Uno degli errori psicologici più frequenti che ognuno di noi tende a compiere di fronte a qualcosa di sgradito è quello di ipercompensare.
Per fare un esempio concreto se in auto abbiamo freddo tendiamo a regolare il termostato a temperature molto elevate, sperando di avere un sollievo veloce. In realtà il tempo che occorre all’auto per raggiungere la temperatura ideale è sempre lo stesso e non cambia se noi alziamo a dismisura i gradi per ipercompensare. Se poi persistiamo, raggiunta la temperatura ideale, l’auto comincia a scaldare in eccesso, per cui dovremo tornare a regolare verso il basso il termostato. Anche in questo caso, a volte, tenderemo a ipercompensare.
Addentrandoci in psicologia può capitare che per anni siamo altruisti e poi, di fronte a un episodio di ingratitudine, diventiamo, per ipercompensazione, estremamente egoisti . Altro esempio tipico in campo amoroso è il caso del ragazzo che crede fermamente nell’amore e nella fidanzata fino a che non incorre in una delusione amorosa. Da quel momento diventerà, per ipercompensazione, scettico, sfiduciato e tenderà ad avere rapporti superficiali in cui usare l’altro senza lasciarsi coinvolgere.
Mi pare che anche in campo politico si corra il rischio di ipercompensare.
Un esempio sono le pensioni di invalidità. Ricordo quando giovane medico nel lontano 1984 feci parte per qualche seduta di una commissione per l’invalidità. Essendo l’ultimo arrivato mi adeguavo alle regole generali che erano molto ampie in fatto di concessione di emolumenti. Bastava essere affetto da certi tipi di patologie, anche in forma lieve, per ottenere l’assegno. Da allora il mio lavoro clinico è andato in altra direzione per cui non ho più partecipato a queste commissioni. Diversi casi di pazienti mi hanno però mostrato che attualmente è divenuto quasi impossibile avere una pensione di invalidità. I criteri sono divenuti estremamente rigidi e, a mio avviso per ipercompensazione, si è arrivati all’eccesso opposto. Mentre negli anni ’70 e ’80 si erogavano pensioni di invalidità con grande facilità con una mentalità in cui la pensione diveniva una sorta di ammortizzatore sociale per le persone disagiate, negli ultimi anni si è determinata una sorta di rigetto per cui viene erogata solo in casi eccezionali.
Nel campo della tutela del posto di lavoro abbiamo assistito nei vari decenni a sentenze di giudici sempre favorevoli alla parte debole, che è il lavoratore di fronte all’azienda, indipendentemente dalla situazione e dalle motivazioni. Ora si corre il rischio, per ipercompensazione, di voler smantellare tutte le protezioni dell’articolo 18.
Occorre stare attenti di fronte al rischio di incorrere nell’ipercompensazione perchè poi questo atteggiamento, inevitabilmente, provoca altri problemi. Psicologicamente purtroppo è più facile schierarsi su opposte barricate. Secondo i lettori trovare il giusto equilibrio, sicuramente complesso e difficile, è possibile?