Chiesta invece l’archiviazione per il presidente del Bologna, Albano Guaraldi, nel 2008 consigliere di quella che veniva definita “la banca dei Paperoni”
Quattro gli indagati, per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio. Oltre a Paolo Lelli anche tre funzionari della banca, che veniva chiamata “la banca dei Paperoni”: Roberta Tattini, Sofia Limarzi e Maria Cristina Bertondini. In un altro filone di inchiesta risulta indagato da tempo Albano Guaraldi, ora presidente del Bologna e nel 2008 consigliere di Ber Banca. Ma per lui c’è la richiesta di archiviazione per insussistenza del fatto. Era indagato per violazione di un articolo del codice civile, infedeltà patrimoniale, cioè secondo l’ipotesi iniziale dei magistrati aveva causato un danno alla banca di cui era consigliere. Ma ora per gli inquirenti il fatto non sussiste.
I quattro sono indagati per il reato di appropriazione indebita. Secondo i pm avrebbero creato un ingiusto profitto ai loro clienti, abusando delle loro funzioni di dipendenti commerciali della banca. Avrebbero cioè utilizzato delle password di accesso alla rete informatica che consentiva di ottenere una disponibilità immediata di denaro, erogando così finanziamenti senza la delibera del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo; appropriandosi in questo modo delle somme, che a detta dei pm avrebbero cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità.
Tra il 2008 e il 2009 i quattro, secondo i pm, avrebbero versato dei finanziamenti per oltre 14 milioni di euro. In gran parte operazioni per recare “un ingiusto profitto” a clienti. Lelli è ritenuto responsabile per due operazioni: una di 50 mila euro e una di 250 mila. L’altro reato è il riciclaggio: il modenese Lelli è accusato di aver trasferito nel 2007 il denaro di un cliente alla Banca di San Marino per nasconderne la provenienza da reati (si parla di ingenti somme frutto di reati contro il patrimonio), poi di aver ceduto a quell’istituto certificati di deposito di Ber e con quei proventi aver finanziato altri clienti. Così facendo avrebbe violato i suoi doveri di informare sulla provenienza del denaro, facendolo anzi “ripulire” attraverso la Ber Banca con l’emissione di certificati di deposito, poi utilizzati per finanziare altri clienti. Di qui l’accusa di aver occultato l’identità del cliente, di avere violato le norme del registro antiriciclaggio, non segnalando all’organi di vigilanza il trasferimento del denaro.
Tra i danneggiati ci furono ricchi azionisti, ma anche correntisti comuni. Nella banca, ad esempio, erano stati depositati oltre 4 milioni di euro dell’eredità di Luciano Pavarotti. Persone offese sono il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la stessa Ber Banca Spa, nella persona del nuovo amministratore delegato pro tempore.