Il governo appare intenzionato a porre la fiducia, ma il presidente Schifani annuncia che oggi non si voterà. Nel testo uscito dalla commissione industria, le licenze dei taxi restano ai Comuni, mentre si apre la possibilità di aprire più farmacie. Bocciate per mancanza di copertura finanziaria le norme sul reinserimento lavorativo dei detenuti, sì alla compensazione fiscale per i pagamenti della pubblica amministrazione alle aziende. Di Pietro: "Interventi di facciata, non toccate banche, tv, assicurazioni"
Il decreto liberalizzazioni del governo Monti approda in aula al Senato, accolto da ben 1.700 emendamenti. Presentati da tutte la forze parlamentari, ma non dall’esecutivo, che infatti sembra intenzionato a porre la fiducia. l via nell’aula di Palazzo Madama l’esame del dl liberalizzazioni. Ma oggi “quasi sicuramente non avverranno votazioni”, ha affermato il presidente del Senato Renato Schifani, e la seduta sarà dedicata una “discussione approfondita” del testo. Il termine per la presentazione di subemendamenti è stato rinviato alle 15, mentre nel pomeriggio è atteso il deposito del maxiemendamento governativo.
Il decreto è stato approvato ieri a tarda sera in commissione industria. Prevede tra l’altro che le licenze dei taxi restino in capo ai Comuni, nuove possibilità di aprire farmacie, una piccola imposta alle grandi aziende per finanziare il “rating” della legalità. E una contestata norma sulla tesoreria unica, che impone agli enti locali di trasferire il 50 per cento della propria liquidità alle casse dello Stato.
Su quest’ultimo punto è arrivata la replica del viceministro dell’Economia Vittorio Grilli, intervistato da SkyTg24. La centralizzazione della tesoreria “non è una misura di centralizzazione fine a se stessa, ma è una misura per l’efficientamento della gestione della liquidità, come tutti fanno in questo momento e anche noi come Stato dobbiamo fare”. Grilli ha precisato: “Nessun ente locale non avrà i soldi da spendere. In questo momento di grande crisi di liquidità, lasciare denaro non usato nelle banche vuol dire fare più emissioni di titoli stato”.
La Commissione industria del Senato ha approvato 141 emendamenti (il decreto conta 97 articoli), che riguardavano tra l’altro taxi, Ici per la chiesa, professioni, farmacie, banche, gas, trasporti: 119 le modifiche reali – che in alcuni casi hanno completamente riscritto un articolo – e 22 gli emendamenti fotocopia.
Bocciate, per mancanza di copertura finanziaria, le norme per favorire l’inserimento lavorativo dei detenuti. Il testo non sarà esaminato dall’aula e dovrà tornare in commissione. Via libera invece, all’emendamento che permette alle pubbliche amministrazioni di saldare i debiti verso le aziende fornitrici anche attraverso le compensazioni fiscali, presentato da Giuseppe Esposito (Pdl). Passato anche l’aggiornamento al ribasso dei premi assicurativi per automobilisti, che scatterà “automaticamente” ogni anno nel caso in cui i guidatori non abbiano avuto incidenti e dunque debbano pagare tariffe più basse. Prevista l’accelerazione dei risarcimenti per il furto e l’incendio auto da parte delle assicurazioni.
Cambia la tasse sulle barche, non più un’imposta sullo stazionamento, ma sul possesso. Una modifica per evitare “la fuga dai nostri porti”, spiega la relatrice al dl liberalizzazioni Simona Vicari. L’aula, intanto, ha respinto le questioni pregiudiziali presentati dall’Idv e dalla Lega, che proponevano di non procedere all’esame del dl liberalizzazioni per motivi di incostituzionalità. I sì sono stati 35, i no 233, un astenuto.
Il governo “è abbastanza determinato, ma i lobbisti di Pd e Pdl l’hanno lavorato ai fianchi”, afferma in un’intervista al Quotidiano nazionale Mario Baldassarri di Fli, presidente della commissione Finanze del Senato. Su banche e assicurazioni, sottolinea Baldassarri, “c’è stato un silenzio imbarazzante”, mentre sulle professioni “si è fatto un passettino avanti”. Mentre “le licenze di tassisti, notai e farmacisti non sono state effettivamente liberalizzate. Semplicemente, si è concordato di immetterne un pò di più sul mercato. Una gentile concessione”. In Italia, conclude Baldassarri, “funziona così: gli interessi della corporazione contano di più di quelli di utenti e consumatori. Sul piano della raccolta del consenso, è provato che chi tocca i tassisti muore”.
Più drastico il commento del leader dell’Idv Antonio Di Pietro: “Monti e il suo governo liberalizzano i fichi secchi. Ancora una volta illudono gli italiani con provvedimenti di facciata, ma in verità da quattro soldi, che nulla hanno a che fare con le liberalizzazioni: quella delle reti tv, del sistema bancario, energetico, assicurativo e dei trasporti”.
Intanto si fanno sentire i rappresentanti degli ordini professionali, nel mirino delle riforme di Mario Monti. ”E’ un approccio sbagliato chefinirà per demolirci”, dice al Mattino Maurizio De Tilla, presidente dell’Organizzazione unitaria dell’avvocatura. “Temiamo infiltrazioni di soggetti legati alla criminalità, ma anche conflitti di interessi da parte di chi da tempo prova a controllarci. E’ un vecchio disegno di certi poteri economici. Tra professionisti e collaboratori siamo 3 milioni di persone autonome, i partiti che avallano questo disegno e si fanno coautori non potranno poi venire da noi a chiederci il voto”.
Critico anche l’Ordine dei commercialisti, per bocca del presidente del Consiglio nazionale, Claudio Siciliotti. “C’è la sensazione che le nostre proposte, talvolta, non vengano prese in considerazione perché si pensa siano rivendicazioni sindacali.”, afferma in un’intervista a Il Sole 24 Ore. “I servizi sono soggetti a una concorrenza selvaggia. La consulenza diventa l’unico tratto distintivo, su cui si giocherà il ruolo degli Ordini”.