Aumenta il numero delle vittime a seguito del rogo di alcune copie del Corano in Afghanistan. Questa mattina un attacco sferrato da un kamikaze a bordo di un’autobomba davanti a un ingresso dell’aeroporto di Jalalabad, capoluogo della provincia orientale di Nangarhar, a ridosso del confine con il Pakistan ha provocato almeno nove morti e dodici feriti. Tra le vittime anche due soldati americani. L’attentato è stato rivendicato dai talebani, mentre in tutto il paese non si placano le tensioni. All’interno dell’aeroporto di Jalalabad si trova una base della Nato.
Nicholas Conner, un portavoce dell’Alleanza citato dall’agenzia di stampa Dpa, ha spiegato che l’esplosione è avvenuta fuori dalla base operativa avanzata Fenty e ha provocato, tra l’altro, il ferimento di tre militari Nato. “Un attentatore suicida ha fatto esplodere stamani un’auto imbottita di esplosivo vicino all’ingresso dell’aeroporto di Jalalabad. Nove persone, compreso il kamikaze, sono morte e 12 sono rimaste ferite”, ha detto all’agenzia di stampa Xinhua il capo della polizia provinciale, Abdullah Stanekzai. Tra le vittime ci sono sei civili, un soldato afghano e due agenti locali della sicurezza. Fra i feriti, stando alla Xinhua, oltre ai due militari americani, vi sono sei soldati afghani. Un testimone ha spiegato che probabilmente l’obiettivo del kamikaze, “un giovane”, era di entrare nell’aeroporto. “Invece – ha aggiunto – ha fatto esplodere l’auto subito dopo essere stato intercettato e fermato da alcuni soldati”. Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani, ha rivendicato l’attacco parlando con i media afghani di una “vendetta” per le copie del Corano bruciate.
Giunte al settimo giorno consecutivo, le proteste contro quanto accaduto nella base di Bagram si stanno trasformando in una rivolta contro gli Stati Uniti. La tensione rimane alta in tutto il paese dove venerdì a Kabul un funzionario del ministero degli Interni ha ucciso con la sua arma d’ordinanza due consiglieri militari americani in un’area del palazzo riservata agli stranieri e considerata ultra-protetta. Episodio che ha fatto ordinare l’immediato ritiro di tutto il personale straniero dislocato nei vari ministeri afgani, interrompendo di fatto la catena di coordinamento tra le forze di sicurezza afgana e la Nato.