi alle coppie che si iscriveranno nel registro delle unioni civili. Definite nel documento preparato da D’Amico “un insieme di persone legate da vincoli affettivi coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso Comune”. L’amministrazione “provvederà, attraverso singoli atti e disposizioni degli assessorati e degli uffici competenti, a tutelare e sostenere le unioni civili, al fine di superare situazioni di discriminazione e favorirne l’integrazione e lo sviluppo nel contesto sociale, culturale ed economico del territorio”. I partner non sposati, compresi quelli dello stesso sesso, ma anche le persone anziane che vivono insieme per motivi economici o di amicizia, otterranno con più facilità servizi come il sostegno al reddito o le convenzioni per la sanità comunale, per i trasporti pubblici e per lo sport.
Un passo ulteriore rispetto alla decisione presa a fine gennaio dalla giunta di assegnare i fondi anticrisi anche alle coppie di fatto. Una misura che aveva portato a Pisapia le critiche del quotidiano Avvenire. E che aveva evidenziato le divisioni nel Pd tra laici e cattolici. Quelle stesse divisioni che ora tornano fuori, visto l’accelerazione inaspettata data al provvedimento. Secondo Andrea Fanzago la delibera non aggiunge nulla di nuovo, visto che l’anagrafe già rilascia un certificato per i conviventi: “Non firmerò la delibera, né voterò a favore – dice l’esponente dell’ala cattolica del Pd -. Ma non voterò nemmeno contro qualcosa che è già previsto dalla legge”. Fanzago parla quindi di un’iniziativa “intrisa di manie di protagonismo e politicamente inopportuna perché apre nuovi fronti con l’opposizione in un momento in cui in consiglio sono già aperti i fronti del Pgt e del bilancio”.
Per D’Amico il problema di opportunità politica non si pone, visto che sulla delibera “si aprirà un confronto vero anche con chi non la pensa come noi, per portare il provvedimento in Aula a luglio e approvarlo entro settembre”. Quindi dopo le discussioni su Pgt e bilancio. E, soprattutto, dopo la visita del Papa a Milano, in occasione dell’incontro mondiale delle famiglie a cavallo tra maggio e giugno. D’Amico parla di una scelta politica utile a creare un punto di partenza per poi avviare il dibattito. Un atto simbolico in un Paese dove “sul tema delle unioni civili il Parlamento continua a non legiferare, nonostante una sentenza che la Corte costituzionale ha emesso in tal senso nel 2010”.
Ma se il malcontento dei cattolici non si placa, questa volta a prendersela sono pure gli alleati che insieme al Pd sostengono Pisapia. Anita Sonego, capogruppo in Consiglio della Federazione della sinistra e presidente della commissione Pari opportunità, parla di “sgarbo istituzionale” verso l’organo deputato a discutere dell’argomento, si dice pronta a dimettersi dalla sua carica e accusa il Pd di essersi reso protagonista di una “furbata politica”. Di tempistica non rispettata parla anche Patrizia Quartieri: “Lascia perplessi – dice la capogruppo di Sel – che non ci sia stato un passaggio in commissione per avviare la discussione”. Mentre la difesa del Pd arriva dal capogruppo Carmela Rozza: “Siamo assolutamente d’accordo con la necessità di istituire il registro delle unioni civili entro il 2012, però il deposito della delibera non è un’iniziativa del nostro gruppo consiliare, ma di un consigliere che legittimamente può predisporre gli atti che vuole”.
Dall’opposizione il leghista Matteo Salvini (che non è sposato, ma convive con la sua compagna, ndr) si dice pronto a discutere di unioni civili, ma non ritiene la questione una priorità: “E’ solo propaganda per nascondere i disastri della giunta Pisapia”, afferma. Per Carlo Masseroli, capogruppo in Consiglio del Pdl, si tratta di “una battaglia ideologica, in sostanza poco efficace, visto che in altri comuni il registro delle unioni civili ha fallito”. Come a Bologna, dove in dodici anni non si è iscritto quasi nessuno. Un rischio che la maggioranza cercherà di prevenire: “Adesso inizia un confronto – spiega D’Amico – in cui si terrà conto anche delle esperienze fatte altrove”.