Ungheria, l’Ue taglia i 495 milioni di fondi strutturali per il 2013
In teoria si tratta del primo caso di disciplina fiscale preventiva dell'Unione (Six Pack), ma in molti ci vedono una ritorsione per la svolta autoritaria e anti comunitaria del leader Orban che guadagna consensi e protesta: “Decisione giuridicamente contestabile e contro i trattati”
L’Unione europea chiude i rubinetti dei fondi comunitari all’Ungheria. Congelati 495 milioni di euro di fondi di coesione per l’anno 2013 (il 29 per cento del totale assegnato) perché Budapest non ha ridotto il suo deficit. L’annuncio della Commissione europea ha fatto molto rumore a Bruxelles, non solo perché è la prima volta che l’Ue compie un simile passo, ma anche alla luce della situazione molto delicata dell’Ungheria, colpita con una pesante procedura d’infrazione il 17 gennaio scorso. Dura la reazione di Budapest, che accusa Bruxelles di agire in violazione dei trattati comunitari.
L’annuncio è del Commissario Ue alla Politica regionale Johannes Hahn, che mette subito le mani avanti: “Questa nostra decisione è da considerarsi un incentivo a correggere la deriva dei conti pubblici. Non è una punizione ma uno stimolo a rimettere in ordine i conti”. Parole dette con chiarezza ma sulle quali si insinua il legittimo dubbio della ritorsione. A far pensare male sono le tre lettere partite da Bruxelles dopo l’apertura di una procedura d’infrazione all’Ungheria per la sua nuova e contestata Costituzione, in particolare sull’indipendenza della Banca centrale, l’età pensionabile dei giudici e l’indipendenza dell’Autorità per la privacy. A dar man forte ad Hahn ha provato il collega Commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn, che ha sottolineato come “le due vicende, quella economica e quella politica, non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra”. Sarà vero?
In teoria si tratta della prima volta che la Commissione europea mette in atto i nuovi poteri attribuitele dal cosiddetto Six Pack, ovvero misure eccezionali per garantire governance economica e stabilità finanziaria all’interno dell’Unione. Sta di fatto che la Commissione ha intenzione di chiedere al Consiglio europeo l’ok alla sospensione “preventiva” del versamento di fondi strutturali all’Ungheria per i suoi problemi di deficit. Questo vuol dire che se il primo marzo il Consiglio europeo si pronuncerà a favore, Budapest diventerà il primo paese Ue a sperimentare il nuovo rigore finanziario figlio della crisi economica. D’altro canto l’Ungheria, insieme a Polonia, Cipro e Belgio, era stata già avvisata a fine 2011: il deficit deve restare sotto la soglia del 3 per cento.
A Budapest la reazione è stata di fuoco. “La decisione della Commissione europea è giuridicamente contestabile e contraria allo spirito dei trattati fondamentali dell’Unione”, dal momento che “sanziona un avvenimento ancora ipotetico”, si legge in una nota ufficiale del governo ungherese. Budapest sostiene, infatti, che la sua “economia va nella giusta direzione, la crescita l’anno scorso è stata superiore alla media europea”, e che “lo stesso deficit nazionale è stato al di sotto del 3 per cento nel 2011”. Diversa la versione della Commissione. “Questo è stato possibile solo e unicamente grazie alle misure eccezionali che hanno permesso di mascherare la situazione delle finanze disastrate del Paese”.
Quello che è certo è che l’Ungheria non è più “in the heart of Europe”. Dopo l’apertura ufficiale della procedura d’infrazione per la svolta autoritaria, i rapporti con l’Europa sono andati deteriorandosi sempre di più. Tra l’altro proprio nei giorni scorsi è arrivata a Bruxelles la risposta ufficiale del governo ungherese. E ieri la Commissione ha deciso di bloccare i fondi di coesione. Una curiosa coincidenza.
Paradossalmente, l’unico a trarre vantaggio da questa situazione resta Viktor Orban, il carismatico Premier ungherese e leader del partito conservatore Fidesz, che detiene saldamente i due terzi del parlamento nazionale. Più Orban si inimica gli “euroburocrati” di Bruxelles, più si accattiva le simpatie del suo popolo. Tra una sferzata di populismo e un pizzico di opportunismo, il leader ungherese sta catalizzando attorno a sè un consenso inconsueto per un Paese che sta finendo sulla black list dell’Ue. Basti pensare alla manifestazione di fine gennaio, dove Orban è stato acclamato dalla folla come difensore “del progresso e dell’indipendenza dell’Ungheria”.
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La Redazione
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il governo si impegni "a sostenere il riconoscimento dello Stato di Palestina, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele, per preservare la realizzazione dell’obiettivo di 'due popoli, due Stati'". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Inoltre, si chiede di "sostenere il piano arabo per la ricostruzione della Striscia di Gaza ed ogni iniziativa diplomatica volta ad assicurare il rispetto della tregua e un reale rilancio del processo di pace: per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, per la protezione dei civili e per la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, per il rispetto della tregua in Libano e per scongiurare il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah e Iran, nonché le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e, infine, affinché siano rispettate le risoluzioni delle Nazioni Unite".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Sostenere una risposta europea ed unitaria alle politiche dei dazi dell’amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, rilanciando anche l’iniziativa multilaterale per l’introduzione della Global Minimum Tax". E' quanto chiede il Pd al governo nella risoluzione sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo, nella risoluzione presentata sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni, di "collocare l’Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento, esprimendo la chiara volontà politica di andare avanti nel percorso di realizzazione di un’unione della difesa, anche partendo da forme di cooperazione rafforzata o integrazione differenziata tra Stati membri".
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Mondo
Ungheria, l’Ue taglia i 495 milioni di fondi strutturali per il 2013
In teoria si tratta del primo caso di disciplina fiscale preventiva dell'Unione (Six Pack), ma in molti ci vedono una ritorsione per la svolta autoritaria e anti comunitaria del leader Orban che guadagna consensi e protesta: “Decisione giuridicamente contestabile e contro i trattati”
L’Unione europea chiude i rubinetti dei fondi comunitari all’Ungheria. Congelati 495 milioni di euro di fondi di coesione per l’anno 2013 (il 29 per cento del totale assegnato) perché Budapest non ha ridotto il suo deficit. L’annuncio della Commissione europea ha fatto molto rumore a Bruxelles, non solo perché è la prima volta che l’Ue compie un simile passo, ma anche alla luce della situazione molto delicata dell’Ungheria, colpita con una pesante procedura d’infrazione il 17 gennaio scorso. Dura la reazione di Budapest, che accusa Bruxelles di agire in violazione dei trattati comunitari.
L’annuncio è del Commissario Ue alla Politica regionale Johannes Hahn, che mette subito le mani avanti: “Questa nostra decisione è da considerarsi un incentivo a correggere la deriva dei conti pubblici. Non è una punizione ma uno stimolo a rimettere in ordine i conti”. Parole dette con chiarezza ma sulle quali si insinua il legittimo dubbio della ritorsione. A far pensare male sono le tre lettere partite da Bruxelles dopo l’apertura di una procedura d’infrazione all’Ungheria per la sua nuova e contestata Costituzione, in particolare sull’indipendenza della Banca centrale, l’età pensionabile dei giudici e l’indipendenza dell’Autorità per la privacy. A dar man forte ad Hahn ha provato il collega Commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn, che ha sottolineato come “le due vicende, quella economica e quella politica, non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra”. Sarà vero?
In teoria si tratta della prima volta che la Commissione europea mette in atto i nuovi poteri attribuitele dal cosiddetto Six Pack, ovvero misure eccezionali per garantire governance economica e stabilità finanziaria all’interno dell’Unione. Sta di fatto che la Commissione ha intenzione di chiedere al Consiglio europeo l’ok alla sospensione “preventiva” del versamento di fondi strutturali all’Ungheria per i suoi problemi di deficit. Questo vuol dire che se il primo marzo il Consiglio europeo si pronuncerà a favore, Budapest diventerà il primo paese Ue a sperimentare il nuovo rigore finanziario figlio della crisi economica. D’altro canto l’Ungheria, insieme a Polonia, Cipro e Belgio, era stata già avvisata a fine 2011: il deficit deve restare sotto la soglia del 3 per cento.
A Budapest la reazione è stata di fuoco. “La decisione della Commissione europea è giuridicamente contestabile e contraria allo spirito dei trattati fondamentali dell’Unione”, dal momento che “sanziona un avvenimento ancora ipotetico”, si legge in una nota ufficiale del governo ungherese. Budapest sostiene, infatti, che la sua “economia va nella giusta direzione, la crescita l’anno scorso è stata superiore alla media europea”, e che “lo stesso deficit nazionale è stato al di sotto del 3 per cento nel 2011”. Diversa la versione della Commissione. “Questo è stato possibile solo e unicamente grazie alle misure eccezionali che hanno permesso di mascherare la situazione delle finanze disastrate del Paese”.
Quello che è certo è che l’Ungheria non è più “in the heart of Europe”. Dopo l’apertura ufficiale della procedura d’infrazione per la svolta autoritaria, i rapporti con l’Europa sono andati deteriorandosi sempre di più. Tra l’altro proprio nei giorni scorsi è arrivata a Bruxelles la risposta ufficiale del governo ungherese. E ieri la Commissione ha deciso di bloccare i fondi di coesione. Una curiosa coincidenza.
Paradossalmente, l’unico a trarre vantaggio da questa situazione resta Viktor Orban, il carismatico Premier ungherese e leader del partito conservatore Fidesz, che detiene saldamente i due terzi del parlamento nazionale. Più Orban si inimica gli “euroburocrati” di Bruxelles, più si accattiva le simpatie del suo popolo. Tra una sferzata di populismo e un pizzico di opportunismo, il leader ungherese sta catalizzando attorno a sè un consenso inconsueto per un Paese che sta finendo sulla black list dell’Ue. Basti pensare alla manifestazione di fine gennaio, dove Orban è stato acclamato dalla folla come difensore “del progresso e dell’indipendenza dell’Ungheria”.
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Inoltre, si chiede di "sostenere il piano arabo per la ricostruzione della Striscia di Gaza ed ogni iniziativa diplomatica volta ad assicurare il rispetto della tregua e un reale rilancio del processo di pace: per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, per la protezione dei civili e per la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, per il rispetto della tregua in Libano e per scongiurare il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah e Iran, nonché le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e, infine, affinché siano rispettate le risoluzioni delle Nazioni Unite".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Sostenere una risposta europea ed unitaria alle politiche dei dazi dell’amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, rilanciando anche l’iniziativa multilaterale per l’introduzione della Global Minimum Tax". E' quanto chiede il Pd al governo nella risoluzione sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo, nella risoluzione presentata sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni, di "collocare l’Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento, esprimendo la chiara volontà politica di andare avanti nel percorso di realizzazione di un’unione della difesa, anche partendo da forme di cooperazione rafforzata o integrazione differenziata tra Stati membri".