A Parma per l'ex ministro dell'Interno solo posti in piedi, il Senatur a Sassuolo fatica a riempire una modesta sala. Così in Emilia Romagna, ma anche in Veneto e Lombardia la musica non cambia
La platea supera a mala pena le 150 persone. Tanto che Bossi fa un comizio dove dice l’essenziale. Giusto che Berlusconi gode dell’assoluzione (in realtà si riferiva alla prescrizione per il caso Mills, ndr) solo perché il governo ha bisogno dei suoi voti. Applausi, certo. Ma pochi.
Basta confrontare con quello che è accaduto una settimana prima a Parma: in questo caso il numero dei presenti è superiore e di molto ai 300. Molti sono in piedi. Maligni dicono che Maroni si porti dietro i suoi fan con pullman da lui (o dalla Lega?) pagati. Ma sicuramente è un altro comizio, con un’altra platea.
Che la lotta tra i due sia aperta da mesi non è un mistero. E se il termometro sono le presenze ai comizi, un vincitore c’è già e non si chiama Bossi.
La foto è proprio quella che pubblichiamo in quest’articolo. Parma: lunedì 20 febbraio alle 21, nell’auditorium della Camera di commercio l’ex ministro dell’interno, Roberto Maroni, davanti a una sala colma (più di 280 i posti disponibili) presenta il candidato sindaco per le prossime amministrative. Forse dell’ordine schierate all’esterno e tanti militanti non trovano sedie libere.
Sassuolo: domenica 26 febbraio, stessa ora. Il senatur scende dall’auto coi vetri oscurati. Oltre il muro di giornalisti, telecamere e fotografi trova tante seggiole vuote. Un cartello all’ingresso
dell’aula magna dell’istituto scolastico Volta dove si tiene il comizio recita: capienza massima 250 persone. Forse il discorso di un qualunque politico locale avrebbe riempito di più quella sala e magari ci sarebbero state, come ieri sera, due o tre utilitarie della polizia. Quali problemi di ordine pubblico ci possono essere a un comizio di Bossi?
Maroni è da giorni impegnato in un tour per il nord e dovunque vada riempie teatri. A Vigonza, provincia di Padova, venerdì sera il gestore della sala dove Bobo doveva parlare ha dovuto chiamare i carabinieri per bloccare gli accessi: in sala c’erano 250 persone in più rispetto alle 380 ospitabili. Stasera a Milano ci sarà una cena organizzata dalla segreteria provinciale del Carroccio con già 500 adesioni.
Nei giorni scorsi in un meeting leghista a Bergamo con Bossi e Roberto Calderoli lo stesso senatur avrebbe mal digerito le ovazioni tributate a Bobo. Una cosa simile era successa a Milano un mese fa, in piazza. L’ex titolare degli Interni, sotto gli occhi di ‘re Umberto’ si era rifiutato di stringere la mano a due esponenti del cerchio magico bossiano, Rosi Mauro e Roberto Reguzzoni, mentre il popolo in piazza Duomo gridava “Maroni, Maroni”.
Ma ieri a Sassuolo erano anche le assenze alla visita di Bossi a far più rumore. Da Bologna, poche decine di chilometri di distanza, c’era solo la consigliera comunale Lucia Borgonzoni (che, va detto, era presente anche a Parma), mancavano invece le altre due. Dei consiglieri regionali assenti due su quattro. Mancavano Roberto Corradi e Manes Bernardini, ex candidato sindaco a Bologna per il centrodestra e maroniano doc, che lunedì non aveva esitato a farsi il viaggio dal capoluogo fino a Parma per seguire Bobo in prima fila.
Non è bastata insomma la direttiva di metà gennaio (subito ritirata) con cui il segretario della Lega lombarda, col placet del segretario federale Bossi, vietò l’organizzazione di comizi del partito in cui parlasse il solo Maroni. “Mi viene da vomitare – scrisse allora l’ex ministro dell’Interno – c’è chi mi vuole cacciare dalla Lega, ma io non mollo”.
E infatti, almeno a vedere la situazione da questa sponda del “dio Po”, Bobo sta conquistando il partito. È fresco, dinamico, si muove da statista che conosce la macchina dello Stato (quello italiano e non solo quello padano), cita tutte le sue conquiste da ministro. Soprattutto non c’è comizio in cui non tessa le lodi dell’amico Umberto. “Mia moglie mi dice sempre che io sono sposato prima con Bossi”, ha ripetuto scherzosamente anche a Parma. Poi dice che le divisioni ai vertici del partito sono “invenzioni dei giornalisti”.
Il vecchio leader, anche ieri sera, la parola Maroni non l’ha pronunciata nemmeno una volta e, allo stesso modo, non ha fatto alcun cenno alle divisioni interne al partito. Dopo il Va pensiero di rito ha parlato per qualche minuto di governo e dell’ex alleato Berlusconi, tanto per dare due notizie ai giornalisti in sala. Ma dietro il muro delle tv, quelle sedie vuote erano davvero tante. Il cuore leghista batte da un’altra parte.