Se non fosse stato per tornare da sua figlia Oliviero Cassini dalla torre-faro non sarebbe sceso. Da oggi, dopo quasi 80 giorni, lui tornerà a dormire in un letto anziché avvolto in tre sacchi a pelo. Ciò che non è destinato a tornare, al momento, è il suo lavoro da dipendente dei servizi treni notte. Ora a presidiare la struttura in ferro della stazione centrale di Milano – dall’8 dicembre luogo simbolo della protesta degli 800 licenziati – c’è Stanislao Focarelli.

E’ servito a qualcosa salire sulla torre?
Nessuno di noi quattro (oltre a Oliviero e Stanislao c’erano anche Carmine RotatoreGiuseppe Gison) che abbia vissuto sulla torre ha mai pensato di essere l’ombelico del mondo e che stando lassù il nostro lavoro e nostri stipendi sarebbero tornati.

Quindi?
Quindi la vertenza prosegue. Stanislao rimane sulla torre e rimangono naturalmente anche i presidi sul binario 21. Quello con le tende dove cucinano e dormono gli altri colleghi e l’altro dove si raccolgono le firme dei cittadini che dimostrano la loro solidarietà. Li abbiamo soprannominati il presidio del coraggio (la torre) del cuore (dove vivono gli altri) e della conoscenza (la raccolta firme).

Ma voi cosa volete?
Che vengano ripristinati i treni notte che c’erano prima dell’11 dicembre. Che venga restituito questo servizio universale che paghiamo tutti in quanto cittadini. Fino a prova contraria le ferrovie si chiamo ancora “dello Stato”. E chiediamo che la nostra vertenza venga affrontata da un tavolo nazionale, che se ne occupi il governo con le parti sociali e non solo le regioni.

Voi eravate lavoratori di ditte in appalto e “in perdita” secondo l’amministratore delegato di Fs Moretti. A dicembre in Lombardia hanno firmato un accordo regionale con la possibilità di altri posti di lavoro.
L’accordo regionale? Come una pastiglia che non cura bensì prolunga la sofferenza di una malattia mortale. Dovremmo accettare di finire nelle scatole cinesi di privati che non sono in grado di assicurare nessuna certezza? I numeri dei viaggiatori dei treni notte non sono cambiati. Certo che se le carrozze vengono lasciate sporche e senza manutenzione le persone preferiscono viaggiare con altri mezzi. Quello che oggi stiamo vivendo noi, domani potrebbe accadere a qualsiasi operatore del servizio ferroviario. Nessuno consideri il suo posto di lavoro sicuro.

Qualcuno sostiene che non siete ferrovieri.
Vero, ci hanno definito in tanti modi ma noi siamo ferrovieri a tutti gli effetti. Indossavamo la divisa, utilizzavamo il palmare ed effettuavamo il controllo del biglietto. Certo è più comodo farci passare per dei “semplici” operai per non rischiare di danneggiare l’immagine dell’intera categoria la quale, se non per noi licenziati, ma almeno per un difendere il diritto alla mobilità sancito dall’art 16 della Costituzione e il contratto delle attività ferroviarie doveva e poteva almeno proclamare uno sciopero. Anziché starsene zitta.

Dovesse riassumere i suoi 79 giorni?
La solidarietà della società civile, gli amici di “Binario 21 chiama Italia”, tutti coloro che pubblicamente si sono spesi per noi una lista infinita che fa il pari con le assurdità di quei politici che magari dopo essere passati a salutarci si sono lamentati perché i giornalisti non li hanno citati negli articoli. Tutti coloro che sostenevano che non dormissimo sulla torre ma nelle tende di sotto lungo il binario o che perfino andassimo a casa a dormire dopo una doccia calda. Insomma quanti hanno cercato di farci passare per esibizionisti in cerca di visibilità.

Invece?
Invece siamo solo persone che hanno perso la loro dignità di lavoratori ma non quella umana e personale. Siamo soli a combattere contro un potere certamente grande. Ma noi proseguiamo sperando che magari qualcuno più potente di noi voglia vederci chiaro in tutta questa faccenda. L’Italia è più divisa senza i treni notte.

Da Il Fatto Quotidiano del 24 febbraio 2012

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