Per l’appalto di ammodernamento di una strada statale calabrese gli avevano chiesto un pizzo doppio: il 4 per cento a testa per le ‘ndrine di Reggio Calabria e per quelle di Melito Porto Salvo (ascolta l’audio), ovvero le due città in cui era compreso il tratto in cui dovevano svolgersi i lavori della sua azienda.
Ma Mimmo Costanzo, imprenditore edile originario di Catania, ha seccamente rifiutato la “proposta di messa apposto” della ‘ndrangheta ed è subito andato a denunciare i suoi estortori ai carabinieri. “Certi esempi del passato hanno dato coraggio a tutti- racconta Costanzo a ilfattoquotidiano.it-. Adesso le forze dell’ordine proteggono gli imprenditori onesti: rifiutarsi di pagare il pizzo è una cosa che non solo si può fare ma si deve fare”. Un mese. Tanto era durato il quieto vivere della sua azienda, la Cogip, che aveva vinto l’appalto per la messa in sicurezza della strada statale ionica 106, nel tratto che collega Reggio Calabria a Melito Porto Salvo. Poi, dopo trenta giorni dall’inizio dei lavori, in cantiere erano arrivati gli emissari di due famiglie della ‘ndrangheta: “Come mai avete iniziato questi lavori senza le dovute presentazioni? Adesso dovete pagarci il disturbo!” avevano detto Filippo Fontana e Salvatore Minniti al capocantiere. Che aveva subito riferito l’episodio Costanzo.
“Niente da fare – aveva esclamato l’imprenditore – noi il pizzo non intendiamo pagarlo”. Ed era corso dai carabinieri a denunciare i suoi estorsori. Subito sono scattate le indagini della Dda di Reggio Calabria coordinate dall’ormai ex procuratore Giuseppe Pignatone dal sostituto Marco Colamonici. Indagini che ora hanno portato all’arresto dei cinque estorsori presunti affiliati alla ‘ndrangheta (oltre a Fontana e Minniti anche Giovanni Gullì, Luigi e Domenico Musolino) e al sequestro di società, appartamenti, fabbricati e terreni, auto e mezzi d’opera, tra conti correnti bancari, polizze assicurative ed altri prodotti finanziari, per un totale di oltre 20 milioni di euro. “La mia azienda – racconta Costanzo – avrebbe dovuto pagare il 4 per cento dell’importo sull’appalto ad ognuna delle due ‘ndrine che aveva la competenza sul tratto di autostrada: nella fattispecie le cosche interessate erano quella dei Ficara-Latella di Reggio Calabria e quella degli Iamonte di Melito Porto Salvo. Ci dissero che un’impresa come la nostra non si sarebbe mai persa per 60 mila euro. Ma non puntavano solo a denaro, volevano anche sotto appalti per forniture beni e servizi. Insomma aziende mafiose sarebbero entrati a pieno titolo dentro un appalto vinto da una società pulita”.
E per meglio accordarsi sulle modalità di pagamento uno degli estorsori si era recato in cantiere per spiegare la planimetria geografica del racket: “Allora, dal km 6+700 fino al semaforo di Pellaro è di competenza mia- aveva detto al capo cantiere – dal semaforo di Pellaro fino al km 22+000 la competenza è divisa a metà tra la mia famiglia ed un’altra famiglia, dal km 22+000 fino al km 31+000 la competenza è delle persone che hai incontrato la scorsa volta”. Dopo l’immediato rifiuto di Costanzo erano iniziate subito le intimidazioni con varie ordigni esplosivi piazzati sui macchinari dell’azienda edile. I lavori però dopo la denuncia non si sono fermati, anzi il cantiere ha continuato a rimanere aperto sotto l’occhio vigile, e invisibile, degli inquirenti. “Era importante continuare a lavorare per dare un segnale forte alle altre aziende taglieggiate. Bisogna capire che oggi pagare il pizzo non conviene – dice Costanzo -. L’unica cosa che abbiamo fatto è dare l’esempio di come le cose si possono fare diventare normali: pagare il pizzo è l’eccezione, il rifiuto di pagarlo è la normalità. Soprattutto con queste condizioni in cui in qualche modo si è protetti anche grazie all’operato di Confindustria”.
E proprio da parte Antonello Montante e Ivan Lo Bello, vice presidente nazionale e presidente siciliano di Confindustria è subito arrivata una nota congiunta in cui i due dirigenti degli industriali hanno inviato i “complimenti a Mimmo Costanzo e alla Cogip per essersi messo in gioco contribuendo con l’azione di legalità messa in atto pochi giorni fa, al cambiamento vero di una nuova cultura d’impresa “.