Da poco nelle librerie l'ultimo libro di Gianfranco Turano (edizioni Chiarelettere): è un'inchiesta sul calcio nostrano e sugli imprenditori che acquistano squadre di calcio per due motivi: "vogliono trasformarlo in un'impresa economica come le altre e ottenere una legittimazione pubblica"
Tutto, ovviamente, parte da lui: Silvio Berlusconi, “il profeta del trionfo in politica attraverso il calcio”, l’apripista. Non è un segreto, infatti, che la maggior parte dei presidenti aspiri a scendere in politica. Di recente era stato il patron della Lazio, Claudio Lotito, a dire “ho uno spiccato senso dello Stato e dell’interesse collettivo (…) Se la collettività mi dovesse chiamare, con spirito di servizio potrei valutare questa ipotesi”. Ma anche “il i re dei supermercati” alla guida del Palermo, Maurizio Zamparini, con il suo nuovissimo “Movimento per la gente”, ha lasciato intendere qualcosa del genere, precisando, però, che “non siamo un partito politico, ma il grembo per far nascere nuovi politici”. E ancora, come dimenticare l’invettiva contro i politici lanciata dalle pagine dei giornali – comprate per l’occasione – da Diego Della Valle (Fiorentina): per alcuni non è stato altro che un voler spianare la strada all’amico e socio in Ntv, Luca Cordero di Montezemolo. Ma quello che unisce il football di casa nostra con la politica è un filo rosso: in tanti, chi prima, chi dopo, hanno avuto passaggi in politica e a Turano non ne sfugge nessuno. Nell’inchiesta storico-economica sull’impero del pallone spunta fuori anche l’attuale senatore del Pdl, Giuseppe Ciarrapico, che nel ’91 si ritrovò a fare il presidente dell’A.s Roma (con i soldi di Cesare Geronzi), per volontà di Andreotti.
In Fuori gioco, il calcio – quello giocato – è tenuto solo come sfondo. I protagonisti sono loro: “i magnifici dieci” che, così come cambiano le sciarpe delle squadre di calcio (Preziosi dal Saronno, al Como e infine al Genoa; Zamparini: Venezia e Palermo), a seconda dell’aria che tira, sono pronti a cambiare anche schieramento (politico). Gli affari sono affari. “Il calcio – scrive Turano – è solo un denominatore comune per seguire le tracce di un’oligarchia”.
Ma sono tutti davvero così? Anche l’ultimo arrivato, Thomas Di Benedetto, il presidente yankee della Roma? Il passato dell’italoamericano, finito sotto la lente di Turano, “non è limpidissimo”. “Non è così – dice Mauro Baldissoni, il legale che ha assistito Di Benedetto nell’acquisizione della Roma, intervenuto alla presentazione di Fuorigioco – Di Benedetto non è come gli altri, che assomigliano ad Alberto Sordi ne Il presidente del Borgorosso Football Club. Non ha interesse nel potere che il calcio gli può consentire di esercitare in Italia. Non ha legami con la politica”. E precisa che “sì, ha incontrato Alemanno, Zingaretti e la Polverini, ma dietro pressanti, ripetute e inquietanti richieste dei suddetti”.
Turano però, profondo conoscitore degli affari più o meno leciti delle società di calcio italiane e non solo (“fu Aznar ad evitare il fallimento del Real facendo acquistare al sindaco di Madrid l’impianto sportivo dei blancos per una cifra esorbitante”), va oltre. D’altronde, dei fenomeni macroeconomici del calcio inizia ad occuparsene già dai tempi in cui scriveva per il settimanale economico-finanziario il Mondo: memorabili le sue inchieste sui “bilanci allegri” dei club. In Fuori gioco troviamo i banchieri e i furbetti del quartierino, la Tangentopoli di ieri e quella di oggi, bancarotta, evasione fiscale e criminalità organizzata. Un coacervo di illeciti che ruota attorno al ‘gioco più bello del mondo’.