Iera sera a Hollywood un cortometraggio animato diretto da un italiano era per la prima volta in gara per l’Oscar. Si chiama La Luna ed è firmato da Enrico Casarosa, italiano di Genova da dieci anni alla Pixar. La storia è quella di un bambino che una notte, per la prima volta, viene portato dal padre e dal nonno a lavorare sulla loro barca in mezzo al mare e scopre, con meraviglia, di che cosa si occupano i suoi familiari. In Italia uscirà a settembre e sarà proiettato nei cinema prima di Ribelle (The Brave), il nuovo lungometraggio animato di Pixar.
«Anch’io da piccolo ero incastrato tra mio padre e mio nonno. Non andavano molto d’accordo e spesso mi ritrovavo a tavola seduto in mezzo a loro che non si parlavano. Per questo a livello visivo ho cercato di tenere il bambino il più possibile in mezzo alla barca, un po’ incastrato tra i due». Enrico Casarosa lavora da dieci anni alla Pixar come story artist e La Luna è il suo esordio da regista. «È bello qui perché tutti possono andare da John Lasseter e presentare un’idea». Lui ne aveva presentate tre, anzi due e mezzo dice. L’altra era la storia di una bambina un po’ sola che passava il tempo vicino a una di quelle macchinette in cui si fanno le fototessere. Ma era La Luna il suo sogno. «Avevo letto quel racconto delle Cosmicomiche di Calvino in cui dei braccianti mettono una scala verso la luna e poi uno va su a prendere del latte e volevo inventarmi anch’io il mio mito lunare, volevo provare a spiegare che cos’è per me la luna e come funziona».
A John Lasseter era piaciuto molto il sapore italiano della storia proposta da Casarosa, a partire dal titolo. Ma è stata soprattutto la gestualità e la lingua dei personaggi a colpirlo. Papà e nonno parlano un gramelot burbero e scorbutico con cui cercano di contendersi le attenzioni del bambino. «Abbiamo guardato un sacco di film con Massimo Troisi per portare un po’ di quel gesticolare napoletano dentro ai nostri personaggi», spiega. E poi ci sono il mare della Liguria e La Strada di Fellini. «Gli occhi della Masina sono stati la principale fonte d’ispirazione per lo sguardo del nostro bambino. Il secondo nome di mia figlia è Giulietta». Casarosa dice che la cosa più importante per lui durante i nove mesi di lavoro è stata cercare di realizzare un corto che riuscisse a far arrivare ai bambini la bellezza della meraviglia e della scoperta. «Vorrei che vedendo questo corto si sentiresso incoraggiati a trovare la loro strada».
Lui la sua strada l’ha trovata lasciando l’Italia dopo due anni alla Facoltà di Ingegneria e un anno di servizio militare. Ha seguito la sua passione per l’illustrazione e il fumetto e iniziato a frequentare alcuni corsi di animazione a Boston e a New York. Il primo lavoro importante è arrivato con Blue Sky Studios, quelli di L’Era Glaciale e Robots. Poi è arrivata la Pixar, dove ha lavorato su alcuni dei lungometraggi più di successo degli ultimi anni: Ratatouille, Cars e Up. Ora è impegnato con Bob Peterson in un lungometraggio sui dinosauri che uscirà nel 2014. Il suo compito stavolta sarà quello di fare da tramite tra il regista e il team di story artist che disegnano inquadratura per inquadratura, personaggio per personaggio, espressione dopo espressione, tutto quello che è contenuto nel copione.
Della Pixar dice, gli piace molto la capacità di tenere insieme tecnologia e emozione. «Il computer da solo non fa niente. Spesso la gente non ci pensa quando guarda i nostri film, ma dietro c’è un lavoro artigianale e fisico enorme. Per fare le ombre della Luna abbiamo usato texture fatte con acquerelli e pastelli. E poi abbiamo passato molte ore davanti allo specchio a provare i movimenti e le espressioni che volevamo dare ai nostri personaggi. Se sei un animatore in fondo sei un po’ anche un attore». Per il futuro spera di riuscire a trovare una storia che lo convinca abbastanza da proporla alla Pixar per un lungometraggio. «Quando vai ad assaporare il sentimento che si prova a raccontare la tua storia e avere intorno a te tutti questi artisti che ti aiutano a metterla sullo schermo è bellissimo. Certo ci sono più responsabilità, ma se sei davvero attaccato a quell’idea ce la puoi fare».