Dobbiamo essere chiari. In Val di Susa, come affermato dal Legal Team, è in atto una vera e propria emergenza democratica. Del tutto immotivato il ricorso all’art. 2 del Testo unico di pubblica sicurezza, espressione solo di una volontà di accanita prevaricazione antidemocratica. L’uso di queste normative eccezionali è di per sé indice di una grave degenerazione del sistema. Potenti lobbies, con l’appoggio di partiti politici (dal PD al PDL) incapaci di rappresentare le reali istanze popolari e totalmente succubi ai voleri dei poteri forti, cercano di imporre manu militari un’opera inutile e costosa che provocherà un danno ambientale e sociale irreversibile. Quando poi si verificano le vere emergenze questi stessi signori si mostrano del tutto incapaci di fare fronte ai problemi come si è visto con l’inondazione a Genova, la neve a Roma e in troppe altre occasioni.
L”inutilità dell’opera è stata dimostrata da esperti onesti e non asserviti al capitale finanziario. Il traffico merci sulla tratta è in costante diminuzione. Quello passeggeri, anch’esso in diminuzione, verrebbe velocizzato solo di un’ora, vantaggio assolutamente trascurabile. L’opera non presenta quindi nessun giovamento neanche dal punto di vista economico. Esistono al riguardo vari studi, fra i quali voglio segnalare quello realizzato dagli esperti Boitani, Ponti e Ramella, con il titolo “TAV: Le ragioni liberali del no”.
Il suo costo, pari a 30-40 miliardi di euro, costituirebbe un grave salasso per le casse statali, tanto più ingiustificabile in un momento di grave crisi come quello che stiamo vivendo. Perché non si mettono questi soldi nel miglioramento della scuola, della sanità e dei trasporti, di quelli già esistenti e che si trovano in condizioni spesso miserevoli? Anche l’impatto sull’occupazione sarebbe ben maggiore, se solo si pensa che un posto di lavoro per la costruzione della TAV ci costa, per un tempo limitato, cifre assolutamente astronomiche, ingiustificate e insostenibili.
Ultimo ma più importante di tutti, gravissimi rischi ambientali per la presenza di amianto, uranio e radom, per la compromissione delle risorse idriche, per l’esistenza di rischi idrogeologici, per la difficoltà di smaltire i materiali di risulta e varie altre ragioni.
Perché quindi tanto accanimento? La spiegazione risiede appunto nelle grandi somme di denaro che verrebbero trasferite senza colpo ferire nelle tasche dei soliti noti, a spese dei cittadini della Valle e di tutti i contribuenti italiani. L’Italia è oggi più che mai una repubblica fondata sulle cricche. Ma non se ne può più.
Per raggiungere quest’obiettivo di arricchire un limitato numero di spregevoli personaggi non si esita a mettere a repentaglio vite umane, come si è visto stamattina. E Luca Abbà è ancora in gravi condizioni.
A Giancarlo Caselli, che stimo e ritengo una persona di comprovata sensibilità democratica, consiglio di occuparsi meno del movimento NO-TAV, che costituisce una legittima espressione della volontà popolare, e più dell’infausto connubio affari-politica che è alla base di questo ed altri misfatti che si vogliono perpetrare contro il nostro popolo e contro il nostro territorio. Bisogna introdurre fin da subito l’assoluta trasparenza dei conti intrattenuti a qualsiasi titolo, da partiti e politicanti. Ugualmente le forze di polizia devono essere impiegate per contrastare la criminalità, anche quella dei colletti bianchi, e non per reprimere le giuste aspirazioni popolari.
Perché non si promuove un referendum, a livello locale, regionale e nazionale, per verificare, in adempimento di obblighi internazionali come quelli della Convenzione di Aarhus del 1998 sulla partecipazione democratica e l’informazione relativamente alle questioni ambientali , qual è l’opinione dei cittadini al riguardo?
La verità è anche che questa è diventata una questione di principio per una classe politica screditata, incompetente e squalificata, quella attualmente presente in Parlamento, che ne vuole fare ad ogni costo il banco di prova della governabilità “bipartisan” dell’Italia. Nello stile di Bettino Craxi, che finì com’è noto i suoi giorni ad Hammamet.
La Val di Susa fu uno dei centri della resistenza antifascista e antinazista. Oggi i discendenti di coloro che presero le armi contro l’occupante nazifascista portano avanti una lotta eroica e ammirevole contro la devastazione del loro territorio, ma anche, come in quegli anni, per la dignità di tutto il popolo italiano e la sua liberazione dalle cricche. Occorre appoggiarli fino in fondo.