Tramonto del giornale di lotta comunista
“il manifesto” era il quotidiano della tradizione comunista italiana e mezzo di comunicazione privilegiato degli eurocomunisti. Ora il quotidiano è sull’orlo del fallimento. I lettori sono scappati, gli incentivi statali sono stati ridotti e i vecchi argomenti non funzionano più da tempo.
Testata: Spiegel
Data di pubblicazione: 15 febbraio 2012
Articolo originale di: Hans-Jürgen Schlamp
Traduzione di Francesco e Michele per italiadallestero.info
Loredana, 51 anni, è “molto molto triste”. La professoressa di Roma legge il quotidiano “da quando ho la facoltà di pensare”. Anche suo marito Roberto, 58 anni, è scuro in volto. “È un’epoca che finisce” dice. Ed è proprio questa l’impressione. Perché “il manifesto” non era solo indiscutibilmente il più importante organo della sinistra italiana. Anche tra gli intellettuali francesi e tedeschi era diventata una consuetudine citare “il manifesto”. Il giornale era piccolo, ma importante. Ora è in liquidazione. Coperto di debiti.
I redattori sperano ancora nel miracolo. Che i 16.000 lettori rimasti intervangano per finanziarlo. Che dall’oggi al domani arrivino in massa nuovi abbonati o che improvvisamente tutti ne chiedano una copia in edicola. O infine che lo stato intervenga con generosi finanziamenti. In realtà le prospettive per tutte queste opzioni sono cupe. La fine di un esperimento politico è all’orizzonte: i tempi sono cambiati, il giornale no, e sul lungo termine questo non va bene.
Don Camillo e Peppone
Il primo numero del quotidiano “Il Manifesto” risale al 1971. Nei due anni precedenti il giornale era esistito in forma mensile. Da oltre due decenni l’Italia era politicamente divisa in due fronti contrapposti: a destra c’era la Democrazia Cristiana (DC), a sinistra il Partito Comunista Italiano (PCI), proprio come nei film di “Don Camillo e Peppone”. Nel romanzo e nel film era come nella vita reale: il più delle volte vincevano i cristiani ammanicati, ma anche i cocciuti comunisti erano forti.
Il PCI era il più grande partito comunista del mondo occidentale. Ed è stato “dalla nostra nascita, in un certo qual modo, il nostro avversario” racconta la direttrice de “il manifesto” Norma Rangeri durante un’intervista al quotidiano tedesco Die Tageszeitung. “Volevamo mostrare con chiarezza che si poteva essere comunisti senza dover necessariamente sostenere il partito comunista sovietico”, che anche da comunisti si potevano avere “idee libertarie”.
La Rosa Luxemburg degli anni ’70
I fondatori del giornale erano dei funzionari del PCI espulsi nel 1969 che gravitavano intorno al giornalista Luigi Pintor e alla scrittrice Rossana Rossanda, “la Rosa Luxemburg degli anni settanta” come era chiamata da molti. Erano tutti comunisti convinti, ma protestarono contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia e simpatizzarono con i movimenti studenteschi del ’68. Per i sostenitori della linea dura erano dei dissidenti e quindi furono allontanati dal partito. “I fratelli se ne pentiranno amaramente”, tuonò Rossana Rossanda, promettendo vendetta: “Non saremo la loro polmonite, ma piuttosto una febbre persistente, la loro malaria”. Ed ebbe ragione. Perché per la sinistra non dogmatica il nuovo organo di stampa divenne la piattaforma a lungo attesa per le discussioni pubbliche.
La tiratura raggiunse in brevissimo tempo le 45.000 copie al giorno, un vero record per l’Italia. Conteneva pochissimi annunci pubblicitari e per mancanza di fondi non era abbonato a nessuna agenzia stampa: i redattori dovevano ricercare tutto da soli e decidere i temi da trattare. E gli riuscì così bene che il fedele giornale di partito del PCI, “L’Unità”, si trovò a dover mettere in guardia i suoi lettori dai critici impertinenti: “Diffidate del nuovo giornale! Vuole solo distruggere ciò che la sinistra italiana ha ottenuto al prezzo di dure battaglie”.
Ma gli intellettuali furono attratti da “il manifesto”. Lo spirito della sinistra aveva trovato una nuova casa. A detta dei lettori la sinistra conservativa era un insieme di “borghesi della peggior specie” come scriveva “il manifesto”. Il nuovo “Eurocomunismo” parte anche da qui, dal tentativo di conciliare comunismo e libertà civili. Numerosi intellettuali scrivevano regolarmente articoli e approfondimenti, come per esempio Umberto Eco, filosofo e più tardi autore di best-seller mondiali (Il nome della rosa).
Dopo la caduta del muro, la fine
Ma l’ascesa non fu duratura. Nel 1989 il “socialismo reale” si sgretolò. A Berlino Est come a Mosca. E da quel momento iniziò la rovina della sinistra organizzata e dei suoi organi di stampa. Con lo sgretolamento del PCI, “il manifesto” perse non solo l’oggetto delle sue critiche quotidiane, ma rapidamente anche il suo orientamento politico. Il collettivo di giornalisti e i suoi lettori, il cui numero diminuiva drasticamente, continuarono a sognare l’imminente rivoluzione, mentre la “massa dei lavoratori”, già di per sé esigua, e gli studenti l’aveva abbandonata da tempo.
Dopo le elezioni del 2008, per la prima volta dalla seconda Guerra Mondiale, non furono eletti comunisti in Parlamento. Solo “il manifesto” manteneva solida la sua fede comunista, “Quotidiano Comunista” si legge ancora oggi nell’intestazione. E così, di un giornale che un tempo aveva cambiato la politica, ne è rimasto un giornalino a uso e consumo di qualche compagno.
“Oggi siamo forse più importanti che mai”, con queste parole l’anno scorso tentava di farsi coraggio la caporedattrice Rangeri in occasione del 40esimo anniversario del giornale. “Perché siamo rimasti il luogo in cui le anime diverse e contrastanti della sinistra riescono a comunicare tra loro”. Cosa che però a oggi la maggior parte della gente fa molto più volentieri tramite internet.
Finanziamenti dal nemico di classe
Così si è giunti al punto in cui il giornale riusciva a sopravvivere solo grazie alle sovvenzioni del governo di Silvio Berlusconi. Circa tre milioni di euro l’anno, questa è la cifra che il giornale comunista riceveva da coloro che si dichiaravano apertamente nemici dei comunisti. Anche altri giornali, soprattutto piccoli giornali regionali, di partito o sindacali, sono tenuti in vita dai sussidi statali.
Ma Berlusconi prima e il suo successore Mario Monti dopo hanno deciso di chiudere i rubinetti, riducendo i fondi da 175 a 50 milioni di euro. Inoltre le sovvenzioni pubbliche sono calcolate e corrisposte a posteriori. Per “il manifesto” significa ricevere dalle casse dello stato solo uno dei precedenti tre milioni. E questo non basta assolutamente per ripagare i debiti. Molti giornali, sia di destra sia di sinistra, sono nella stessa situazione.
Per questo la caporedattrice Rangeri attacca la politica con delusione. “Stanno uccidendo il pluralismo!” afferma, augurandosi un largo movimento di protesta della popolazione. Che però non sembra che ci sarà. Perché persino il piccolo gruppo di fedeli lettori di quel che è rimasto de “il manifesto” capisce che per l’esperimento degli anni ’70 il tempo è scaduto. “Negli ultimi tempi”, così dice Loredana, una di questi pochi fedeli, i contenuti del giornale hanno preso sempre più “le distanze dal mondo reale“. Già da tempo i testi sarebbero diventati troppo complicati per poter essere compresi dalla massa dei lavoratori o da altre persone senza un’istruzione universitaria.
ItaliaDallEstero
Come ci vede la stampa estera
Media & Regime - 26 Febbraio 2012
‘il manifesto’, tramonto di un esperimento politico
“il manifesto” era il quotidiano della tradizione comunista italiana e mezzo di comunicazione privilegiato degli eurocomunisti. Ora il quotidiano è sull’orlo del fallimento. I lettori sono scappati, gli incentivi statali sono stati ridotti e i vecchi argomenti non funzionano più da tempo.
Testata: Spiegel
Data di pubblicazione: 15 febbraio 2012
Articolo originale di: Hans-Jürgen Schlamp
Traduzione di Francesco e Michele per italiadallestero.info
Loredana, 51 anni, è “molto molto triste”. La professoressa di Roma legge il quotidiano “da quando ho la facoltà di pensare”. Anche suo marito Roberto, 58 anni, è scuro in volto. “È un’epoca che finisce” dice. Ed è proprio questa l’impressione. Perché “il manifesto” non era solo indiscutibilmente il più importante organo della sinistra italiana. Anche tra gli intellettuali francesi e tedeschi era diventata una consuetudine citare “il manifesto”. Il giornale era piccolo, ma importante. Ora è in liquidazione. Coperto di debiti.
I redattori sperano ancora nel miracolo. Che i 16.000 lettori rimasti intervangano per finanziarlo. Che dall’oggi al domani arrivino in massa nuovi abbonati o che improvvisamente tutti ne chiedano una copia in edicola. O infine che lo stato intervenga con generosi finanziamenti. In realtà le prospettive per tutte queste opzioni sono cupe. La fine di un esperimento politico è all’orizzonte: i tempi sono cambiati, il giornale no, e sul lungo termine questo non va bene.
Don Camillo e Peppone
Il primo numero del quotidiano “Il Manifesto” risale al 1971. Nei due anni precedenti il giornale era esistito in forma mensile. Da oltre due decenni l’Italia era politicamente divisa in due fronti contrapposti: a destra c’era la Democrazia Cristiana (DC), a sinistra il Partito Comunista Italiano (PCI), proprio come nei film di “Don Camillo e Peppone”. Nel romanzo e nel film era come nella vita reale: il più delle volte vincevano i cristiani ammanicati, ma anche i cocciuti comunisti erano forti.
Il PCI era il più grande partito comunista del mondo occidentale. Ed è stato “dalla nostra nascita, in un certo qual modo, il nostro avversario” racconta la direttrice de “il manifesto” Norma Rangeri durante un’intervista al quotidiano tedesco Die Tageszeitung. “Volevamo mostrare con chiarezza che si poteva essere comunisti senza dover necessariamente sostenere il partito comunista sovietico”, che anche da comunisti si potevano avere “idee libertarie”.
La Rosa Luxemburg degli anni ’70
I fondatori del giornale erano dei funzionari del PCI espulsi nel 1969 che gravitavano intorno al giornalista Luigi Pintor e alla scrittrice Rossana Rossanda, “la Rosa Luxemburg degli anni settanta” come era chiamata da molti. Erano tutti comunisti convinti, ma protestarono contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia e simpatizzarono con i movimenti studenteschi del ’68. Per i sostenitori della linea dura erano dei dissidenti e quindi furono allontanati dal partito. “I fratelli se ne pentiranno amaramente”, tuonò Rossana Rossanda, promettendo vendetta: “Non saremo la loro polmonite, ma piuttosto una febbre persistente, la loro malaria”. Ed ebbe ragione. Perché per la sinistra non dogmatica il nuovo organo di stampa divenne la piattaforma a lungo attesa per le discussioni pubbliche.
La tiratura raggiunse in brevissimo tempo le 45.000 copie al giorno, un vero record per l’Italia. Conteneva pochissimi annunci pubblicitari e per mancanza di fondi non era abbonato a nessuna agenzia stampa: i redattori dovevano ricercare tutto da soli e decidere i temi da trattare. E gli riuscì così bene che il fedele giornale di partito del PCI, “L’Unità”, si trovò a dover mettere in guardia i suoi lettori dai critici impertinenti: “Diffidate del nuovo giornale! Vuole solo distruggere ciò che la sinistra italiana ha ottenuto al prezzo di dure battaglie”.
Ma gli intellettuali furono attratti da “il manifesto”. Lo spirito della sinistra aveva trovato una nuova casa. A detta dei lettori la sinistra conservativa era un insieme di “borghesi della peggior specie” come scriveva “il manifesto”. Il nuovo “Eurocomunismo” parte anche da qui, dal tentativo di conciliare comunismo e libertà civili. Numerosi intellettuali scrivevano regolarmente articoli e approfondimenti, come per esempio Umberto Eco, filosofo e più tardi autore di best-seller mondiali (Il nome della rosa).
Dopo la caduta del muro, la fine
Ma l’ascesa non fu duratura. Nel 1989 il “socialismo reale” si sgretolò. A Berlino Est come a Mosca. E da quel momento iniziò la rovina della sinistra organizzata e dei suoi organi di stampa. Con lo sgretolamento del PCI, “il manifesto” perse non solo l’oggetto delle sue critiche quotidiane, ma rapidamente anche il suo orientamento politico. Il collettivo di giornalisti e i suoi lettori, il cui numero diminuiva drasticamente, continuarono a sognare l’imminente rivoluzione, mentre la “massa dei lavoratori”, già di per sé esigua, e gli studenti l’aveva abbandonata da tempo.
Dopo le elezioni del 2008, per la prima volta dalla seconda Guerra Mondiale, non furono eletti comunisti in Parlamento. Solo “il manifesto” manteneva solida la sua fede comunista, “Quotidiano Comunista” si legge ancora oggi nell’intestazione. E così, di un giornale che un tempo aveva cambiato la politica, ne è rimasto un giornalino a uso e consumo di qualche compagno.
“Oggi siamo forse più importanti che mai”, con queste parole l’anno scorso tentava di farsi coraggio la caporedattrice Rangeri in occasione del 40esimo anniversario del giornale. “Perché siamo rimasti il luogo in cui le anime diverse e contrastanti della sinistra riescono a comunicare tra loro”. Cosa che però a oggi la maggior parte della gente fa molto più volentieri tramite internet.
Finanziamenti dal nemico di classe
Così si è giunti al punto in cui il giornale riusciva a sopravvivere solo grazie alle sovvenzioni del governo di Silvio Berlusconi. Circa tre milioni di euro l’anno, questa è la cifra che il giornale comunista riceveva da coloro che si dichiaravano apertamente nemici dei comunisti. Anche altri giornali, soprattutto piccoli giornali regionali, di partito o sindacali, sono tenuti in vita dai sussidi statali.
Ma Berlusconi prima e il suo successore Mario Monti dopo hanno deciso di chiudere i rubinetti, riducendo i fondi da 175 a 50 milioni di euro. Inoltre le sovvenzioni pubbliche sono calcolate e corrisposte a posteriori. Per “il manifesto” significa ricevere dalle casse dello stato solo uno dei precedenti tre milioni. E questo non basta assolutamente per ripagare i debiti. Molti giornali, sia di destra sia di sinistra, sono nella stessa situazione.
Per questo la caporedattrice Rangeri attacca la politica con delusione. “Stanno uccidendo il pluralismo!” afferma, augurandosi un largo movimento di protesta della popolazione. Che però non sembra che ci sarà. Perché persino il piccolo gruppo di fedeli lettori di quel che è rimasto de “il manifesto” capisce che per l’esperimento degli anni ’70 il tempo è scaduto. “Negli ultimi tempi”, così dice Loredana, una di questi pochi fedeli, i contenuti del giornale hanno preso sempre più “le distanze dal mondo reale“. Già da tempo i testi sarebbero diventati troppo complicati per poter essere compresi dalla massa dei lavoratori o da altre persone senza un’istruzione universitaria.
Il Fatto Personale
di Antonio Padellaro 12€ AcquistaArticolo Precedente
Gli attacchi di Avvenire contro la scienza
Articolo Successivo
Occupy Obama: commenti in cinese mandano in tilt l’account Google del presidente
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
FQ Magazine
Oscar 2025, i vincitori: trionfa l’indipendente Anora. Migliori attori Brody e Madison. Il premio per regia e sceneggiatura a Sean Baker
Mondo
Ucraina, Starmer e Macron propongono un mese di tregua. Von der Leyen: ‘L’Europa deve riarmarsi’. Meloni: ‘Trump-Zelensky? No alle inutili tifoserie’
Mondo
500 coloni assaltano la moschea di Al-Aqsa. Israele: “Hamas non firma il piano Witkoff, stop agli aiuti a Gaza”. Gli Usa d’accordo
Whashington, 3 mar. (Adnkronos) - Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump risponde alle critiche per la sua crescente vicinanza alla Russia sulla questione dell'Ucraina, affermando che gli Stati Uniti dovrebbero preoccuparsi "meno" di Vladimir Putin. "Dovremmo dedicare meno tempo a preoccuparci di Putin e più tempo a preoccuparci delle bande di migranti che stuprano, dei signori della droga, degli assassini e delle persone provenienti dagli istituti psichiatrici che entrano nel nostro Paese, così non finiremo come l'Europa!", scrive Trump sulla sua piattaforma Truth Social.
Roma, 2 mar. (Adnkronos) - La capitale si prepara ad accogliere il ‘Resp Festival’, un evento innovativo che promette di trasformare Ariccia in un epicentro di suoni, luci e performance artistiche. Organizzato dal gruppo 06, il Festival si terrà presso il nuovo mega club ‘Factory46’, una struttura di 2.000 mq, (in Via Quarto Negroni 46, Ariccia), dotata di impianto audio all’avanguardia, giardino e zona food. L’evento si svolgerà dal 15 marzo per cinque sabati consecutivi, offrendo un’esperienza sensoriale unica, e rappresentando un nuovo capitolo nella scena della musica elettronica di Roma, portando con sé una ventata di innovazione e sperimentazione.
Il Resp Festival vanta un cartellone con 20 Dj internazionali e italiani, che si esibiranno ogni sabato dalle 23:00 alle 5:00, in un mix di performance dal vivo, spettacoli laser e led wall mozzafiato. Il primo sabato, 15 marzo, vedrà la partecipazione della star internazionale Pablo Say dalla Spagna, insieme alla talentuosa Debora Savasto e Katoff dall’Inghilterra. Tra gli altri protagonisti ci saranno Manuel Le Saux e Sygma, DJ e producer resident del festival. I tanti artisti porteranno sul palco una varietà di stili e influenze, creando un’esperienza sonora unica e coinvolgente.
“Siamo incredibilmente entusiasti di presentare il Resp Festival. Questo evento rappresenta un’opportunità unica per esplorare nuove frontiere della musica elettronica e delle arti visive. Miriamo a creare un’esperienza dinamica e coinvolgente per tutti i partecipanti. Abbiamo lavorato duramente per portare artisti di fama internazionale e talenti emergenti, creando un programma che celebra la diversità e l’innovazione. Non vediamo l’ora di condividere questa avventura con il nostro pubblico e di vedere come il Festival contribuirà a far crescere la scena culturale romana e non solo”, ha spiegato Sergio Serafini, organizzatore del Resp Festival e fondatore del gruppo 06.
Dopo l’inaugurazione del 15 marzo, si prosegue sabato 22 marzo con un evento misterioso e imperdibile, ‘Top Secret’. Poi sabato 29 marzo, si terrà una serata dedicata alle donne DJ, con la partecipazione di Alessandra Roncone, Las Mellizas, Francesca Fagiani, Kalhea e Consuelo. Sabato 5 aprile, sarà ‘La notte House of Vibe’ con il leggendario Joe T. Vannelli e Kristine.
Mentre sabato 12 aprile ci sarà il gran finale con la crew dell’Insomnia Discoacropoli d’Italia di Pisa, guidata dal fondatore Antonio Velasquez e DJ come Gabry Fasano, Alessandro Tognetti, Antonio Marki, Sandro Vibot e Riccardo Brush. Il Resp Festival non è solo un evento musicale, ma anche un’occasione per esplorare nuove forme di espressione artistica e per abbattere le barriere, connettendo presente e futuro, radici e prospettive. Inoltre il Festival si propone come un punto di incontro per artisti e pubblico, promuovendo la condivisione, il movimento e l’ascolto.
Il festival è accessibile con un unico biglietto Full Pass da € 69,90 per tutte le cinque serate, acquistabile online su Xceed. Non manca anche l’aspetto della solidarietà e della cultura. In collaborazione con Admo (Associazione Donatori Midollo Osseo), il Festival avrà anche una componente solidale, con l’obiettivo di sensibilizzare e promuovere il valore del dono del midollo osseo. Ogni serata vedrà anche la presentazione di libri da parte di giovani scrittori emergenti. Inoltre il festival sarà molto attento anche alla sicurezza e garantirà un’esperienza senza preoccupazioni, grazie ai servizi navetta gratuiti per raggiungere la location in totale tranquillità.
Milano, 2 mar. (Adnkronos) - Altra sconfitta per il Milan di Conceicao con una diretta concorrente per l'Europa. Dopo il ko con il Bologna nel recupero, i rossoneri escono sconfitti da San Siro anche con la Lazio, per 2-1 in una gara folle, decisa al 98' da un calcio di rigore realizzato da Pedro, dopo che Chukwueze aveva riportato in parità la sfida pareggiando il gol di Zaccagni, con i rossoneri in dieci uomini per l'espulsione di Pavlovic. I rossoneri scivolano così in nona posizione, superati anche dalla Roma, mentre la Lazio sale a 50 punti e si riprende la quarta posizione, ai anni della Juventus impegnata domani con il Verona, e si avvicina all'Atalanta terza a 55 punti.
Conceiçao per la sfida interna, con la Curva che è entrata a gara iniziata per protesta, conferma nove undicesimi della formazione scesa in campo dal 1' contro il Bologna. Inserisce Gabbia al posto di Thiaw al centro della difesa e Pulisic per Joao Felix nel tridente offensivo con Leao e Reijnders alle spalle di Gimenez. In mezzo al campo Musah e Fofana, sugli esterni Jimenez a destra con Theo Hernandez a sinistra. Baroni, invece, deve rinunciare a Castellanos e Romagnoli e in difesa schiera Gila con Gigot davanti a Provedel. Sugli esterni Marusic e Nuno Tavares, con Rovella e Guendouzi a centrocampo, mentre in avanti Tchaouna, con Dia, Isaksen e Zaccagni a supporto.
La Lazio parte subito forte e al 3' Rovella serve Dia che scatta sul filo del fuorigioco ma viene fermato da intervento prodigioso di Maignan. Un minuto dopo sul cross di Nuno Tavares dalla sinistra, svetta Dia di testa ma non inquadra la porta. Poi al 6' tocca a Nuno Tavares a rendersi pericoloso ma Pavlovic sbroglia. Al 12' Isaksen fa partire un violento sinistro dalla distanza, ma la palla sfiora il palo alla sinistra di Maignan. Il Milan reagisce nel momento in cui i tifosi rossoneri fanno il proprio ingresso in curva Sud ma non basta. Al 19' Leao viene pescato al limite dell'area laziale e imbuca per Reijnders, bravo nel centrare la porta in caduta ma non abbastanza da impensierire Provedel. La Lazio riprende ad offendere e al 28' passa: Tchaouna tocca per Marusic che impegna Maignan con il destro in diagonale, sulla respinta arriva Zaccagni che insacca in spaccata con il sinistro per l'1-0. Dopo la rete ospite, Conceiçao si gioca subito la carta Joao Felix per provare a dare la scossa decisiva, ma nel finale Zaccagni va vicinissimo al raddoppio con un destro al volo, fuori di un soffio.
A inizio ripresa il tecnico rossonero fa uscire Jiménez per mettere dentro Walker, ma la Lazio continua a rendersi pericolosa. Al 50' ennesima ripartenza con Nuno Tavares che serve Gigot al centro dell'area ma il difensore biancoceleste calcia debolmente e Maignan blocca. Al 51' Pulisic serve Joao Felix che sii gira e calcia di prima intenzione ma manda di poco sopra la traversa. La gara è aperta e la Lazio al 54' sfiora il bis con Zaccagni: Guendouzi serve il compagno che rientra sul destro e calcia a giro ma manda la palla fuori di pochissimo. Al 55' ancora Joao Felix protagonista, poi la palla arriva a Pulisic che non trova la porta da pochi passi.
Il Milan rischia, si sbilancia e la squadra di Baroni affonda ancora al 58' con Gila che in girata di sinistro spedisce il pallone sopra la traversa. La partita si complica ulteriormente per il Milan al 67': recupero di Guendouzi al limite della propria area e palla per Isaksen che scappa via a Pavlovic che lo stende e per l'arbitro Manganiello è rosso diretto per il giocatore serbo. Milan in dieci e sotto di un gol. Al 71' punizione tagliata di Nuno Tavares dalla sinistra, Maignan non ci arriva e Theo Hernandez rischia l'autorete, poi la difesa rossonera spazza via.
il Milan con le poche energie rimaste prova a raggiungere il pari che arriva un po' a sorpresa all'84' con Chukwueze che di testa trova l'angolino sul cross morbido di Leao sul secondo palo per l'1-1. I rososneri provano anche a vincerla ma la Lazio non ci sta e all'86' Dia serve Isaksen che controlla al limite e calcia in porta col destro, ma Maignan non si fa sorprendere e blocca. Finale concitato che si decide al 98' grazie a Pedro che realizza su calcio di rigore il gol vittoria del 2-1 dopo l'on field Review con Manganiello che assegna il penalty per il fallo di Maignan su Isaksen. Pedro glaciale spiazza il francese e stende il Milan, alla terza sconfitta consecutiva e in piena crisi con Conceicao sempre più in bilico.
Roma, 2 mar (Adnkronos) - "Il vertice di Londra di oggi ha dimostrato che la posizione assunta da Giorgia Meloni in questi giorni è ampiamente condivisa, da Starmer a Tusk a molti altri leader. Quando Giorgia Meloni dice che le due sponde dell’Atlantico non devono dividersi, questo è proprio uno dei messaggi forti che arrivano da Londra". Lo ha detto l’europarlamentare di Fratelli d’Italia- Ecr Carlo Fidanza, capo delegazione del partito a Bruxelles, intervenendo in studio a '4 di sera' su Rete 4.
"E’ importante la posizione espressa dal premier italiano per cui vanno tenuti uniti gli USA e l’Europa. Da 75 anni la Nato garantisce la sicurezza dell’Europa, quindi prima di ragionare di soluzioni anche un po’ avventuristiche fuori dalla cornice Nato, occorre fare ogni sforzo possibile, tenendo gli Usa dentro al tavolo della trattativa sull’Ucraina -ha aggiunto-. Senza la deterrenza militare della Nato, e quindi senza la presenza degli Usa, è impensabile dare reali garanzie di sicurezza all’Ucraina. Una sicurezza che l’Europa da sola non è in grado di garantire e che serve anche per evitare che la Russia faccia ciò che ha fatto con l’Ucraina con altri Stati europei”.
Roma, 2 mar. - (Adnkronos) - Appello per una giovane 26enne di origini siriane scomparsa da Latina ieri. Ayah Krdi, si legge su post dell'associazione Penelope Lazio (associazione nazionale delle famiglie e degli amici delle persone scomparse Odv), "si è allontanata da casa per recarsi alla casa di riposo Sasn Francesco di Latina. Era a piedi, con il cellulare. Potrebbe trovarsi presso stazioni di autobus o metro".
L'appello continua dando una descrizione della giovane: "è alta 1,64 mt, corporatura media, indossa un velo nero come copricapo, una giacca di colore nero e grigio, jeans, scarpe da ginnastica bianche ed ha una borsa nera. Potrebbe avere bisogno di aiuto", chiude l'appello dell'associazione pubblicando anche una foto della giovane.
Roma, 2 mar. - (Adnkronos) - L'ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino ha chiesto di poter accedere al regime di semilibertà. Nel 2017 era stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per il naufragio della nave da crociera avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 2012 davanti all'isola del Giglio provocando 32 vittime e centinaia di feriti. Schettino ha maturato il termine che gli consente di accedere alle misure alternative al carcere avendo già scontato la metà della pena. L'udienza davanti al Tribunale di Sorveglianza di Roma si terrà martedì 4 marzo.
Schettino, recluso nel carcere romano di Rebibbia, beneficia attualmente di 45 giorni all'anno di permessi ottenuti grazie alla buona condotta mantenuta nel carcere romano. L'ex comandante della Costa Concordia tre anni fa aveva ottenuto la possibilità di lavorare in carcere e gli era stato affidato il compito di contribuire alla digitalizzazione dei documenti giudiziari della strage di Ustica e della strage di via Fani a Roma con il sequestro e l'omicidio dello statista democristiano Aldo Moro.
Una delle persone sopravvissute al naufragio, Vanessa Brolli, 27 anni, che era in vacanza sulla Costa Concordia con i fratelli, i genitori e altri parenti per festeggiare i 50 anni di matrimonio dei nonni, ha dichiarato una volta appreso la notizia: "Dispiace sapere che potrebbe tornare a casa. Schettino deve pagare per le sue colpe. A prescindere dalla decisione dei giudici siamo certi che Schettino vivrà il resto dei suoi giorni con addosso il peso di questa tragedia. Questa è la più grande pena per lui. Anche se dovesse uscire dal carcere, dovrà convivere con questa colpa per tutta la vita".
Roma, 2 mar (Adnkronos) - "Ursula Von der Leyen dice che è 'urgente riarmare l’Europa', Macron parla di 'invio di truppe' in Ucraina. Per la Lega invece è urgente lavorare per la Pace. L’Occidente intero ha il dovere di evitare a tutti i costi il rischio di una Terza Guerra Mondiale, bene fa il governo italiano a cercare di tenerlo unito e il presidente Trump, con responsabilità e pragmatismo, a spingere tutti in questa direzione". Lo scrive la Lega in un post sui social.