Ventidue anni fa ci lasciava “il Presidente”, Sandro Pertini. Partigiano, strenuo difensore dei diritti civili e della Costituzione, rimane indubbiamente il ricordo più bello della vita politica italiana. Proprio per questo, oggi, in un periodo storico in cui sembrano prevalere l’ipocrisia e la spasmodica ricerca di impunità, parlare di lui sembra rincorrere un’utopia. Pensare che anche oggi, dopo vent’anni tra craxismo e berlusconismo, inciucismo e sfrenata volgarità politica, possa nascere un altro Pertini, sembra un’illusione. La subcultura imposta sin dai primi anni novanta, della quale il Paese paga oggi il prezzo più salato, sarà difficile da estirpare. Ma io voglio credere che si possa fare. Ho conosciuto tantissimi giovani durante il mio percorso e credo profondamente in loro.

Parlare di Sandro Pertini alle nuove generazioni potrebbe essere un esercizio fondamentale per tornare a credere in questo Paese, e io, che ogni giorno mi ispiro alla sua storia e al suo pensiero, lo faccio sempre. Raccontare le sue scelte, i suoi sacrifici, la sua sincerità e il suo evidente amore per l’Italia: questo sì, potrebbe convincere i ragazzi a fare politica con onestà e coraggio, proprio come voleva e faceva il Presidente. Con le mani pulite.

Viene da chiedersi quale parlamentare italiano, oggi che ci prepariamo ad assistere ad una potenziale disfatta della giustizia con la sentenza di Cassazione per il senatore Dell’Utri, deciderebbe, onestamente e coraggiosamente, di dissociarsi pubblicamente (e duramente) dalla propria madre che chiede la grazia. Pertini, condannato per aver combattuto il fascismo, in carcere con i suoi problemi di salute, dovette frenare lo sdegno nei confronti dell’amatissima madre che non aveva resistito alla tentazione di chiedere la sua scarcerazione.

“La libertà, questo bene prezioso tanto caro agli uomini, diventa un sudicio straccio da gettar via, acquistato al prezzo di questo tradimento, che si è osato proporre a me”. Questo è ciò che scriveva Sandro Pertini, profondamente offeso da quel gesto. Così, invece, si dissociava ufficialmente dalla domanda di grazia: “La comunicazione che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore mi umilia profondamente. Non mi associo dunque a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più d’ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme”. Oggi, invece, il parlamentare interrogato sui fondi distratti dal conto del suo ex partito risponde “mi servivano e li ho presi”. Qualche altro, lo stesso che il 9 marzo affronterà in Cassazione il processo per concorso esterno in associazione mafiosa, definisce il boss Vittorio Mangano “eroe”.

Allora io, ancora una volta e nell’anniversario della sua morte, faccio mio l’appello del Presidente ai giovani.

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