Il movimento “Salvaiciclisti” si sta facendo sentire e il manifesto per la sicurezza delle due ruote in città potrebbe presto approdare in Parlamento. Il pressing è partito dal web rilanciando la proposta lanciata dal quotidiano inglese Times: dopo solo 15 giorni di campagna il gruppo facebook ha superato quota 6.500 adesioni e i politici più sensibili al tema hanno già drizzato le orecchie. Tra loro anche il consigliere regionale lombardo Giulio Cavalli che alla proposta ha dedicato un post del suo blog su questo sito. La scorsa settimana un gruppo di rappresentanti del movimento d’opinione che ha alzato i riflettori sul problema della mancanza di sicurezza che i ciclisti patiscono in Italia, ha incontrato il senatore Pd ed ex presidente di Legambiente Francesco Ferrante. Con lui hanno cercato di capire quali fossero i passi da compiere per arrivare alla presentazione di una proposta di legge in materia di sostengo alla ciclabilità, che secondo i promotori è urgente, “visto che in 10 anni in Italia sono state 2.556 le vittime su due ruote, più del doppio di quelle del Regno Unito”. Nell’arco di pochi giorni, il 17 febbraio, è stato depositato il ddl “Interventi per lo sviluppo e la tutela della mobilità ciclistica”, con la firma bipartisan di 61 senatori. “Questo disegno di legge ha lo scopo di recepire nella nostra legislazione le richieste formulate nell’appello “Salviamo i ciclisti”. In sostanza si vuole intervenire per fermare il drammatico numero di incidenti, spesso mortali, del quale sono testimoni le strade delle nostre città”. Si legge proprio nel testo che introduce gli 11 articoli del ddl: “L’approvazione di questo disegno di legge, a costo zero per le casse dello Stato, vorrebbe dire che anche in Italia si vuole favorire la cultura del rispetto delle regole della circolazione stradale, dando maggiore tutela e sicurezza a chi utilizza la mobilità ciclistica, in modo anche di favorirne la sempre maggiore diffusione. Inoltre sarebbe anche un contributo a ridurre, ove possibile, la quota di spostamenti su auto privata a vantaggio di un sistema di mobilità che porterebbe innegabili vantaggi da diversi punti di vista, quali solo ad esempi esplicativi quelli ambientali e trasportistici”.

Nel testo sono inseriti tutti i punti proposti dal movimento Salvaiciclisti, mutuati dalla campagna lanciata dal Times lo scorso 2 febbraio e adattati alla situazione italiana:

1. Gli autoarticolati che entrano in un centro urbano devono, per legge, essere dotati di sensori, allarmi sonori che segnalino la svolta, specchi supplementari e barre di sicurezza che evitino ai ciclisti di finire sotto le ruote.

2. I 500 incroci più pericolosi del Paese devono essere individuati, ripensati e dotati di semafori preferenziali per i ciclisti e di specchi che permettano ai camionisti di vedere eventuali ciclisti presenti sul lato.

3. Dovrà essere condotta un’indagine nazionale per determinare quante persone vanno in bicicletta in Italia e quanti ciclisti vengono uccisi o feriti.

4. Il 2% del budget dell’ANAS dovrà essere destinato alla creazione di piste ciclabili di nuova generazione.

5. La formazione di ciclisti e autisti deve essere migliorata e la sicurezza dei ciclisti deve diventare una parte fondamentale dei test di guida.

6. 30 km/h deve essere il limite di velocità massima nelle aree residenziali sprovviste di piste ciclabili.

7. I privati devono essere invitati a sponsorizzare la creazione di piste ciclabili e superstrade ciclabili prendendo ad esempio lo schema di noleggio bici londinese sponsorizzato dalla Barclays

8. Ogni città deve nominare un commissario alla ciclabilità per promuovere le riforme.

Un primo passo, certo, ma è anche vero che in Italia le leggi rischiano di restare totalmente o parzialmente inapplicate, è il caso della legge 366 del 98, che stabiliva delle “norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” imponendo alle regioni di redigere dei piani appositi ed istituendo un fondo per la realizzazione di infrastrutture legate al mondo della ciclabilità. Una norma che dopo aver compiuto i primi passi tra il 1999 e il 2000, sembra essere caduta nel dimenticatoio, tanto da rendere urgente l’assunzione di un nuovo impegno da parte delle istituzioni.

La presentazione del disegno di legge è stata accolta dai promotori dell’iniziativa come un grande successo: “Per la prima volta nella storia italiana – spiega Paolo Pinzuti, autore del blog Piciclisti e anima del movimento -, un’iniziativa popolare è approdata in Parlamento senza il sostegno di partiti, personaggi illustri o giornali, ma semplicemente attraverso una valida strategia di guerriglia mediatica e il tam tam sul web e, per giunta, in soli 10 giorni”. Salvaiciclisti adesso guarda ai comuni: “Chiunque conosca anche solo un poco l’Italia sa bene che non è la mancanza di leggi che rovina il Paese, ma la mancata attuazione di quelle che abbiamo. Il nemico da combattere per noi non è l’automobilista, ma il lassismo di chi permette che sulle strade italiane avvengano così tante infrazioni e che queste rimangano impunite. Salvaiciclisti non è un’azione corporativista che vuole difendere una categoria a scapito di un’altra. Salvaiciclisti è soprattutto un segnale che proviene da tutti coloro che sono disposti a rimboccarsi le maniche e a dedicare il proprio tempo libero per il miglioramento della qualità della vita di tutti. E siamo straordinariamente tanti”.

L’idea di chiedere attenzione sui problemi e sui rischi di chi usa la bicicletta in città non è campata per aria, tutt’altro. È per questa ragione che anche ilfattoquotidiano.it ha voluto adottare la campagna di sensibilizzazione sul tema della sicurezza dei ciclisti, condividendone lo spirito e i contenuti.

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