Pagheranno davvero le attività commerciali gestite da enti ecclesiastici e no profit? La norma scritta da Monti servirà a impedire le solite furberie oppure è una mossa gattopardesca affinchè  nulla cambi?

Facciamo il punto della situazione.

“La Chiesa già paga l’Ici”, ci hanno raccontato per anni Bagnasco e Avvenire. “I Radicali sono dei bugiardi che vogliono affamare parrocchie e mense della Caritas” la loro versione, cui si sono accodati oltre ai soliti politici clericali anche degli insospettabili intellettuali della Rete.

Ora sappiamo che non è così: se sono costretti a cambiare la legge allora significa che avevamo ragione noi. Sia chiaro, la devono cambiare non perché la politica italiana sia diventata improvvisamente laica, ma perché c’è una condanna dell’Unione europea da evitare (procedura aperta grazie alla tenacia dei miei compagni Maurizio Turco e Carlo Pontesilli).

L’opinione pubblica, italiana e internazionale, per la prima volta ha esercitato la sua pressione: come è possibile chiedere sacrifici a chiunque ma non tagliare i privilegi del Vaticano? Lo scandalo è esploso sui media di tutto il mondo, al punto che la credibilità del governo rispetto alla capacità di controllare l’enorme debito pubblico passa anche dalla dimostrazione di non fare sconti a nessuno.

Il Presidente Monti presenta un emendamento che dovrebbe fare chiarezza (anche se il pagamento della tassa partirà solo dal 2013 e per gli arretrati varrà il principio “passata la festa gabbato lo santo”): gli ecclesiastici e i no profit che svolgono con modalità commerciali attività ricettive, didattiche, ricreative, sanitarie dovranno pagare l’Ici sugli immobili utilizzati a quei fini. In pratica, se in un palazzo tre piani sono usati per ospitare le suore e tre per accogliere turisti a pagamento, l’esenzione varrà solo per i primi tre piani.

Tutto bene, salvo un fatto: la distinzione tra la porzione dell’immobile usato a fini commerciali e quella no, sarà fatta in base ad un’autodichiarazione del proprietario dell’immobile. Solo un accertamento in loco fatto dal Comune potrà smentirla, cosa praticamente impossibile trovandoci di fronte a decine di migliaia di immobili da controllare metro dopo metro.

Inoltre, oggi chi si ritiene esente non ha l’obbligo di dichiararlo, basta non pagare e non fare nessuna dichiarazione per essere considerati di default “esenti”, rendendo ancor più difficili i controlli. Per limitare le furberie servirebbe quel censimento delle proprietà immobiliari “vaticane” che difatti viene da sempre rifiutato.

C’è poi la questione delle migliaia di scuole e ospedali gestiti dagli enti ecclesiastici, un vero impero. Sono ricompresi anche loro nel pagamento dell’Ici? Oggi, grazie alla esenzione introdotta nel 2005 da Berlusconi e confermata da Prodi l’anno dopo, le scuole private gestite da enti ecclesiastici che sono parificate non pagano l’Ici e lo stesso dicasi per le cliniche accreditate alla Regione.

Se la legge cambia, in teoria dovrebbero pagare anch’esse. Da qui nasce la levata di scudi che vede protagonisti i referenti politici delle lobby imprenditoriali cattoliche come Giovanardi, Lupi e Gasparri (PDL), e Merlo (PD). I Salesiani, con le loro 140 scuole, minacciano di dover chiudere.

Lor signori si dimenticano che dal 2000, grazie al governo D’Alema, le scuole private sono destinatarie, nonostante la Costituzione lo vieti, di centinaia di milioni di euro di finanziamenti statali ogni anno, a cui si aggiungo i buoni scuola erogati dalla Lombardia formigoniana e ciellina. Se alla fine pagheranno –sempre che la norma Monti venga approvata dal Parlamento- dipenderà dal decreto di attuazione che il Ministero dell’Economia dovrà emanare nei prossimi due mesi. Il sottosegretario Polillo ha detto che pagherà chi iscrive un utile in bilancio. Nel caso di una scuola, non si paga se la retta serve a sostenere i costi di gestione. Se fosse così, basterà essere in passivo – anche grazie a qualche “anticipazione” di spesa – e arriva l’esenzione.

Insomma, la questione dell’utile e del profitto rischia di essere, insieme al principio dell’autodichiarazione, il nuovo tana libera tutti. Non resta quindi che vigilare, anche perché tutti quelli che oggi plaudono alla fine dell’esenzione sono gli stessi che votarono in Parlamento a favore del privilegio: non solo il PD di Bersani, ma persino IDV e Rifondazione comunista!

Una cosa è però certa: l’affaire Ici non è altro che la punta di un iceberg che si chiama revisione del sistema di finanziamento pubblico delle confessioni religiose. È oramai tempo che le chiese, al pari dei partiti, si finanzino esclusivamente con le donazioni dei privati anziché tramite la fiscalità generale. In ogni caso, non è pensabile mantenere inalterato un meccanismo, quello dell’otto per mille, che si è rivelato assolutamente illiberale, iniquo ed eccessivamente costoso per i contribuenti: oltre 1 miliardo di euro l’anno! Ho scritto a Monti perché proceda almeno per dimezzarlo.

Subito dopo, supereremo le altre prerogative e privilegi che fanno del Concordato e del Trattato gli strumenti ideali per impedire l’affermazione in Italia di una vera libertà religiosa.

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