Un milione e 422mila lavoratori parasubordinati. Il 46,9% di questi, pari a 676 mila persone, sono collaboratori a progetto (co.co.pro.) ed hanno un reddito medio di 9.855 euro l’anno. Il 35,1% dei co.co.pro. ha un’età inferiore ai trent’anni e il 28,7% tra i 30 e i 39 anni. L’84,2% dei co.co.pro. è caratterizzato da un regime contributivo esclusivo e non ha quindi un’altra occupazione: si tratta di 569 mila lavoratori, il cui reddito medio scende a 8.500 euro. Questi i dati rilevati dall’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (Isfol) sulla base dei primi risultati di un progetto di ricerca sul lavoro parasubordinato basato su dati Inps.
Il secondo aggregato di parasubordinati per consistenza numerica comprende quasi 500 mila contribuenti alla gestione Inps, composto da amministratori e sindaci di società, con età media sensibilmente più elevata rispetto ai co.co.pro e con un reddito medio significativamente superiore, pari a oltre 31.000 euro annui. Va infine aggiunto un ulteriore gruppo di contribuenti meno omogeneo (collaborazioni occasionali, dottorati di ricerca, borse di studio, collaborazioni presso la P.A., ecc.), composto da 270 mila lavoratori, con un reddito medio annuo pari a poco più di 11.000 euro.
Guardando all’andamento negli ultimi anni, fa notare l’Isfol, “negli anni di crescita economica, 2006 e 2007, si sono raggiunti i valori massimi, mentre si è registrata una lieve diminuzione nel biennio 2009-2010”. Quanto al genere, invece, “complessivamente gli uomini rappresentano circa il 58% del totale, con un reddito medio quasi doppio rispetto a quello delle donne”. Guardando al grado di subordinazione al quale è sottoposta la prestazione lavorativa resa dai parasubordinati (in base ad alcuni indicatori ricavati dall’indagine Isfol-Plus) l’Istituto fa sapere che “oltre il 70% dei collaboratori è tenuto a garantire la presenza presso la sede di lavoro, il 67% ha concordato un orario giornaliero con il datore di lavoro e il 71% utilizza nello svolgimento della prestazione mezzi e strumenti del datore di lavoro”. Inoltre, aggiunge, “più del 70% dei collaboratori dichiara che la forma di contratto non deriva da una sua scelta, ma da una richiesta del datore di lavoro”. Per l’Isfol “tali dati segnalano la concreta possibilità che questi contratti nascondano in realtè forme di lavoro in qualche misura subordinato”.