La dismissione del fast food di via Stalingrado è causata dal mancato rinnovo del contratto d’affitto con i proprietario, Sprint Gas che per la riconferma del canone ha chiesto ad Autogrill lavori di ristrutturazione per un milione e mezzo di euro. Ulteriori beffe: la cassa integrazione non è prevista in questo settore del commercio e a subentrare potrebbe essere Mc Donald’s
Il Burger King in questione mette radici nel cuore aziendale di Bologna undici anni fa, e alcuni dei lavoratori (25 quelli con contratto a tempo indeterminato, 4 quelli a tempo determinato), tutti giovanissimi (l’età è compresa tra i 19 e i 35), lavorano lì anche da 10 anni. Posizionato tra la Fiera di Bologna e il futuro Tecnopolo, gode di una posizione vantaggiosissima. E difatti, la società di “food&bavarage” non ha problemi di fatturazione.
La causa della dismissione del fast food di via Stalingrado, sarebbe piuttosto il mancato rinnovo del contratto d’affitto con i proprietario del locale, la società Sprint Gas Spa, grande assente alle trattative. La Sprint Gas (tra le aziende private di distribuzione carburante più note e rappresentative in Emilia Romagna con 40 anni di storia alle spalle) avrebbe richiesto come clausola per la riconferma del contratto d’affitto, lavori di ristrutturazione per un milione e mezzo di euro. Richiesta che non convince nessuno, a partire da uno dei responsabili nazionali di Autogrill, Giuseppe D’Ottavio “con questa cifra risulta evidente che ci hanno voluto tagliare fuori”.
Ma a favore di chi? Probabilmente di Mc Donald’s, sebbene non sia suffragato per ora da nessuna conferma ufficiale. “Nel progetto di riqualificazione dell’area, pare compaia già la presenza di un Mc Donald’s al posto del Burger King”, denunciano i lavoratori. All’assessore Prantoni non risulta, sebbene confermi che la “Sprintgas abbia già avviato contrattazioni con diversi candidati alla gestione”. Lo stesso D’Ottavio pende per questa ipotesi. La multinazionale dell’hamburger statunitense non si farebbe avanti, perché in quel caso verrebbe chiamata in causa per assumere almeno una parte dei dipendenti lasciati a casa in questa disputa fra colossi.
Una delle richieste alternative infatti (strada che proprio la Provincia ha tentato di percorrere nel precedente incontro di una settimana fa, conclusosi negativamente), è quella della cassa integrazione in attesa di capire chi subentrerà come nuovo gestore dello spazio. Va precisato che per il contratto nazionale del commercio e del turismo, che regola il settore della ristorazione, non è prevista la cassa integrazione straordinaria per regolare la flessibilità necessaria al ramo: “Le aziende non hanno l’obbligo di versare la cassa integrazione lunga come in altri settori – precisa Fabio Fois, Filcams – Dall’avvio della procedura (il 2 febbraio), i dipendenti hanno 75 giorni di mobilità durante il periodo di trattative, e poi a casa”.
“Faccio fatica a pensare che una grande impresa come questa, con 13 mila dipendenti in Italia e un fatturato di milioni di euro, non riesca ad affiancare 25 lavoratori in procedure di responsabilità sociale come gli ammortizzatori sociali”, premette l’assessore prima dell’incontro. E come dichiarato in altre occasioni simili, purtroppo sempre più frequenti in Emilia Romagna, aggiunge: “noi non possiamo lasciare che queste persone vengano lasciate a casa”.
Nemmeno i soggetti della questione ci stanno: per tutta la durata dell’incontro, i giovani licenziati non smettono un minuto di cantare e rivendicare il diritto al lavoro facendosi sentire chiaramente fino nelle stanze del potere, come confermano gli sms che arrivano dai rappresentanti sindacali ai ragazzi. “Noi abbiamo appreso la nostra sorte da un foglio appeso in bacheca. Prima di noi, lo sapevano persino i clienti, che ci chiedevano: ma è vero che chiudete?” – raccontano – abbiamo appreso dai fornitori che questa sarebbe stata l’ultima settimana di consegne”.
Ma Autogrill non promette nulla di buono: “Noi la nostra parte l’abbiamo fatta fino in fondo. Abbiamo esercitato il diritto di prelazione e il 6 avvieremo anche i lavori di manutenzione straordinaria – spiega D’Ottavio – Ma la cassa integrazione non ha senso, perché il contratto con il proprietario è finito: non rinnova se non ristrutturiamo”. Cosa che Autogrill non può o non vuole permettersi, perché sebbene la multinazionale non sia in crisi “subiamo indirettamente la crisi attraverso il calo della clientela”. Alla faccia di chi diceva che i ristoranti sono tutti pieni.