“Il mio stipendio? È di 7.439,31 euro netti”. È il procuratore di Parma Gerardo Laguardia, cedolino alla mano, a comunicare a margine di un incontro con la stampa le cifre che compaiono sulla sua ultima busta paga. “Non ho nulla da nascondere – chiarisce – Questo è il mio guadagno da magistrato alla settima valutazione di professionalità con i miei 45 anni effettivi di servizio. È giusto che si sappia”.
Un atto spontaneo di limpidezza, quello del procuratore capo, che soddisfa la curiosità di quanti nei giorni scorsi, non solo a Parma, si sono chiesti a quanto ammontasse lo stipendio di un magistrato, visto che proprio di recente giudici e pm della regione si sono opposti alle decurtazioni sui propri compensi. Trenta magistrati dell’Emilia Romagna, tra cui anche Laguardia e altri colleghi del tribunale di Parma, hanno infatti presentato un ricorso al Tar contro il ministero della Giustizia, dell’Economia e della Finanza e contro la presidenza del Consiglio per impugnare i tagli imposti agli stipendi dei dipendenti pubblici nel triennio 2011-2013 previsti dalla manovra del governo Berlusconi dell’estate 2010, volta a ridurre il peso dello Stato nell’economia nazionale.
In particolare, la legge 122 del 30 luglio 2010, prevede tagli alle spese nel settore dell’amministrazione pubblica e del welfare, con il congelamento degli aumenti stipendiali per i dirigenti e dipendenti pubblici. La legge prevede inoltre, sempre per il triennio 2011-2013, la riduzione del 5 per cento per trattamenti economici complessivi oltre i 90mila euro lordi annuali fino a 150mila euro, e del 10 per cento per la parte eccedente 150mila euro. “Sono trattenute che riguardano solo i dipendenti pubblici e non quelli privati – chiarisce Laguardia – per quello ci opponiamo”. Trasparenza prima di tutto, secondo il procuratore, che dal 1967 lavora per la giustizia, e che è arrivato al suo compenso con 45 anni di lavoro cominciato come uditore. “Inutile farne segreto: con gli scatti biennali e l’anzianità arrivo a quella somma, come anche altri colleghi. Anche se – precisa Laguardia – lo stipendio più alto in magistratura, come tutti sanno, lo prende il presidente della Corte di Cassazione”.
Sui tagli di stipendi proprio lo scorso 8 febbraio il Tar si era espresso su un altro ricorso presentato l’anno scorso dagli stessi magistrati contro la legge 122, rimettendo il caso addirittura alla Corte costituzionale. Il tribunale amministrativo, pur dando ragione ai ricorrenti, ha infatti passato la questione al giudizio della Corte per valutare la compatibilità della manovra con la legge di Stato.
di Silvia Bia