“Prima la sua religione, poi i suoi parenti, dopo ancora la sua malattia, ora le sue denunce dei redditi: Sonia Gandhi si è ripetutamente rifiutata di rivelare i dettagli su tutto”. Questa la frase di apertura dell’Organizer, il più antico settimanale a stampa di Delhi, aperto poche settimane dopo l’indipendenza dell’India. E’ il giornale per cui “la resistenza alla tirannia è obbedienza a Dio”. E titola: “Sonia: così misteriosa, ancora nella vita pubblica”.
Da giorni infuria la polemica sulla donna alla guida del Partito del Congresso e presidente dell’Alleanza Progressista Unita, la coalizione di centrosinistra attualmente al potere che sostiene il governo guidato dal primo ministro Manmohan Singh. Il caso è cominciato quando Gopalakrishnan, in nome della lotta alla corruzione, lo scorso dicembre ha presentato un’istanza all’Agenzia delle tasse chiedendo che fossero pubblicate le denunce dei redditi della signora Gandhi degli ultimi 10 anni, a partire dal 2000-2001, in base alla legge sul diritto di informazione “Right to Information Act”. Secondo questa legge, varata nel 2005, i cittadini hanno diritto di chiedere ai personaggi del governo e a qualsiasi “autorità pubblica” dello Stato tutte le informazioni relative al loro lavoro e il loro operato. Questi hanno l’obbligo di replicare subito, o comunque nel giro di 30-35 giorni. I cittadini hanno anche il diritto di chiedere copia di qualsiasi documento governativo, di ispezionarlo, di ispezionare qualsiasi lavoro governativo e di prendere campioni di qualsiasi materiale del lavoro governativo. Il governo dell’India ha istituito un sito apposito per presentare le richieste ai governanti e i pubblici ufficiali, la “Rti application form”, in cui si deve anche specificare se si ha un reddito sotto la soglia di povertà, dato che le copie dei documenti sono a pagamento.
Sonia Gandhi si è però rifiutata di pubblicare le sue denunce dei redditi sostenendo che “rivelare queste informazioni private a terzi in nome della trasparenza nella vita pubblica sarebbe un’ingiustificata invasione della privacy dell’individuo”, e ha ribadito che queste informazioni “sono confidenziali e di natura privata e non possono essere rivelate, in base alla Sezione 138 della Legge sull’imposta dei redditi, 1961”. Da anni Gandhi è accusata dai partiti dell’opposizione di aver accumulato ingenti ricchezze in banche svizzere. E dal 1987 ancora si trascina a livello giudiziario la vicenda dello scandalo Bofors, quello per cui la famiglia Gandhi avrebbe preso una percentuale per favorire la vendita al governo indiano delle armi della ditta Bofors tramite Ottavio Quattrocchi, un uomo d’affari italiano amico di Sonia e Rajiv Gandhi, al tempo primo ministro.
Questa è la seconda volta che viene chiesta ufficialmente la denuncia dei redditi a Sonia Gandhi, ma la prima volta la richiesta è stata rigettata senza neanche aspettare la risposta. Ora sono in corso le ultime tornate, divise in sei fasi, delle elezioni dell’Assemblea legislativa di cinque grandi collegi elettorali, il Punjab, l’Uttarakhand, l’Uttar Pradesh, Goa e Manipur, quelle che sono chiamate le “mini elezioni dell’India”. I 28 stati della repubblica hanno un’Assemblea legislativa e un governo propri. Ogni stato ha 4-9 membri dell’Assemblea per ogni membro che siede nella Camera bassa del parlamento. L’Uttar Pradesh è una tradizionale roccaforte del partito della famiglia Gandhi, ma il Congresso non riesce a battere l’attuale primo ministro dello Stato Mayawati, l’icona politica a capo del Bahujan Samaj Party, il partito dei Dalit. Soprattutto, il risultato di queste elezioni viene considerato un banco di prova per la candidatura di Rahul Gandhi a primo ministro alle prossime elezioni politiche generali, che si terranno nel 2014. Rahul è segretario generale dell’All India Congress Committee, l’assemblea centrale del Partito del Congresso.
Il 1° febbraio sua madre Sonia ha iniziato la campagna elettorale a Gonda, in Uttar Pradesh, attaccando direttamente Mayawati, che alla vigilia delle elezioni ha congedato 21 dei suoi ministri per corruzione. “Per cinque anni non è stata in grado di accorgersi la corruzione dei suoi ministri. Voglio sapere se averli licenziati rende il suo governo pulito”, ha detto. E nei giorni scorsi ha ribadito che il governo del Bahujan Samaj Party è diventato sinonimo di corruzione, un concetto ripetuto nella campagna elettorale da Rahul, che sta cercando di riportare in Uttar Pradesh i fasti del partito di famiglia. La corruzione dei politici è la carta intorno a cui si giocano le ultime battute di queste mini elezioni dell’India.